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Caso Orlandi: chi sa si liberi la coscienza
Sono trascorsi venticinque anni dalla misteriosa scomparsa di Emanuela Orlandi, avvenuta a Citt del Vaticano il 22 giugno 1983. Una donna – in gergo una “supertestimone” – interrogata, proprio in questi giorni, in gran segreto, da alcuni magistrati romani rivela – sembrerebbe – un particolare che gli inquirenti hanno giudicato decisivo per ricostruire l’intera vicenda, che, forse, arriver a una conclusione.
La svolta giunta inaspettata, ma, quella donna, che dopo tanti anni ha deciso di parlare (perch proprio oggi?) non una persona qualunque. Non appartiene nemmeno a quella serie di personaggi, pi o meno equivoci, che si sono succeduti nelle vicende giudiziarie di questi anni.
Lei, la supertestimone, stata per lungo tempo la compagna di uno dei boss della Banda della Magliana.
Tutto ebbe inizio a Citt del Vaticano il 22 giugno 1983. Emanuela Orlandi la quarta dei cinque figli di Ercole e Maria. Il padre, all’epoca dei fatti, cinquantunenne lavorava come commesso alla Prefettura della Casa Pontificia. Emanuela, invece, aveva appena concluso il secondo anno del liceo scientifico, che frequentava presso un istituto parificato di Roma. Un’adolescente di 15 anni, come tante altre, che si godeva le meritate e tanto attese vacanze estive. Emanuela seguiva, tre pomeriggi la settimana, lezioni di musica all’Istituto “Tommaso Ludovico da Victoria”, una scuola collegata al Pontificio Istituto di Musica Sacra. Per arrivarci era solita prendere un autobus e scendere dopo poco, ad una fermata che distava circa 300 metri dalla scuola. Un tragitto breve che la ragazza percorreva a piedi.
Un percorso breve, appunto, ma che in questo caso ha rappresentato l’inizio di un lungo e difficile cammino di inchieste e di domande, durato venticinque anni, senza che ancora sia giunto alla conclusione.
Il dato certo che in quel lontano pomeriggio del 22 giugno 1983 Emanuela arriv in ritardo alla lezione di musica. Lo ha raccontato un’amica e compagna di scuola della Orlandi, Raffaella Monzi: “Quel giorno, Emanuela era arrivata con dieci minuti di ritardo. Me lo ricordo bene perch il professore chiese sue notizie. A noi sembr molto strano perch di solito era una ragazza molto puntuale. Mi ricordo che arriv in aula molto affannata.”
Ma come mai Emanuela arriv alla scuola affannata? Si era resa conto del ritardo accumulato, oppure c’era dell’altro?
Nel corso di quel pomeriggio, successe un altro episodio del tutto strano: Emanuela, prima della fine delle lezioni, durante una prova di canto, lasci l’aula, dopo avere chiesto al Professore di uscire dieci minuti prima per un impegno.
Di solito le allieve dell’Istituto di musica dovevano chiedere il permesso di assentarsi dalla scuola in anticipo, alla Direttrice, Suor Dolores, ma quel pomeriggio, fu il Professore ad arrogarsi il diritto di concederlo.
Emanuela chiese di assentarsi prima, rispetto all’orario, perch doveva fare una telefonata.
Il giorno della scomparsa, , durante il tragitto che dal Vaticano conduceva alla scuola di musica, Emanuela venne avvicinata da uno sconosciuto, alla giuda di una BMW verde, che le offr (l’esagerata) somma di 375.000 lire per un lavoro di volantinaggio per conto della Avon, una famosa casa di cosmetici, da svolgere durante una sfilata di moda. La ragazza fu un pochino reticente e decise di rimandare la decisione dopo avere parlato con i genitori.
Verso le ore 19:00 di quel giorno, Emanuela si assent dieci minuti prima della fine della lezione per telefonare a casa, per riferire la proposta. Al telefono rispose la sorella che consigliava a Emanuela di parlarne con i genitori, prima di prendere qualsiasi decisione. A quell’ora Ercole e Maria non erano ancora rincasati.
Fu l’ultimo contatto che Emanuela ebbe con la sua famiglia. Fu l’inizio di mille ipotesi, di indagini, processi, interrogatori, che forse oggi, dopo venticinque lunghi anni sono arrivati ad una svolta.
All’uscita della scuola Emanuela, rimase fino alle 19:30 con l’amica Manuela Monzi, che venne a conoscenza della proposta della Avon, dichiarandosi scettica. Successivamente Emanuela fu vista conversare con una ragazza mai riconosciuta ed identificata. Un vigile urbano la vide parlare con un uomo a bordo di una BMW scura, altri la videro addirittura salire a bordo dell’auto.
Da quando Emanuela, quella sera, usc dalla scuola tutto rimane un mistero, un susseguirsi di ipotesi pi o meno avvalorate dai fatti, un incedere interminabile di interrogatori, processi, giudizi che forse oggi sono giunti ad una svolta.
L’ipotesi del sequestro, inizialmente scartata dalle Forze dell’ordine che giudicavano il caso una “bravata tipica di un’adolescente”, fu, per la prima volta, ufficializzata da Papa Giovanni Paolo II durante l’Angelus del 3 Luglio 1983.
Ma, prima di quel 3 luglio, il telefono, a casa Orlandi, squill almeno due volte: la prima il 25 giugno 1983, dall’altro capo un certo “Pierluigi”, sicuramente un italiano, ma, dall’accento neutro, senza alcuna particolare cadenza dialettale. L’uomo affermava che la sua fidanzata aveva conosciuto casualmente Emanuela, che si sarebbe fatta chiamare Barbara, mentre era in compagnia di un’altra ragazza a Campo Dei Fiori. L’uomo raccontava di due caratteristiche di quella “Barbara”: suonava il flauto e portava un paio di occhiali a goccia – di cui peraltro, si vergognava – per correggere un difetto della vista.
Il contenuto dei discorsi di Pierluigi corrispondeva a verit: Emanuela suonava il flauto e in pi era astigmatica, pertanto necessitava di quegli orribili occhiali che le procuravano vergogna ogni volta che li indossava. Con quella telefonata, una speranza si era accesa nei cuori della famiglia Orlandi.
Il 28 giugno 1983 un’altra telefonata arriva a casa Orlandi: era Mario, un uomo con un forte accento romano che sosteneva di avere visto un tizio con due ragazze che vendevano cosmetici. Una delle due ragazze diceva di chiamarsi Barbara e di essersi allontanata volontariamente da casa per sfuggire alla vita monotona a cui era costretta. Mario, inoltre, affermava di essere proprietario di un bar sito tra il Vaticano e la scuola di musica dove studiava Emanuela e che un suo amico per aiutare le ragazze, procurava loro i prodotti cosmetici.
Le due telefonate non vennero prese in grande considerazione dagli inquirenti, giudicandole solo una forma di sciacallaggio telefonico ad opera di qualche mitomane.
Il 05 luglio 1983 il telefono squill ancora. Questa volta, era quello della Sala Stampa Vaticana. Questa volta era un uomo, dal forte accento straniero, divenuto noto con lo pseudonimo di “L’Amerikano”. Fa espresso riferimento alla scomparsa della Orlandi auspicando l’intervento del Pontefice per la liberazione di Mehmet Ali Agca. Lo stesso che due anni prima aveva sparato a Giovanni Paolo II in Piazza San Pietro. La liberazione sarebbe dovuta avvenire entro il successivo 20 luglio.
L’Amerikano sosteneva di avere Emanuela Orlandi e che i dettagli che lo comprovavano erano gi stati comunicati alla famiglia da Pierluigi e Mario e che necessitava di una linea diretta con il Vaticano.
Allora chi erano veramente Pierluigi e Mario? Cosa centravano questi due uomini italiani con l’attentato al Papa? Cosa collegava Emanuela Orlandi a Giovanni Paolo II?
Dopo un’ora dalla telefonata alla Santa Sede, L’Americano chiam casa Orlandi facendo ascoltare un nastro in cui era registrata una voce femminile: Forse quella di Emanuela?
Gli inquirenti giudicarono quel nastro poco attendibile perch presumibilmente registrato prima della scomparsa della quindicenne.
L’Amerikano, nei giorni successivi insistette con la Santa Sede affinch l’attentatore del Santo Padre fosse liberato entro la data richiesta. Purtroppo, il Pontefice non aveva alcuna influenza, n autorit in merito.
Il 17 luglio viene fatto ritrovare un nastro: una voce registrata rivendica lo scambio con il killer turco. Inoltre, viene fatta richiesta di una linea telefonica diretta con il Cardinale Casaroli, Segreteraio di Stato. Sul nastro incisa anche la voce di una ragazza che implora aiuto e che sostiene di sentirsi male. Era la voce di Emanuela? Nessuno lo sapr mai.
Gli specialisti del SISDE, analizzarono i messaggi registrati e le telefonate arrivate alla famiglia per un totale di 34 e tracciarono un identikit dell’Amerikano. Si trattava di una persona con una approfondita conoscenza della lingua latina, una conoscenza sicuramente migliore di quella italiana, che presumibilmente aveva appreso solo pi tardi; probabilmente di cultura anglosassone e con elevato livello culturale; mostrava una spiccata conoscenza del mondo ecclesiastico e del Vaticano; aveva una buona conoscenza di diverse zone di Roma, che aveva anche presumibilmente abitato. L’identikit tracciato dall’allora vicecapo del SISDE, Vincenzo Parisi, sarebbe corrisposto a Monisgnor Paul Marcinkus, all’epoca Presidente dell’Istituto per le Opere della Religione. Lo IOR. La Banca Vaticana. Ad avvalorare la tesi che ci fossero degli strani collegamenti all’esterno da parte dello IOR fu il figlio di Roberto Calvi, il presidente del Banco Ambrosiano Veneto, assassinato a Londra in circostanze ancora misteriose. Secondo il figlio di Calvi, il padre, prima di scomparire prematuramente, avrebbe fatto pressioni sul Vaticano affinch nessuno potesse venire a conoscenza di oscure vicende che riguardavano altrettanto oscuri collegamenti tra il Banco Ambrosiano Veneto e lo IOR. Riguardo a Roberto Calvi, uno dei finanzieri pi spregiudicati della storia italiana, si disse che oltre ad avere collegamenti con la massoneria e la mafia, avesse creato societ fittizie nei paradisi fiscali con la Banca vaticana, allo scopo di aumentare, illecitamente, le entrate del Banco Ambrosiano Veneto. Tra le persone coinvolte figurerebbe anche l’arcivescovo Marcinkus. Il tempo scorreva inesorabilmente, le indagini anche. Molte le piste aperte, da seguire, ma nessuna risposta.
Arriviamo al luglio del 2005. Durante la messa in onda della trasmissione “Chi l’ha visto” giunge inaspettata una telefonata anonima: per risolvere il caso di Emanuela Orlandi occorre vedere chi sepolto nella Basilica di Sant’Appolinare e controllare del favore che Renatino fece al cardinal Poletti.
Inutile sottolineare la eco che una tale telefonata provoc. Soprattutto quando si venne a conoscenza che chi era sepolto nella Basilica di Sant’Appolineare altri non era che Enrico De Pedis, detto “Renatino”: il capo della Banda della Magliana. Ma cosa centrava la Banda della Magliana con Emanuela Orlandi? Come mai un boss della malavita era stato sepolto nella Basilica di Sant’Appolinare? Quale favore avrebbe fatto il boss al Segretario di Stato Vaticano, cardinal Poletti? Nessuna domanda ebbe una congrua risposta. Il caso ancora un mistero irrisolto.
Il 23 giugno 2008, esattamente un giorno dopo il venticinquesimo anniversario della scomparsa di Emanuela, compare una “supertestimone”. Il suo nome Sabrina Minardi. La Signora Minardi negli anni ’80 dopo essersi separata dal calciatore della Lazio, Bruno Giordano, inizia una storia con il boss della Banda Della Magliana: Enrico De Pedis. Dopo l’arresto del compagno, avvenuto successivamente a un pedinamento della Minardi, nel dicembre 1984, Sabrina visse momenti terribili, segnati dall’uso costante di cocaina per cui, oggi, vive in una comunit del Trentino. Poche settimane fa un’altra disgrazia colpisce la debole personalit della donna: la figlia Valentina Giordano, insieme al fidanzato, Stefano Lucidi, stata protagonista del terribile incidente sulla via Nomentana che cost la vita ad Alessio e Flaminia Giordani. Durante un colloquio con gli inquirenti Sabrina ricorda che successe tutto a Torvaianica. Con Renatino, a pranzo da Pippo Abruzzese, arriv Sergio, l’autista con due sacchi. Andammo in cantiere. Io restai in auto: buttarono tutto dentro una betoniera. Cosi facciamo scomparire tutte le prove dissero. In uno di quei sacchi vi era Emanuela Orlandi. La donna continua il suo racconto aggiungendo sempre pi inquietanti particolari. Secondo quanto riportato la Minardi avrebbe accompagnato Emanuela, probabilmente durante il rapimento, in macchina e di averla consegnata ad un sacerdote. Accadde sei, sette mesi prima della tragica esecuzione di Emanuela. Arrivai al bar del Giannicolo in macchina Renatino mi aveva detto che avrei incontrato una ragazza che dovevo accompagnare al benzinaio del Vaticano. Arriva ‘sta ragazzina: era confusa, non stava bene, piangeva e rideva. All’appuntamento c’era uno che sembrava un sacerdote: scese da una Mercedes nera targata Citt del Vaticano e prese la ragazza. A casa domandai: a Ren ma quella non era. Se l’hai conosciuta, mi rispose, meglio che te la scordi. Fatti gli affari tuoi! Poi, a De Pedis chiesi: in mezzo a che impiccio mi hai messo e lui rispose nessun impiccio. Di l a pochi giorni tentarono di rapire mia figlia. Chiamai immediatamente Renato e mi disse: se ti sei scordata di quello che hai visto non succeder niente a tua figlia. In effetti fino ad oggi non le successo nulla per, ho un po’ di timore perch vero che Renato morto, ma ci sono altre persone Alla specifica domanda dei Magistrati, tramite chi Renato fosse stato delegato a prendere Emanuela, la Minardi risponde: tramite lo IOR Quel Monsignor Marcinkus. Renato ogni tanto si confidava.
Le motivazioni del sequestro? Stavano arrivando sulle tracce di chiperch secondo me non stato un sequestro a scopo di soldi, stato fatto un sequestro indicato. Io ti dico Monsignor Marcinkus perch io so chi c’ dietro.ma io l’ho conosciuto a cena con Renato.hanno rapito Emanuela per dare un messaggio a qualcuno”. Il 19 marzo 2008 la donna aggiunse: Renato da quello che mi diceva, aveva interesse a cosare con Marcinkus perch questi gli metteva sul mercato estero i soldi provenienti dai sequestri”. Secondo la Minardi, si tratterebbe di una guerra di potere. “Io la motivazione esatta non la so -dice Sabrina – per posso dire che con De Pedis conobbi Mrcinkus. Lui era molto ammanicato con il Vaticano, per i motivi posso immaginare che fossero quelli di riciclare il denaro. Mi sembra che Marcinkus allora era presidente dello IOR.per sono ricordi cos gli rimetteva questi soldi io a Monsignor Mrcinkus a volte portavo anche ragazze l, in un appartamento di fronte a via Porta Angelica.c’era poi il segretario, un certo Flavio. Non so se era il segretario ufficiale. Comunque gli faceva da segretario. Mi telefonava al telefono di casa mia e mi diceva: c’ il dottore che vorrebbe avere un incontro. Emb me lo faceva capire al telefono. Poi a lui piacevano pi signorine, minorenni no, quando entravo vedevo il signore; non che mi aprisse lui, c’era sempre questo Flavio. Mi facevano accomodare i primi cinque minuti poi io dicevo “ragazze quando avete fatto, prendete un taxi e ve ne andate. Ci vediamo, poi, domani”. Mi ricordo che una volta Renato portava sempre delle grosse borse di soldi a casa. Sa, le borse di Vuitton, quelle con la cerniera sopra. Mi dava tanta di quella cocaina, per contare i soldi dovevo fare tutti i mazzetti e mi ricordo che cont un miliardo e il giorno dopo lo portammo su a Marcinkus. Andai anche a cena a casa di Andreotti, con Renatoovviamente davanti a me non parlavanodue volte ci sono andata.Renato ricercatoLa macchina della scorta sotto casa di Andreotti della polizia.Renato ricercato, siamo andati su.eh.accoglienza al massimo.c’era pure la signorala moglieuna donnetta caruccia.ovviamente davanti non parlavano di niente. Andreotti non c’entra direttamente con Emanuela Orlandi ma Monsignor Marcinkus s.”
Le parole di Sabrina Minardi non hanno bisogno di essere commentate e sono stralci di conversazioni che hanno fatto il tam tam sui mezzi di informazioni, rileggerle ora, fanno riflettere , inquietano CHI SA, SI LIBERI LA COSCIENZA.
*Fonti Internet e Repubblica. Settembre 2008*