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WUNDERKAMMER
“Wunderkammer”, cioè camera delle meraviglie. Il termine è chiaramente tedesco, ed indica, infatti, un tipo di ambiente, per lo più rivestito di legno e arredato con armadi e scaffali, che ha origine nella Germania medioevale e poi si diffonde nel Rinascimento in tutto il Nord Europa.
I primi collezionisti, per lo più principi e nobili, oltre a scienziati, conservavano i cosiddetti curiosa o mirabilia, oggetti considerati “meravigliosi” per le loro caratteristiche, distinti in naturalia (prodotti della natura, eccezionali magari per forma o dimensioni, o semplicemente sconosciuti alla scienza) e artificiali (manufatti rari e preziosi, provenienti da ogni parte del mondo esplorato).
La curiosità che manifesta il visitatore contemporaneo di fronte a quel che rimane di alcune di queste collezioni, in gran parte disperse, non è che un pallido riflesso di quella “meraviglia” che si dipingeva sui volti del passato. In quel passato le wunderkammern erano la manifestazione della compenetrazione massima tra arte e della scienza, la sintesi visibile dell’assetto dell’universo, un’immagine compendiaria del mondo per come lo conosceva l’uomo. E’ in queste stanze che il suo istinto collezionistico raggiunse un apice di bellezza estetica, di equilibrio formale, di ordine intellettuale.
L’impulso alla collezione e il concetto di possesso personale sono presenti anche nell’uomo primitivo che porta su di sé tutto ciò che per lui costituisce un valore: l’oggetto posseduto è soprattutto un simbolo, di attività, di potere, di posizione sociale. Il tatuaggio è l’estremo limite di questo concetto: un ornamento che non può essere sottratto, che diventa parte del corpo stesso dell’individuo.
Questa innata propensione dell’essere umano (presente, infatti, oltre che nell’uomo primitivo, anche nel bambino) di intendere il possesso come ornamento, si proietta all’esterno e si evolve nelle cosiddette “camere dei tesori”.
Appartengono al mito le presunte camere dei tesori degli eroi omerici, che altro non erano se non le tombe di questi guerrieri: è usanza di tutte le civiltà antiche seppellire i defunti circondati dai loro oggetti più preziosi. Ma erano luoghi accessibili e visibili solo alla famiglia o al massimo a una ristretta cerchia di amici privilegiati.
Altre camere dei tesori sono quelle dei templi dell’antica Grecia: qui non si tratta più di un possesso esclusivo dei singoli, ma di tutta la comunità, della polis, che raccoglie intorno all’immagine divina non solo opere d’arte significative e oggetti di per sé preziosi, ma anche legati alla quotidianità sociale, a eventi storici da ricordare o a cicli naturali. Accanto a statue, oggetti in oro e argento, erano presenti armi, trofei, reliquie, ma anche meraviglie della natura come meteoriti, uova di struzzo, noci di cocco, animali imbalsamati, curiosità etnografiche. Erano luoghi accessibili ad ogni cittadino, perché la loro funzione era anche quella di stimolare e soddisfare il desiderio di conoscenza del pubblico.
Questa è una differenza sostanziale: è su questa differenza che nasce per la prima volta il concetto di museo pubblico. Il concetto, perché il termine “museo” deriva invece dalla cerchia dei re di Pergamo, i Tolomeo d’Egitto, che allestirono per se stessi, privatamente, raccolte d’arte e gallerie di quadri.
Da questa semplice constatazione è evidente come la dialettica pubblico-privato è incessante e procede parallelamente allo sviluppo del collezionismo: a Roma, se da una parte il palazzo imperiale e le ville dei patrizi erano riccamente adorne di opere d’arte, tanto da suscitare lamentele, Agrippa propose la statalizzazione dei possessi artistici, Asinio Pollione aprì al pubblico la sua collezione e furono edificati innumerevoli monumenti pubblici.
Il “tempio” del Medioevo è la chiesa, e la sua camera del tesoro è semplicemente “il tesoro”. È qui che si materializza quella volontà medioevale di traslatare tutto il profano in forme e contenuti spirituali, quella concezione unitaria del mondo per cui tutto è riportato all’ambito religioso.
Così tutti i lasciti della “demoniaca” arte romana furono ricontestualizzati seguendo questo principio: il capo del Crocefisso del Museo Metropolitano di Colonia è ricavato da un antico cammeo; la statua di Sant’Elena a Santa Croce in Gerusalemme a Roma è realizzata utilizzando un antico torso di Giunone; il “Santo Graal” del tesoro imperiale di Vienna è un’antica coppa d’agata.
L’attitudine ascetica principale che dominò tutto il Medioevo, per cui tutte le frivolezze mondane erano da dedicare a Dio, si unisce al costante interesse, proprio di quest’epoca, per il meraviglioso, il singolare, l’inconsueto. Nel “tesoro di San Marco”, a Venezia, erano raccolti tutti quei manufatti orientali riportati dai Crociati; nella Cattedrale di Aquisgrana era conservato il corno da caccia di Carlo Magno, ottenuto da una zanna di “olifante”, ossia elefante; nella Cattedrale di Arezzo era collocata una colossale mascella di balena; nel Duomo di Braunschweig era appeso un corno di antilope; tutti i corni considerati appartenenti al mitico “unicorno”, associato alle raffigurazioni della Vergine Maria, non sono altro che denti di narvalo, le “lingue di serpente” sono denti di pescecane, le “ossa di giganti” fossili di animali preistorici. E ovviamente non dimentichiamo le innumerevoli reliquie.
Non è soltanto l’interesse per il raro e l’eccentrico a destare tanta attrazione per questi oggetti, ma anche la generale paura di essere avvelenati. Da qui la credenza nel potere protettivo di tali esotici materiali che furono utilizzati come talismani, o addirittura come antidoti.
Questa breve sintesi storica ci porta alle Wunderkammer, che derivano direttamente dalle chiese dell’uscente Medioevo tedesco: mentre l’Italia e in generale i paesi mediterranei perseguirono l’interesse per l’antichità considerata come il proprio passato nazionale, nel Nord si continuava a seguire una tradizione autoctona, medioevale, “gotica”.
Le prime importanti Wunderkammern sono quelle trecentesche dei Valois di Francia, in altre parole di re Giovanni il Buono e dei suoi quattro figli, Carlo V, Ludovico d’Angiò, Giovanni di Berry, Filippo di Borgogna.
Ma è Giovanni di Berry il primo collezionista moderno in grande stile. Sebbene il suo tesoro andò distrutto dopo la morte del possessore, ne siamo bene informati dall’accuratissimo inventario redatto da uno dei suoi fedeli intendenti, Robinet des Estampes.
La collezione d’arte del duca di Berry si trovava nella sua dimora prediletta, il castello di Mehun-sur-Yèvre, ed univa il compiacimento per i materiali preziosi e per i contenuti strani o didascalici a un’espressiva attenzione per i valori formali e artistici e a un notevole interesse storico. Nell’inventario è indicata una grande varietà di pietre preziose, dal rubis de la nue, il “rubino della nebbia” (la pietra più pregiata del Medioevo) al grain d’orge, “grano d’orzo”, una grossa perla, e vari prodotti dell’arte dell’oreficeria (come la coppa d’oro un tempo smaltata ora conservata al British Museum, o il cavallino d’oro di Altotting, o il calice tempestato di gemme di Filippo il Buono), arazzi, orologi meccanici, profumi, muschi, ambre, incensi, due sacchettini contenenti polvere di lapislazzuli (il colore più prezioso e stimato del Medioevo), quattro denti di Narvalo (regalatigli da papa Giovanni XXII come antidoto ai veleni), tazze e vasi di porcellana orientali.
Uno dei suoi pezzi più pregiati della sua raccolta di cammei era la Gemma Augustea (oggi al Kunsthistorisches Museum di Vienna), uno dei più famosi cammei dell’antichità. In possesso del duca dunque c’erano autentici pezzi antichi, come monete d’oro e d’argento romane o alcuni vasi greci, accanto a imitazioni, riproduzioni e falsi. Nell’inventario di Robinet sono, infatti, indicati due vasi d’oro adori di pietre preziose con raffigurazioni mitologiche, fabbricati nello stesso ducato di Berry, e alcuni medaglioni d’oro sempre con immagini antiche, acquistati dal duca a Parigi e Bourges. Famosissima era poi la sua biblioteca, con splendidi manoscritti fatti miniare dai migliori pittori del suo tempo. Era presente anche un piccolo gabinetto di storia naturale, ricco di curiosa: uova di struzzo, mascelle di serpente, aculei di porcospino, zanne di cinghiale, denti di balena, pelli di orsi polari, conchiglie, molluschi. Non mancavano le reliquie: la camicia di Nostra Signora di Chartres, il calice usato da Gesù nelle nozze di Cana, l’anello di fidanzamento di San Giuseppe, ossa della strage degli innocenti, un dente da latte di Maria.
Di questa, e di quasi tutte le altre collezioni, come detto all’inizio, rimane ben poco, illuminato nelle vetrine di vari musei, ma sono state proprio alcune raccolte delle Wunderkammern i nuclei di origine di questi stessi musei.
Storia delle Wunderkammer dalle origini ad oggi, video didattico realizzato in occasione della Mostra del Museo Poldi Pezzoli e Gallerie d’Italia “Wunderkammer. Arte,Natura, Meraviglia ieri e oggi.” (2013) su YouTube.COM
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- Velia Viti