Vignettopoli
LA SOCIETA’ LIQUIDA E IL FALLIMENTO DEL CAPITALISMO
C’era quel film. Sembrava un film di fantascienza, si intitolava “Waterworld”. C’era Kevin Costner che era un mutante e aveva le branchie e gli arti palmati, gli erano venuti per adattarsi all’ambiente dopo che la Terra era diventata un’immensa distesa d’acqua. C’era stata la soluzione finale e la fine era stata quella: tutte le terre erano state sommerse ed erano rimasti solo pochi superstiti che cercavano di sopravvivere facendo i pirati su rottami di navi.
Kevin Costner era quello che sopravviveva meglio, era diventato mezzo pesce, ma per gli altri era un casino. In un film ti aspetti di trovare i buoni e i cattivi, in questo l’unico un po’ meno figlio di puttana era Kevin Costner, ma non molto meno, neanche lui aveva mai sentito dire “Ama il prossimo tuo come te stesso”, le Bibbie erano finite tutte sott’acqua e il prossimo era meglio che ti sbrigavi a buttarlo a mare, prima che gli venisse la tua stessa idea. Gli altri, uomini, donne, vecchi e bambini quando facevano fare un volo dalla poppa ridevano. Veramente un postaccio, il mondo, ai tempi delle terre sommerse.
Ci vuole una mente perversa, per fare fantascienza. O forse no, basta che ti guardi attorno e racconti il mondo aggiungendo qualche effetto speciale.
Perché quel mondo alla deriva di pirati e uomini pesce è il nostro mondo senza trucchi di regia. Disancorato da regole e valori. E’ la società che ci raccoglie senza unirci in cui anneghiamo le nostre esistenze. E’ il capitalismo che ha fallito il suo piano di governo razionale del mondo (il 10% della popolazione che detiene il 90% del reddito e, di contro, il 90% della popolazione che deve disputarsi solo il 10% della ricchezza che cos’è, se non un tragico fallimento?).
Sono i governi che non hanno più terre promesse da far sognare. E’ il pensiero antagonista che non mette più in mare caravelle per scoprire nuovi mondi. E’ la società liquida. Un ossimoro, se vogliamo: una società per definizione deve avere radici. Ma in mare non si mettono radici. Una società deve avere un saldo sistema di valori che la guidi verso un orizzonte. Ma in mare l’orizzonte è sempre uguale. E non sai dove stai andando, se non c’è una terra dove andare.
Ai tempi della terraferma non sempre era facile, ma immaginavi il tuo futuro di certezze fatto di casa, lavoro, affetti e protezione sociale. Ai tempi delle terre sommerse non intravedi niente tra cielo e acqua e se il tuo tempo è senza futuro i valori non hanno senso. Tutto diventa contrattuale, anche nelle famiglie, nel luogo di elezione degli affetti: perché mai l’applicazione nello studio dovrebbe essere un valore? Gli devi promettere il motorino, o la macchina alla maturità, se vuoi che tuo figlio si dia da fare per essere promosso.
La modalità del mercato che pervade tutto, anche le relazioni umane. Il mercato che occupa altri spazi perché ha fallito nei suoi, per distruggere anche questi, dopo avere distrutto l’economia. Un immenso mercato in cui ciascuno di noi commercia in solitudine, anzi in antagonismo con il prossimo. Che è meglio che butti a mare, come facevano i pirati di “Waterworld”. Ma ci deve essere da qualche parte un continente. Sempre, quando l’umanità sembrava smarrita, è emerso un soggetto antagonista che ha fatto fare un salto al pensiero e si è inventato un nuovo mondo. Ma occorre salpare e andare a cercarlo, il continente, non rimanere a guardia di un mondo che sta affogando.