Janeleggedinotte
Matilda di Mary Shelley
Si potrebbe definire quella della giovane Matilda, la biografia di un’eroina tragica e silenziosa, che affida le sue ultime confidenze alla sensibilità del signor Woodville, il suo unico amico. Nella lettera di addio indirizzata a quest’ultimo, la forza dei pensieri e l’amore di Matilda per la vita, travolgerà il lettore come una dirompente tempesta di quelle che lasciano il segno sulla pelle, e una dolceamara memoria nel cuore.
Matilda non voleva essere sola, ma le circostanze l’hanno condotta ad amare la solitudine e tutte le ricchezze che la florida natura della campagna inglese le poteva offrire. La sorte le è stata avversa, orfana di madre, viene affidata alla zia paterna, poiché abbandonata dal padre. Il dolore per la perdita della giovane sposa, conduce il padre di Matilda sull’orlo della follia. Un naufrago depresso che si butta anima e corpo nel lavoro, e dimentica per sedici anni di avere una figlia.
Un legame di attaccamento traumatico che costringe una bambina innocente, che ancora non dispone degli strumenti necessari per interiorizzare le conseguenze della separazione, a inventarsi un mondo immaginario, fatto di persone, di affetti personificati negli animali, nei personaggi dei romanzi, e nella natura della campagna scozzese in cui vive.
Il bisogno di amore di Matilda è struggente, non si perde d’animo nemmeno con l’algida zia che rappresenta una presenza scostante, un fantasma senz’anima. Eppure, Matilda possiede una bontà e una saggezza che nessuno le ha insegnato, le appartiene come i colori e i suoni della natura che le tengono ogni giorno compagnia, e grazie a questa sua qualità innata accoglie senza rancore, il ritorno dell’amato padre, dopo sedici lunghi anni di assenza. Non so chi al suo posto lo avrebbe fatto. Matilda è unica, combattiva, persino quando in preda alla disperazione si convince di aver distrutto a causa della sua insistenza, il rapporto con il ritrovato padre. Ma dove è finita la complicità, le confidenze e le piccole gioie di un amore paterno che si era finalmente risvegliato?
Il palazzo incantato è andato distrutto per sempre, purtroppo la protagonista si immerge fin troppo nel crollo psicologico paterno, lui non riesce più ad amarla in modo spontaneo: i ricordi e la melanconia lo travolgono. La gelosia lo affligge quando un ragazzo si interessa a Matilda in modo del tutto innocente, ed è da questo momento che emerge la crudeltà insita nell’atteggiamento paterno. Quest’ultimo si sente sopraffatto da un legame simbiotico con una moglie immaginaria ( la moglie defunta) che nella realtà non esiste, poiché Matilda è la figlia. E a mio giudizio confonde i ruoli e proietta inconsciamente un desiderio di morte sulla fragile Matilda. La storia magistralmente narrata da Mary Shelley presenta una struttura psicologica complessa, l’Io fragile di Matilda viene continuamente schiacciato dalla vita, dagli eventi e dall’unica persona che dovrebbe amarla in modo naturale. Eppure suo padre l’abbandona una seconda volta e in quella lettera che le fa recapitare, confessa il suo fallimento. Una lettera che ha il potere di una maledizione, la serenità conquistata svanisce nel nulla, e la scrittura decisa e drammatica di Mary Shelley sottolinea l’idea disfunzionale che Matilda costruisce con la sua innocente e tagliente fantasia, come se dicesse “io sono marchiata da un destino malvagio”. Vorrei sottolineare che il malessere del padre schiaccia l’animo innocente di Matilda, quest’ultima interpreta un ruolo femminile che tutte le donne del pianeta in modo diretto o indiretto conoscono. Mi riferisco alla masochista convinzione femminile di sentirsi colpevole, di addossarsi ogni colpa quando qualcosa va male con la figura maschile, quindi di sentirsi fin troppo responsabili dei comportamenti di un uomo alias padre-padrone ( o partner) che non meriterebbe così tanta devozione. Perché giustificare il cattivo comportamento di un padre che illude e disillude l ‘amore disperato di una figlia? Matilda introietta in modo allucinatorio le colpe di suo padre, le sue mancanze affettive, convincendosi che la sciagura l’abbia generata lei e soltanto lei! Lui l’ha rifiutata, la abbandona una seconda volta e Matilda si autoaccusa. E le inevitabili conseguenze a livello psicologico avranno un effetto devastante e distruttivo, non servirà a nulla l’amicizia con il saggio Woodville, il quale cercherà in ogni modo di rincuorarla. Questa è la storia di una giovane donna che vorrebbe essere amata, ma non pensa di meritare nessun amore a causa del fallimento nella costruzione del legame paterno. Eppure, nella tragicità della vicenda il potenziale di Matilda, la sensibilità e la capacità di vedere oltre l’apparenza sono così evidenti, qualità così belle che personalmente ho provato rabbia all’idea di come si lasciasse travolgere dagli eventi. Nemmeno l’amicizia con un sincero amico riparerà la linfa vitale di Matilda. Pur rendendosi conto delle sue buone intenzioni, l’idealizzazione dell’amore paterno assume connotazioni schizofreniche e prevale su tutto.
Consigliato alle anime gentili, a chi accetta a suo malgrado, di farsi sopraffare dagli eventi pur sapendo che non sarebbe la cosa più giusta da fare. La lettura di Matilda regala profondi momenti di gentilezza e bontà, fa riflettere su un tema sempre attuale : la ricerca della felicità. Una felicità che la bambina Matilda ha sempre dovuto costruire a partire da se stessa, non avendo avuto dei genitori presenti e affettivamente adeguati. E più di ogni altra cosa, richiama il tema del maschile, il padre, l’amico, l’Altro che punisce, abbandona e distrugge l’autostima di una donna. Un romanzo complesso e ricco di sfaccettature, e dovrebbe farci riflettere. È davvero necessario annullarsi in cambio dell’amore di un uomo?
Matilda (Mary Shelley- trad. D.Cassis; 13Labedizioni)
- VIA
- Nerina Elena
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