SE FACCIAMO LA FINE DEI PESCI
Dicono che i pesci hanno una memoria di pochi secondi. Immagino che sia di grande consolazione per quelli che vivono negli acquari, non si accorgono che la conchiglia finta in cui si vanno a nascondere è quella di sempre e gli si para davanti sempre lo stesso palombaro di plastica. Stanno in pochi litri d’acqua e scoprono di continuo nuovi meravigliosi fondali, l’acquario è un parallelepipedo di mille angoli ignoti. Anche mio nonno viveva in un acquario, ce l’ha rinchiuso l’Alzheimer. Ma gli uomini non sono fatti per la meraviglia perenne dei pesci, per loro le cose nuove scintillano solo se si staccano dal fondo opaco delle cose vecchie e uno sguardo senza memoria è uno sguardo inutile. E così mio nonno se ne stava seduto su una sedia a trascorrere il suo unico lunghissimo giorno senza ore e minuti. Ma non è sicuro che non sia iniziata una mutazione che ci sta trasformando in pesci. Riusciamo a mantenere desta l’attenzione su un accadimento o una tematica sempre più a fatica, non ci posiamo più sulle cose, le sorvoliamo, ci scivoliamo sopra, non c’è evento che occupi la ribalta per più di qualche giorno, anche se ha ricadute pesanti sulle nostre vite. Per quanto tempo la catastrofe nucleare del Giappone ha occupato le prime pagine dei giornali o ha catalizzato il dibattito sul web? Per quanto tempo tratterremo ancora nella memoria le immagini del fumo dell’esplosione della centrale di Fukushima? Perché l’attenzione sulla guerra in Libia non si è aggiunta, ma si è completamente sovrapposta all’interesse per quello che sta avvenendo in Giappone, dove l’allarme non è affatto rientrato, anzi sta aumentando, se è vero che nell’acqua di mare della zona della centrale sono stati trovati livelli di iodio radioattivo 1.250 volte superiori alla norma. Gli eventi ci scorrono davanti agli occhi come su un tapis roulant e questa non è una novità, solo che ora abbiamo smesso anche di corrergli dietro, siamo saltati giù dal nastro e adesso li osserviamo da fermi, seguendoli con lo sguardo fino a quando non scompaiono dalla nostra vista. O fino a quando non ci ripassano davanti. Come la vicenda Eutelia. Allora ci coinvolse in un’orgia di solidarietà ai lavoratori e di disprezzo per la proprietà che aveva truffato così vigliaccamente quella povera gente. Poi però andò in scena qualcos’altro, di cui ora non abbiamo il minimo ricordo, e su quegli uomini e quelle donne è sceso il sipario. Poi un giudice li ha condannati perché avevano occupato la fabbrica di quel verme che oltretutto è pure latitante e si diverte a planare con un paracadute in qualche paradiso e il tapis ruolant ce li ha riportati sotto gli occhi. Ma il nastro scorre e presto ce ne dimenticheremo. Quando ci ripasseranno davanti quelli dell’Isola dei Cassintegrati? Che altra disgrazia devono subire perché ci ricordiamo di loro, devono essere sommersi da uno tsunami? Oramai è così la nostra memoria, è talmente labile che solo uno shock o almeno un fatto eclatante può risvegliarla. Altrimenti non occorre nemmeno darsi tanto da fare per cancellarla, qualora qualcuno volesse far sparire traccia di qualcosa di imbarazzante: il neo ministro Romano non si è nemmeno scomodato a rimuovere dalla sua pagina su Facebook i vecchi post contro Berlusconi. Ci stanno spuntando le branchie.
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- Lucia Del Grosso