Vignettopoli
Grazie di tutto, Presidente.
C’è chi lo ricorderà per il suo “NON CI STO!”. Chi per il suo “NON ARRENDETEVI, RAGAZZI!”. Chi per le condanne a morte comminate nel ’45. Altri per lo schiaffo alla signora scollacciata. Altri ancora per gli altolà a Berlusconi. Io non lo ricorderò per un gesto. Lo ricorderò per il mondo che rappresentava.
Quel mondo che ha tenacemente cercato di preservare dalla deriva. Ha svolto il suo mandato negli anni in cui le fondamenta della Repubblica che lui stesso aveva gettato insieme agli altri Padri Costituenti hanno iniziato a cedere. E perciò non gli c’è voluto molto, all’architetto che conosceva il progetto e la fatica di quell’edificazione, ad accorgersi delle crepe che si stavano allargando. E intorno a lui l’Italia si ubriacava di leader “prestati alla politica”, di politici “non di professione”, di presidenti del consiglio “imprenditori”. Di ibridi che entravano nelle Istituzioni, così sapientemente costruite con pesi e contrappesi e poggiate su equilibri delicati, come i classici elefanti in una vetreria e le riducevano in frantumi. Non era di sinistra, Scalfaro. Era un conservatore. Ed era anche integralista sugli aspetti della morale. Non avrebbe dovuto essere un nostro alleato se questo Paese la dialettica politica avesse avuto un corso normale. Un avversario degno sì, ma non un alleato. E invece ce lo siamo ritrovato come alleato nonostante dicesse cose diverse da quelle che dicevamo noi, ma le diceva nella nostra stessa lingua. Quella con cui è stata scritta la nostra Costituzione. Quegli altri no. Quelli si esprimono in una lingua rozza e urlata, però dicono che è più facile perché il popolo la capisce meglio del politichese. Ce lo siamo ritrovati come alleato a difendere quel campo che lui aveva arato insieme ai nostri. Poco importa se noi quel campo lo immaginavamo diverso, l’importante era difenderlo da chi lo voleva ridurre ad una palude. E c’è chi non ancora capisce che prima di destra e sinistra, prima di progressismo e conservazione, c’è la discriminante tra civiltà e barbarie, tra politica e antipolitica, tra interesse generale e prepotenza di parte. C’è il campo arato delle Istituzioni e della democrazia, l’unico sul quale si può costruire una società più giusta e solidale. Se quel campo lo mantieni rigoglioso un futuro migliore è possibile, se lo riduci ad un acquitrino non ci puoi far crescere niente. E Scalfaro sarà stato pure un democristiano, uno che guardava male le minigonne, ma lui in quel campo ha coltivato insieme a noi l’interesse comune, il bene pubblico, sotto attacco oggi più che mai dalle fronde antipolitiche e corporative. Messo a ferro e fuoco da quelli che lo vogliono spezzettare in una scacchiera di corpi autoreferenti che rifiutano ogni mediazione diretta a ricomporre gli interessi di parte nell’interesse comune. Che rifiutano la politica adducendo i suoi fallimenti, ma in realtà perché la politica è mediazione, proprio quella che non hanno interesse a praticare. Scalfaro sarà stato pure un conservatore, un rigido Savonarola, ma era a fianco a noi di sinistra nella difesa di quel terreno, dove i conflitti sono composti dialetticamente e tenendo lo sguardo rivolto all’interesse generale, dove le regole sono certe e dove la politica parla ai cervelli e non alla pancia. Perciò gli rivolgiamo un pensiero commosso.
Grazie di tutto, Presidente.
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