Vignettopoli
DI CHE COLORE E’ IL VENTO CHE STA CAMBIANDO.
Siccome oramai mi è venuta la fissa delle mitologie ne voglio raccontare un’altra: quella secondo la quale la crisi dei mercati porterà ad una radicalizzazione dello scontro e ad una sollevazione delle moltitudini che spazzerà via gli oppressori.
Non c’è stata la primavera araba? State a vedere che quella sollevazione si propagherà pure sulle nostre coste. I sognatori più cauti invece si limitano a registrare che il vento sta cambiando: basta alimentare questo spostamento a sinistra della società civile con un’accattivante “narrazione”. Dopo i risultati delle elezioni francesi consiglierei queste belle anime a dare una registrata all’anemometro, che non mi pare faccia una misurazione molto accurata. La figlia di Le Pen ha raggranellato un bel po’ di voti e sono consensi popolari, non dei mandarini dell’alta finanza.
Una bella percentuale di casalinghe e operai, che secondo i sognatori avrebbero dovuto seguire il vento del rinnovamento, ha votato il peggio del peggio della destra e, bada bene, non perché non si sono accorti che il liberismo selvaggio li sta impoverendo, ma proprio perché l’hanno capito benissimo. Solo che non è bastato l’acuirsi della crisi per liberarli dall’egemonia culturale che si è impadronita dell’Europa e di buona parte del mondo che ha frammentato le classi in individui solitari e in gruppi l’uno contro gli altri armati. Per cui, anche se la casalinga e l’operaio hanno subodorato la fregatura che il “sistema” sta rifilando loro, non hanno la minima idea di cosa significhi dare una risposta di classe. Dopo decenni di pensiero unico liberista fanno fatica a distinguere e contrapporre gli interessi del capitale e dei lavoratori e si scatenano contro gli stessi avversari delle oligarchie finanziarie: lo Stato che tassa e mette regole, ma che non riesce a controllare le frontiere e ad impedire che si riversino nel Paese orde d’immigrati brutti sporchi e cattivi e prodotti contraffatti che tolgono mercato alle imprese locali. E votano lo xenofobo e la sua discendenza, in opposizione all’unica vera alternativa rappresentata dalla sinistra riformista di Hollande. E sfugge anche ai mitologi della sollevazione di massa che l’operaio e la casalinga che non ne possono più di un’Europa che fa pagare a loro il fallimento del mercato selvaggio non votano per il populista Malenchon, ma per il riformista Hollande che non è un noto agitatore di forconi e propalatore di imminenti palingenesi, ma un paziente tessitore di un orizzonte concreto alternativo a questa Europa. Che sa che ha a che fare con una società civile che non è quella mitica dei narratori dell’importazione di primavere esotiche, ma un corpo sociale disorientato e pervaso più da rabbia “contro”, che da entusiasmo “per”: Marc Lazar, politologo autorevole, stima che solo il 44% degli elettori della Le Pen è disposto a sostenere Sarkozy al secondo turno. Gli altri (56%) vanno dall’astensionismo al sostegno, addirittura, per Hollande. Se gli vogliamo credere, dobbiamo costatare la stravaganza del salto in quindici giorni da Le Pen a Hollande, dall’estrema destra alla sinistra, dal populismo xenofobo al riformismo solidaristico. Verrebbe da invocare il ritiro delle schede elettorali per manifesta irrazionalità dei chiamati alle urne. E invece anche questa bizzarria ha una lettura: se nelle coscienze della gente sfuma la differenza tra destra e sinistra, le preferenze vanno a chi è “contro”, non importa di che colore, né se l’alternativa è europeista come quella di Hollande o antieuropea come quella di Le Pen. Ma gli aedi del vento che sta cambiando lo sentono spirare forte. Dovrebbero annusarne più gli odori, ce ne sono anche di non gradevoli. E ci vorrà tempo e pazienza per riconquistare la società civile ai valori di solidarietà e giustizia sociale. Solo allora potremo dire che il vento è cambiato ed è di un bel colore.