Giromondo
Mongolia: a caccia di emozioni
Il luogo è la Mongolia, a nord verso la Russia. Esco dalla yurta e mi siedo di fianco alla piccola porta. Mi appoggio allo spesso feltro che mi da un senso di caldo. Penso alle centinaia di volte che è stato srotolato e arrotolato per costruire o disfare questa tenda, complessa, ma semplice per mani esperte. E’ il tramonto e tutto tace. Mi rendo conto che manca il rumore di fondo della nostra civiltà, qui il silenzio è vero e totale. C’è vento, leggero ma teso, già freddo. Tra poco sarà inverno, lungo e nevoso, di temperature neanche immaginabili per noi. Ma per ora c’è questa striscia arancione là in fondo all’ovest, e il blu della notte che sorge ad est. C’è una magia nel mondo di cui siamo parte, una piccola parte, che si compie ogni volta che usciamo dal costruito ed entriamo nel creato, una grande magia che ci rapisce e ci immerge nello spettacolo di ciò che abbiamo intorno e che ci è permesso di vivere. Alcuni dicono che ci vogliono occhi di bambino, io non credo, credo basti tornare uomini senza la tentazione di spiegare i fenomeni, ma solo con lo stupore di farne parte. Ho il privilegio di vivere spesso questi momenti, perché la caccia è un antico rito che celebra il rispetto della preda dalla notte dei tempi, nell’eterna contraddizione dell’amore e della morte, perché l’uomo è consapevole ed ha bisogno di cercare l’intimo rapporto con la natura, per esorcizzare l’atto. Mi rendo conto di essere ancora l’uomo attorno al fuoco, la parte più positivamente primitiva degli umani, quella che ancora ha la vera percezione della natura. Mi rendo conto che il tutto diventa visibile solo quando ne fai parte davvero, e resto lì nella notte che avanza. Quando si ha il coraggio di chiudere gli occhi, spesso si vede ciò che si può, non ciò che si vorrebbe. Ormai è notte, c’è uno spicchio di luna che rende visibile il fiume in fondo alla valle e scurisce i fianchi delle montagne attorno, è una notte di cieli sconosciuti e di grandi stelle, di chiarore diffuso e ormai dimenticato, qui capisci davvero che cosa sia la libertà : un interiore senso di infinito che ti porta a guardare e vedere oltre il limite della vista, che ti lascia trasognato. Ci si può perdere. E’ notte, nulla è visibile, ma tutto ha una sua luce, è il mondo del percepibile a cui abbiamo rinunciato da centinaia di anni, ho dentro un miscuglio di emozioni che vorrebbero uscire senza ordine, tutte assieme, che si affollano nello stretto passaggio del razionale. Ci si può perdere. C’è un tramestio di uomini che distoglie i pensieri, forse è pronta la cena. Resto ancora un po’. Lontano il verso di un animale, non riesco a capire se domestico o selvatico, ma che importa. Il vento rinforza, viene giù dal nord, la Siberia è a pochi km, viene dalla taiga, asciutto e continuo, anche se ora è poca cosa, capisci che può far male. Mi alzo e vado, voci, luci, televisione, profumi di cucina.. ma il cuore resta fuori. Si cena tra i soliti commenti, la giornata appena terminata, il panorama, il lavoro dei cani, qualche battuta su azioni sbagliate, come dice il poeta.. ognuno col suo viaggio, ognuno diverso.. ma tutti dentro al loro sogno. Torno in tenda, un ragazzo ha acceso il fuoco nella piccola stufa di ghisa all’interno, lo fa ogni sera. Steso sul letto guardo la complessa struttura interna della Ger. Molteplici pali di salice colorati di rosso acceso sorreggono la tenda, riunendosi in cima ad un cerchio di legno che delimita il foro da cui esce il tubo della stufa. A questa struttura puoi appendere abiti e scarponi, per eliminare l’umidità e riscaldarli. A questi pali posso appendere i miei problemi per poi dormire sereno, come non mi capita da troppo tempo. Da migliaia di anni la Ger è immutata e trasmette questa sua tranquillità a chi la vive, anche a un forestiero come me che non riesce a penetrarne a fondo i significati. Ci si entra quasi per folclore, ma poi la si vive ammaliati dal fascino delle cose semplici, dalla tranquilla sobrietà ed essenzialità dell’interno. E’ incredibile come la tenda di un popolo nomade, possa trasmettere tanta stabilità. La Ger è un punto fermo in movimento. C’è un silenzio totale ed è facile chiudere gli occhi. Il mondo è fuori dalla tenda, né buono, né cattivo, ma sicuramente meraviglioso.