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Ginger e Fred. The show must go on!
Nei film di Fellini, non possiamo non riscontrare un forte lato poetico e lato psicologico, quasi a voler far incontrare la parte più bella delle persone, con quella più buia e nascosta, che tutti abbiamo ma solo pochi riescono a riconoscere o “vedere”. La storia del cinema è Fellini, come di altri grandi cineasti che, come lui, chi prima e chi, dopo la sua comparsa, han saputo fare un discorso raffinato e profondo nella pellicola, impacchettando prodotti diretti alla gente, a dimostrazione che sapevano a quale obiettivo puntare per essere riconosciuti.
Ginger e Fred, accarezza musicalmente la terza età ed il bagaglio dei loro ricordi che segnano un periodo particolarmente avvincente della società degli anni ’40. Come altri film, più o meno parlanti di una realtà che non si può far finta di non vedere o “sentire”, mostra il velo di tristezza dei personaggi, a riprova di ciò che il regista, nel procedere con il suo ennesimo capolavoro- in questo caso incompreso- sentiva o vedeva riflessa nella gente. E’ un sogno, il suo sogno, trasformato abilmente dalla capacità interpretativa di due calibri del cinema Italiano e Internazionale: Marcello Mastroianni (la visione migliore di sé (Fellini)) e Giulietta Masina (sua moglie nella vita e protagonista dei più grandi capolavori felliniani).
La chiave onirica del film si trova racchiusa nella frase che il regista coniò a proposito della funzione molesta della pubblicità che per effetto di una legge non scritta, dava al “dio denaro” il potere di distruggere un film, con il suo spezzettarlo, in televisione. Gli sponsor che alimentavano la pubblicità davanti agli occhi degli spettatori, gli sponsor, interrompeva i film con la pubblicità, togliendo allo toglieva, secondo il regista, la possibilità di penetrare il “sogno” di celluloide: “Non si spezzano i sogni”.
Caliamoci garbatamente sul palcoscenico che vede due perle rare del tip-tap, ex ballerini e noti sul territorio nazionale per essere gli imitatori della coppia americana di attori Ginger Rogers/Fred Astaire negli anni in cui il ballo. Siamo un popolo di imitatori, è nel nostro DNA e chi non si vuole arrendere all’età che avanza, come Pippo e Amelia, ormai anziani che vivono la loro quotidianità di immagini indelebili ma sfocate per effetto del tempo che passa; convocati per la realizzazione di una trasmissione che rivisita il mondo dello spettacolo, nello specifico la rivista, con vecchie glorie al seguito, offre loro, la possibilità di fare qualche soldo, grazie ad un’operazione nostalgia, mossa sempre vincente e che trova una buona accoglienza nei telespettatori. Così, Pippo e Amelia, si incontrano, inizialmente, faticando a riconoscersi, il tempo passato aveva segnato i loro volti ma le vibrazioni, c’erano tutte.
Le motivazioni che li hanno indotti ad accettare i pochi soldi della TV – per loro, sempre molto necessari, quella di rivivere il “loro” momento e periodo glorioso; ma si sa, le luci del “varietà” poi si spengono, nei camerini rimangono solo i costumi dei divi di Hollywood, il risuonare come una eco, del ticchettio dei loro passi al suono di Cole Porter e di George Gershwin, che come in un sogno, li vedeva protagonisti ufficiali, quasi fossero loro gli “originali”, i ballerini americani, osannati in tutto il mondo. Ognuno di loro, si racconta all’altro.
Pippo (Marcello Mastroianni) che vive come Amelia (Giulietta Masina) di comparsate, tra i due, è quello che se la passa peggio. I ricordi li travolgono e scoprono di essere stati, oltre che colleghi, anche fidanzati. Si può dimenticare un fidanzato o una fidanzata, in un tempo vissuto con effetti speciali e sui palcoscenici d’Italia? Si. Lei, lasciò lui e non la prese bene, accarezzando, a quel tempo, anche manie suicide. A cornice di questo spaccato di vita e di ricordi dei due ballerini, i tanti personaggi che spesso affollano i film del grande cineasta: l’anziano ammiraglio, l’intellettuale, il frate volante, il travestito. Tutti avanti con gli anni e con i loro ricordi. E’ come se Fellini si chiedesse cosa manteniamo e come, le esperienze del nostro passato, quando si diventa i protagonisti principali di una rilettura della nostra memoria. Pippo e Amelia, si calano in quelli che erano stati i ruoli di un tempo, le prove difficili, la ragnatela degli anni che si è depositata sulle loro membra, la confidenza che non unisce due più ballerini e il fisico è danneggiato e non solo dal “ricordo” ma da vecchie istanze mai risolte. Il rancore per la perdita della fidanzata di allora ha il sopravvento e la ruggine comincia a vedersi nel vivo del nuovo approccio danzante.
Chi pensa che l’amarezza abbia preso il sopravvento in questo canovaccio marchiato dal tempo, si sbaglia. E’ poetico il duetto di anziani e non “patetico”, i vecchi protagonisti di un “varietà” dove le abilità si dovevano toccare con mano, ai passi incerti e remoti di una gloriosa giovinezza in una scatola cinica e al contempo magica, la televisione ritrovano i “loro” Ginger e Fred un po’ acciaccati, realizzando, nel momento del black- out, di lasciare la scena, lo spettacolo non valeva la candela e non ci sarebbe stata la brutta figura a divertire un pubblico in cerca di svago. La sola protagonista era “lei”, la televisione e con la complice abilità di un presentatore falsamente affascinante: the show must go on.
Stazione Termini, Pippo e Amelia sono soli, le luci del varietà televisivo, alle spalle. Finisce lì, dove si respira un’infinita nostalgia del tempo che fugge inesorabile e percorso tutta la pellicola. Pippo prenderà il treno che lo riporterà a casa, Amelia gli tiene compagnia. I loro destini si separeranno per sempre ma ciò che rimane non lo cancellerà nessuno dalle loro vite. Amarezza tristezza? Si e no. I protagonisti nel loro incedere, dimostrano la saggezza che in genere le persone attempate posseggono, l’essersi resi conto che potevano divenire fenomeni da barraccone del momento, decidendo di non esibirsi, li anima di nuova consapevolezza. Ginger e Fred si staccano dal sogno disegnato da Fellini, rientrare nelle loro vite sarà più facile.
Paese di produzione Italia, Francia, Germania Ovest
Anno 1985
Durata 125 min
Rapporto 1,66:1
Genere commedia, drammatico, satirico
Regia Federico Fellini
Soggetto Federico Fellini, Tonino Guerra.
Sceneggiatura Federico Fellini, Tonino Guerra, Tullio Pinelli
Produttore Alberto Grimaldi
Fotografia Tonino Delli Colli, Ennio Guarnieri
Montaggio Nino Baragli
Musiche Nicola Piovani
Scenografia Dante Ferretti