Il Lettorante
La solitudine, un “male” a-venire.
Il libro di Marco Refe, La potenza della voluttà- Nietzsche e Sade, Tracce, Pescara, 1998, è un’occasione preziosa per riflettere sul “male”.
Domanda: Nietzsche, Sade e Dostojevski, insomma, gli artisti e i pensatori della modernità, sono stati davvero conoscitori, “esperti”, se non cultori, del male? Subito, rileviamo che quando si pensa al male, si pensa alla sofferenza, al dolore. Il libro di Marco Refe, La potenza della voluttà- Nietzsche e Sade, Tracce, Pescara, 1998, è un’occasione preziosa per riflettere sul “male”. Domanda: Nietzsche, Sade e Dostojevski, insomma, gli artisti e i pensatori della modernità, sono stati davvero conoscitori, “esperti”, se non cultori, del male? Subito, rileviamo che quando si pensa al male, si pensa alla sofferenza, al dolore. Ma subito, sappiamo come in Nietzsche, il dolore non fosse necessariamente connotato dal male, anzi. Appare, allora, subito come, nella modernità, la dimensione del male sia altra da una dimensione di sofferenza. Il libro di M. Refe si apre su C Baudelaire e su una nozione, quella della “dissipazione” che rimanda a quella della ricchezza, della sovrabbondanza, se non del lusso. Baudelaire rivendica, nell’epoca in cui il capitalismo si espande in Europa, il diritto individuale ad un rifiuto della logica dell’accumulazione. E’ nel momento in cui la cultura del lavoro, della rendita, e della ricchezza economica trova la sua grande espressione, che appare la figura dell’artista che propone un’altra dimensione, “aristocratica”, della ricchezza, in cui è bontà il dissipare ciò che si ha. Ora, questo, alla luce del pensiero capitalistico-accumulativo, è male. Allora, la dimensione di liberalità assume un carattere negativo e l’artista che voglia restare libero di “donare” secondo il suo “capriccio” viene a trovarsi fuori dalla comunità dei lavoratori. L’identificazione del male nella dissipazione apre ad una nuova interpretazione del soggetto; esso non può più restare isolato, egli deve entrare nella circolazione sempre più rapida delle persone e delle cose. I margini di autonomia e dunque di gestione di se e delle proprie cose, che non siano funzionali all’accumulazione sono sempre più ristretti. E’ l’uomo-massa che è ora l’eroe positivo della modernità. Ed è proprio contro questo modello nuovo di individuo, e dunque di produttore di valori e ancora nei confronti di una nuova dimensione delle nozioni di bene e di male che appunteranno la loro riflessione gli autori citati nel libro di M. Refe. Ciò che essi sanno, con grande consapevolezza è che i margini per la conservazione dell’individualità, la distinzione, la differenza, sono sempre più stretti e che a mano a mano che essi si restringono, si allarga la dimensione del male che ad essi viene attribuita. E’ la “singolarità”, la diversità, che è aggredita, cacciata nell’angolo della mostruosità; per questo, essi si fanno obbedienti al destino che vuole che essi abbraccino questa singolarità, la difendano e in questo modo si vadano a collocare ai margini della società. Di qui la necessità, per Baudelaire e per gli altri, di rivolgersi al “male” per reclamare il diritto della singolarità, perché dalla parte del “bene”, sta l’uomo-massa. Se si afferra la logica di questa posizione si comprende, allora che la scelta di stare dalla parte del “male” è una posizione “strategica” e non già una scelta “malefica”, diabolica. In realtà, la nostra tesi è che, questi autori, insomma, vogliano salvare, per quanto possibile, una possibilità al “bene” che per loro è il valore di fondo della loro azione. Di qui la scelta “paradossale ” di “stare dentro” al male della modernità e di descriverlo direttamente, “dall’interno” si direbbe in maniera scientifica. Stare dalla parte del “male” è, allora, paradossalmente, stare dalla parte del “bene”, di un bene indicato, appunto, “al di là del bene e del male”, per dirla con Nietzsche. Il sesso; è uno dei temi che il libro di M. Refe tocca in questo rapido e chiaro testo, giustamente, perché è questo uno dei “temi” attraverso il quale passa la riflessione sul “male” degli autori della modernità. In effetti, dire sesso, significa dire corpo. Il sesso è il corpo che si rapporta. Il sesso è il punto di contatto dell’altro. Ma, cogliamo nel libro di M. Refe un punto “paradossale” e ricco di spunti per una riflessione che, partendo da qui, avanzi verso ipotesi a venire: si tratta del punto in cui M. Refe fa incontrare due “solitudini”, quella di Nietzsche, certo, ma anche quello, almeno per noi, inattesa di Sade! – (Scrive R Barthes, grande lettore sia di Nietzsche che di Sade, né “La camera chiara”: ” (la vita è fatta di piccole solitudini)”)- Ora, la solitudine, l’isolamento, il distacco dalla socialità, è considerato, nella logica dell’accumulazione, un “peccato”, un errore, se non un orrore. L’uomo che sta da solo è pensato essere capace di chissà quali pensieri abominevoli, innanzi tutto, prima ancora delle azioni. La società di massa, che all’apparenza sembra volere produrre delle singolarità consumatrici, nella sua forma più avanzata, in realtà aborrisce la singolarità solitaria. Se si riflette attentamente gli ultimi prodotti tecnologici- i cosiddetti “social network” spingono decisamente verso una pratica non solitaria, bensì infinitamente comunitaria, dell’uso di tali mezzi. Ma, per ritornare ai due modelli di solitudine indicati da M. Refe, potremmo dire che Sade, da una parte, può essere la chiave di lettura della solitudine in direzione della “potenza”- e in questo senso andrebbe ripresa la lezione che P. P. Pasolini nel suo ultimo film su una lettura di Sade versus Nazismo/fascismo in direzione dei nazismi a venire-, mentre Nietzsche andrebbe piuttosto collocato nella posizione di una solitudine votata alla “grandezza”. E’ in questo senso che M. Refe cita J. Derrida ” (1994: trad.it. 50 e segg.). Nietzsche ci accoglie- o meglio ci propone di entrare- in una comunità che nega la comunità, in un’unione di isolati, di singolarità non riducibili”. E’ riflettendo su quali danni abbia provocato l’esaltazione della “comunità” che Derrida tesse l’elogio della solitudine. Da valore, all’alba del capitalismo, l’uomo-massa diventa una manifestazione del “male”all’epoca della “post-modernità”. Tuttavia, come scrive ancora Derrida, forse noi non abbiamo ancora compreso appieno che cosa sia stato, che cosa sia, il nazismo, Per questo ci sono ancora preziose le letture di questi autori “maledetti” e la rilettura che ne fanno, infaticabilmente, lettori come M. Refe al cui incontro abbiamo cercato di donare qui un invito, seppure parzialissimo e aperto a futuri contributi, di lettura.
*foto Marco Sarti per Edizioni Damiano*
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