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Arte per Mare nelTitano
San Marino. Dalmazia, Titano e Montefeltro tra il primo Cristianesimo e Rinascimento San Marino-San Leo 22 luglio ”“ 11 novembre 2007. Una cerimonia di inaugurazione degna delle migliori occasioni è quella che ha accompagnato il 21 luglio scorso, l’apertura di questa affascinante Mostra.
“Arte per Mare” ha la peculiarità di svilupparsi nell’ambito di due realtà che la storia unisce attraverso i suoi Santi fondatori, San Leo nella provincia di Pesaro-Urbino e la Repubblica di San Marino.
Suggestivi e ricchi di atmosfera anche i luoghi dell’esposizione, da uno sperone all’altro dell’Appenino che si affaccia sulla costa romagnola, infatti se San Marino offre le logge sovrapposte che costituivano il chiostrino quattrocentesco dell’antico convento francescano, ora Museo di San Francesco, pregevole complesso architettonico, fondato nel 1361 ed edificato dai maestri comacini, in pieno centro storico, San Leo mette a disposizione le Sale del Palazzo Mediceo, edificato tra il 1517 e il 1523 al fine di ospitare il Governatore di San Leo e del Montefeltro per conto della Repubblica Fiorentina.
La Mostra, come da sottotitolo, intende ripercorrere le strade della fede e dell’arte che da sempre intrecciano i loro destini, tra la Dalmazia e il Montefeltro, lungo quella via che idealmente i due scalpellini Leone e Marino hanno tracciato, raggiungendo il territorio riminese intorno alla seconda metà del III secolo, lasciandosi alle spalle l’isola di Rab/Arbe.La storia ci insegna che è sempre esistita, anche se sottoposta a difficoltà notevoli di spostamento, una migrazione di genti, la stessa che conseguentemente porta con sé tradizioni, pensieri, costumi e arte. Usando una terminologia non propria si potrebbe affermare che le terre sono state soggette a continue impollinazioni, producendo nuova vita. L’arte è una vera espressione di tale osmosi e nella cura di “Arte per Mare”, i curatori Giovanni Gentili e Alessandro Marchi hanno voluto illuminare un vasto periodo storico attraverso porte di accesso meno note. Infatti se il mare fa da padrone, tramite Venezia, come via del commercio e quindi dell’arte, la sella appenninica, attraverso le ”˜bocche’ montane che collegano, oggi come allora, le Marche settentrionali e la Toscana, con la Romagna e il mare, un’altra via d’arte e di cultura non meno importante.
La città da cui ci si stacca per intraprendere questo viaggio che terminerà al di là del mare Adriatico e solo dopo molti secoli, è Salona, oggi Solin, la più grande città della Dalmazia romana, a due passi dall’odierna Spalato che offre ancora oggi alla vista del visitatore insigni monumenti di età paleocristiana. Di qua, c’è ad attendere i viaggiatori Ariminum di cui restano testimonianze significative su tutto il territorio e nell’entroterra, come sul “sasso” dell’odierna San Leo, come pure sul Monte Titano. La prima parte del ”˜viaggio’ in Mostra, si compie a San Leo, che ripercorre la storia dal primo cristianesimo, vissuto in Dalmazia e tra Romagna e Montefeltro. Arco di tempo in cui si muovono i due scalpellini Leo e Marino, la cui vita li conduce alla beatificazione prima e alla santità poi. Alcune fonti dicono che sarebbero giunti a Rimini come discepoli e fedeli di Gaudenzo, pastore della città , ucciso di là a poco a motivo della sua fedeltà alla Chiesa di Roma. Corre l’anno 359 e le lotte teologiche si susseguono, minacciando l’unità e l’integrità dell’Impero Romano.
Della vastità e dell’importanza ricoperta da Ariminum, sono documenti preziosi numerosi rinvenimenti archeologici del IV secolo, per lo più splendidi pavimenti a mosaico provenienti da dimore patrizia disposte dentro la cerchia urbana. Di questa primitiva comunità cristiana si hanno notizie archeologiche certe proprio a partire da quel momento, sono oggetti di uso quotidiano e un frammento di sarcofago di grande bellezza, destinato ad una sepoltura importante, scolpito ad altorilievo con una scena di non semplice identificazione. Per la prima volta sono visibili al pubblico l’altare dell’edificio di culto e un piccolo cofanetto d’argento destinato a contenere preziose reliquie. Dall’altra parte dell’Adriatico, a lasciare per prima le sue impronte a Salona che informa eloquentemente della diffusione dei primi secoli del cristianesimo. A seguire oggetti di grande importanza e bellezza provenienti dagli insigni monumenti di età paleocristiana: basiliche, battisteri, necropoli. E’ il caso del “Buon Pastore”, scultura del IV secolo, icona per eccellenza del nuovo linguaggio figurativo cristiano. Anche l’avvicendarsi di tempi difficili dovuti alle invasioni barbariche su entrambe le sponde del mare, documentato da insolite, drammatiche testimonianze. Il percorso della mostra a Palazzo Medici di San Leo si apre su due poderosi ritratti di una coppia imperiale del IV secolo. Prende vita ad un tratto la croce vittoriosa a rassicurare il trionfo di Cristo e del bene su quei tempi tragici.
Un gioco, o forse una ”˜guerra’ tra luci e ombre, su cui si afferma la vittoria del Redentore e la nuova civiltà di cui la Chiesa è messaggera e artefice. Ma sorprendere maggiormente il visitatore è lo stupefacente volto di Cristo, dipinto sull’antica croce del Duomo di San Leo, databile alla fine del XII secolo, miracolosamente ritrovato sotto una più recente pittura proprio pochi mesi fa. E’ il volto di un Cristo trionfante, dai grandi occhi aperti, immagine tipicamente bizantina diffusasi in Italia e pervenuta in pittura in non molti esemplari. Qui ha termine il percorso espositivo della prima sezione della mostra che si riapre a San Marino che espone le testimonianze relative al periodo successivo e quindi del passaggio di pittori e scultori attratti dal polo di Urbino e della sua corte o incuriositi dalle novità che, dalla sponda dalmata, raggiungevano la penisola al seguito della straordinaria creatività di Francesco e Luciano Laurana, l’uno scultore, l’altro architetto e di Giorgio da Selenico.
Si è in pieno Quattrocento e gli scultori sono Niccolಠdi Giovanni Fiorentino, Giorgio di Matteo Dalmata, Cosimo Rosselli, Giovanni Ricci, Giovanni Dalmata. Pittori come Giorgio Schiamone, Carlo e Vittore Crivelli, i fratelli Vivarini. Le loro opere, presenti sulle due sponde e sull’entroterra segnalano le profonde novità che si andavano affermando in senso rinascimentale, senza tradire però la grande passione e l’amore tutto adriatico per i colori dell’oro, per le trasparenze del mare, retaggio orientale duro a morire, per fortuna. Infatti, quello che arriva immediato al visitatore è questa luce abbagliante, affascinante, proveniente dalle opere esposte, magistralmente illuminate e quindi riflettenti. E’ possibile ripercorrere in mostra spazi e momenti storico-artistici ancora poco noti, nodi strategici destinati a definire ancora a lungo, molti aspetti della vita e della cultura delle popolazioni adriatiche. E’ certamente un appuntamento da non perdere, un’occasione di arricchimento unica che lascia dietro di sé una scia di luce.