ilmoséArte
Roberta Fanti and PivART
Bologna. Mostra dell’artista Roberta Fanti dal 23 giugno al 19 settembre alla Galleria Piv Art. Roberta Fanti cammina sul sottile confine tra sacrificio e santità , dolore e piacere, sadismo e masochismo accosta immagini che costruiscono percorsi semantici filosofici e psicologici.
L’Artista attraversa antichi scenari religiosi, riti orientali, mondi onirici e primitivi abitati da animali che vivono su di una terra in cui ancora non è comparso l’uomo, colpita da fulmini ed avvolta dalle tenebre.
Realizzati con una perfezione assoluta, lucidi e puri, i suoi lavori evocano primordiali stati d’animo confusi tra desideri, istinti, ansie e predizioni, e restituiscono all’uomo, attingendo dalle sue stesse ossessioni tradotte in oggetti visivi con la fotografia e l’elaborazione digitale, il suo magma umano misto di intelletto e paure antiche. Nella serie “Les Pà©cheurs”, immagini cupe, rosee carni torturate nel buio, come risorte da un medioevo richiamato a vivere, si accostano a frasi latine tratte da preghiere e testi sacri e ne acquistano senso, e ne accentuano lo stridore è qualcosa di terribile ed incantevole allo stesso tempo è un Dio che ha perso la sua funzione protettrice è il piacere che si realizza oltre ai sacri precetti, oltre alla colpa, oltre al dolore, al castigo ed alla salvezza, ed allo stesso tempo, la sofferenza cui l’inganno di un Dio falsamente buono ha condotto gli uomini. Forte è il contrasto tra la tecnica utilizzata di impatto assolutamente contemporaneo, stampa lambda su alluminio di immagini fotografiche provenienti da internet ed altre da lei stessa scattate, e la scelta del contesto storico-religioso, che acuisce e risveglia le sensazioni ambigue giocate tra alternati stati d’animo.
Il terribile incanto si ripete anche in “Japanese Food”. Grandi opere dai colori accattivanti ed ammaliatori, cibo a cui il gusto non resiste, donne asiatiche dalle bocche carnose e desideranti, o dai corpi legati, offerte come oggetti, e poi toni sfumati, sempre tre immagini che ne formano una, sempre associazioni, sempre contrasti. Sempre quel senso dell’inganno che si avverte nel lavoro della Fanti, il doppio gioco, qualcosa che da un lato ti chiama e dall’altro, ne mostra la parte cattiva. Sempre corpi eletti a simboli come pagine bianche su cui segnare, più o meno consapevolmente, perversioni miste a desiderio.
Il cibo giapponese, che porta con sé una lunga storia filosofica, quasi ossessiva, di piacere estetico e di equilibrio visivo, ancor prima che del gusto, e quel particolare strano mondo della sessualità , in cui spesso il corpo femminile altro non è che oggetto di sadismo e perversione, insieme già nella cultura nipponica in molti dei suoi riti, viene riletto dalla Fanti accentuandone in modo seppur caramelloso e dolciastro gli aspetti più crudi, riconducendoli ad una realtà fatta di ingannevole bellezza oltre alla quale si avverte in paritario modo il desiderio, sia esso rivolto al corpo od al cibo. Ne consegue che la figura femminile risulti l”oggetto” al pari di ogni altro elemento delle sue opere. Non si avverte alcuna critica, da parte dell’autrice, allo stato delle cose che lei vuole rappresentare, ma soltanto la volontà di portare chi guarda, attraverso l’associazione visiva di tre momenti accostati, a riflessioni che possono di volta in volta oscillare tra le varie e contrastanti ipotesi e di lasciare ad ognuno la libertà di ogni pensiero.
Così anche per “The Creation”, la rappresentazione di una terra che ancora non conosce l’uomo, libera e terribile, in cui la forza della natura, pur nella sua bellezza, risulta oscura e minacciosa. Siamo nuovamente confusi tra la potenza meravigliosa e la paura ancestrale. Ed ancora è consegnata a noi qualunque conclusione cui possiamo giungere, passando spesso attraverso la sessualità , questa volta mediata da simboli meno espliciti ma non meno forti del serpente, il fulmine e il fiore. Il titolo della mostra, Closers, è nato dal lavoro della Fanti che prende di volta in volta significato attraverso l’associazione e l’accostamento di più immagini da leggersi in sinergia. Closers come le cose che hanno affinità tra loro, che vivono una accanto all’altra, come ogni fotogramma delle sue opere.