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Il “pazzo” Moi
Osvaldo e’ pazzo. Mi sono fatto questa domanda nel momento in cui mi sono sentito chiedere da lui, la disponibilità a scrivere alcune impressioni, che avrebbero accompagnato la presentazione della sua mostra.
Un critico d’arte, uno studioso, un giornalista potrebbero ,con perizia ed eleganza trovare le parole giuste per sottolineare l’impegno artistico,le capacità rappresentative e quantaltro appartiene all’universo della creatività e della poesia. Ma chiederlo a me,ad un semplice attore, un commediante mi e’ sembrata una follia.
Mi sono però lungamente interrogato su cosa puo’ spingere ,un uomo come Osvaldo, a pilotare macchine tecnologicamente spaventose, in situazioni estreme dove e’ richiesto il massimo della lucidità e del razionalismo,e con la stessa determinazione dare vita artistica alla materia, frutto di una creatività sensibilissima ed eterea. La pazzia, ma nella sua accezione più alta, più poetica, più “shakesperiana” in cui al Fool e’ data la magia del capire, del vedere cio’ che gli umani non capiscono e non vedono. Il movimento,l’armonia l’ironia anche lo sberleffo compongono un mondo di figure sfigurate,in una lenta trasformazione da oggetto a soggetto, senza pudori o formalismi. Una lenta ma inarrestabile tendenza alla trasformazione, al cambiamento, all’imperfezione alla disconoscenza, alla provocazione quindi alla non conformità anticamera chiara alla patente di follia. Quella follia, che se solo fosse minimamente interpretata, salverebbe il mondo che tanti “sani” contribuiscono a distruggere.
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