Editoriale
“Walter Tobagi. Giornalista”
“Walter Tobagi. Giornalista”. Si è intitolato così lo Speciale andato in onda su La 7 nel programma Omnibus – il 4 settembre alle 21:10. Dedicato alla scomparsa di un giornalista coraggioso che ha messo la sua vita ogni giorno in pericolo per amore di verità.
Lo Speciale su Walter Tobagi, condotto dal direttore di La7, Antonello Piroso… “Walter Tobagi. Giornalista”. Si è intitolato così lo Speciale andato in onda su La 7 nel programma Omnibus – il 4 settembre alle 21:10. Dedicato alla scomparsa di un giornalista coraggioso che ha messo la sua vita ogni giorno in pericolo per amore di verità. Lo Speciale su Walter Tobagi, condotto dal direttore di La7, Antonello Piroso, che già ebbe modo di fare una perfetta ricostruzione della drammatica vicenda di Enzo Tortora. Con questa sua nuova, dedicata all’inviato del Corriere della Sera la serata, l’intento è stato quello di non far perdere memoria, su quanti altri giornalisti che con il loro lavoro, sono stati fermati tragicamente da mani assassine, ma soprattutto, un coraggioso tributo ad un uomo che credeva nel suo lavoro, che è stato da Pirosi ben presentato sui teleschermi, e attraverso il racconto della drammatica vicenda che ha scosso Milano e l’Italia tutta negli anni di piombo, oggi, sappiamo qualcosa di più. Un’informazione importante anche per le generazioni che non ebbero modo di vivere gli anni di piombo, ma che hanno avuto la possibilità di conoscere un’altra faccia del giornalismo, la più nobile attraverso la vicenda Tobagi. Il 28 maggio del 1980 alle 11.10 viene ucciso a Milano, da un commando di giovani che appartengono alla Milano “bene”. Viene ucciso nei pressi di casa, mentre si stava accingendo a raggiungere la sua auto che l’avrebbe portato al Corriere della Sera. La “Brigata 28 Marzo” rivendicherà dopo poche ore l’assassinio. Walter Tobagi, aveva solo 33 anni, secondo la ricostruzione fatta dagli inquirenti, sono stati esplosi 6 colpi, l’ultimo per finirlo. Il giornalista colpito a morte, cade a terra, ai bordi del marciapiede. La moglie del giornalista, uditi gli spari, corse in strada, e tenendo per mano la figlia di appena tre anni, raggiunse il marito esamine, abbandonandosi al dolore, al pianto.
Walter Tobagi sapeva di essere nel mirino dei terroristi e le continue minacce ed il clima vissuto in quel periodo pesante e ben delineato dal giornalista Piroso nonché amico di Walter. La ricostruzione televisiva renda in chiaro la forte volontà che non fece arretrare dalle sue convinzioni il Tobagi, che continuò a scrivere senza timore di mettere a parte l’opinione pubblica di quanto veniva a conoscenza. All’epoca dei fatti, Walter Tobagi era uno dei più importanti giornalisti del nostro territorio, nonché presidente dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti. Il suo lavoro come cronista del Corriere della Sera, riguardava il fenomeno del terrorismo in Italia, che da lui venne rivoltato come un calzino, analizzato in modo critico. Una figura simbolo nel mondo del giornalismo, e nel quotidiano milanese ed il fatto che si occupasse di terrorismo lo resero vittima predestinata di un’azione criminosa ai suoi danni. Le cronache di allora e tutto ciò che venne scritto sulla vicenda, ci dicono che probabilmente il giornalista poteva essere salvato, difatti, giravano voci su un documento ufficiale che metteva in luce già nel 1979 il progetto criminoso dell’omicidio Tobagi, voci rese pubbliche ad una manifestazione dal Segretario del Partito Socialista di allora, Bettino Craxi e che portarono l’allora Ministro degli Interni, Oscar Luigi Scalfaro a rispondere sui fatti in Parlamento. Il documento in questione e di cui molti parlarono, si dice contenesse il progetto di quanto accadde, fin nei particolari, ma non venne mai reso pubblico, nonostante la grande eco che suscitò all’indomani della rivelazione.
Ma oggi siamo qui a ringraziare Antonello Piroso, che ha voluto metterci a parte, non solo del percorso giornalistico e coraggioso di questo uomo, ma anche dei suoi tormenti e delle paure che lo colpirono nel procedere della sua professione e del clima vissuto e che non contribuì certo a renderne facile lo svolgimento della sua professione. Ma andò avanti, pur sapendo che ogni giorno poteva essere l’ultimo. Oggi, chi ha fermato la vita del giornalista, ha contribuito, collaborando con la giustizia e per effetto di una legge che favorisce i pentiti, a mostrare e sgominare una rete terroristica che metteva paura nel nostro Paese. Non sta a noi dire qual’era la cosa giusta da fare allora, ma la vicenda, forse più di altre, lascia dell’amaro in bocca per come si è conclusa. Un giornalista esempio di come si dovrebbe svolgere la professione. Che sia per questo che sono pochi a meritare di essere chiamati “giornalisti”, perché a farlo ci si può far male? Grazie a Walter Tobagi, e grazie a tutti coloro che come lui, hanno lasciato una traccia indelebile nel mondo della carta stampata, e mai dovrebbero essere dimenticati, soprattutto, da chi la professione la svolge oggi. Farla bene, significa rispettare chi è caduto in quegli anni bui, dando la propria vita per onor di verità.