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Terapia e Pallottole
“Più volte è stata avanzata l’esigenza che una scienza sia costruita in base a concetti chiari ed esattamente definiti. …In realtà nessuna scienza, neppure la più esatta, prende le mosse da definizioni siffatte. Il corretto inizio dell’attività scientifica consiste piuttosto nella descrizione di fenomeni che poi vengono progressivamente raggruppati, ordinati e messi in connessione tra loro” (S. Freud).
“ANALYZE THIS” è il titolo originale del film “TERAPIA E PALLOTTOLE”, una commedia americana del 1999 diretta da Harold Ramis. La trama del film ruota intorno ai due personaggi, protagonisti : Paul Vitti – interpretato da Robert De Niro – e Ben Sobel – interpretato da Billy Cristal. È una commedia divertentissima, che narra della storia di un capo mafia, Paul Vitti, costretto ad appellarsi all’aiuto di uno psicologo (Ben Sobel) a causa di continui attacchi di panico dovuti a una profonda crisi esistenziale, che, ovviamente non è permessa a un boss della mafia. Chi meglio di uno psicologo potrebbe risolvere il problema? Il Dott. Sobel, ben presto si troverà coinvolto in una guerra tra gang, fino ad essere costretto, per risolvere i problemi del suo singolare paziente, a sostituirlo in una riunione fra boss mafiosi. Lo psicologo, subito si immedesima nella parte, fino al punto di creare scompiglio tra i capi mafia e occorrerà l’entrata in scena di Vitti per riportare la calma. All’uscita della riunione, una retata della polizia, porta all’incarcerazione dei boss, compreso lo psicologo, malcapitato, che continuerà la professione in carcere. È una storia singolare, che accende, inevitabilmente il sorriso dello spettatore, che viene messo di fronte ad un grottesco esempio di psicoanalisi, ma che, al di là dell’aspetto comico nasconde una problematica attuale. Infatti, il regista e il produttore, con questa pellicola, vogliono mettere in evidenza come nella moderna società la figura dello psicologo sia diventata di importanza fondamentale: tanto da essere necessaria anche ai mafiosi. I media e i telegiornali, soprattutto in Italia, ci danno una visione un tantino distorta di quello che è il compito dello psicologo: lo ritroviamo sempre operante in casi estremi, come delitti irrisolti, piuttosto che feroci, oppure nei casi di adolescenti più o meno spavaldi che combinano “marachelle” degne di nota per i giornalisti. In realtà non è così tremendo chiedere aiuto a un professionista della mente e dei comportamenti umani. Da noi è un tabu dire che ci si reca dallo psicologo: una debolezza che non deve assolutamente essere resa nota, una sorta di “vergogna”. Preferiamo dire che andiamo dal chirurgo plastico una volta alla settimana, perché lo fanno anche le star del cinema o della televisione e poi è “fashion” essersi rifatti il naso come la Shiffer oppure le tette come la Falchi, ma il fatto che non siamo soddisfatti, anche solo del nostro aspetto fisico, probabilmente nasconde un’insoddisfazione di fondo che andrebbe curata. Chi meglio dello psicologo potrebbe darci una mano? Capiamo meglio che cos’è la psicoanalisi: è la “teoria dell’inconscio”. Lo psicologo è colui che svolge un’indagine dell’attività mentale umana e la sua attività si rivolge soprattutto, a quei fenomeni psichici che risiedono al di fuori della conoscenza.In secondo luogo, la psicoanalisi è una prassi terapeutica: una cura, la cura dei disturbi mentali e comportamentali, basata sull’indagine delle dinamiche inconsce dell’individuo. Alla base di questi disturbi, ci sarebbe un vero e proprio “conflitto”, sulla cui natura Freud formulò tre ipotesi: Il conflitto tra la necessità di soddisfare il piacere interno e il necessario confronto con il mondo reale.
1) Il conflitto tra pulsioni sessuali e pulsioni dell’Io. Sempre più spesso parliamo con gente insoddisfatta. Quando ci si incontra la frase classica è : “come stai”. Il vecchio “bene grazie”, fosse anche solo per educazione, è andato in pensione. Oramai rispondiamo “come vuoi che vada?” oppure “insomma…i soliti problemi” alla meglio, per i credenti “come vuole Dio”. Tutte frasi che denotano un malessere diffuso, ma ben inserito nella società. Nel culmine della disperazione o del malcontento, la gente arriva al suicidio, piuttosto che a uccidere la famiglia prima di togliersi la vita: quante ne leggiamo di queste storie. Nessuno però si chiede mai: perché non andiamo dallo psicologo? O perché non ci rivolgiamo ad un Life Coach, figura dinamica e che in America sta riscuotendo molto successo e consenso? Quando abbiamo l’influenza chiamiamo il medico, quando abbiamo mal di denti andiamo dal dentista, quando siamo insoddisfatti? Aspettiamo che passi. Ci rifugiamo, forse, in false consolazioni, ma mai ci viene automatico recarci da figure professionali specifiche. In America, è molto diffusa la professione: addirittura nelle grande aziende viene inserito uno psicologo, ci si rivolge ad un personal coaching per allenarsi alla vita, da noi, permangono i sindacati.
2 ) Il conflitto tra pulsioni di vita e pulsioni di morte, al di là di ogni azione, più meno complessa, più o meno comprensibile, riassumiamo il concetto semplificandolo, la psicoanalisi è la cura dei nostri malesseri interni. Oggi, più che mai, abbiamo questo stato catatonico di malessere: abbiamo il malessere perché non riusciamo ad arrivare alla fine del mese; abbiamo il malessere per le guerre nel mondo; abbiamo il malessere per il problema dell’immondizia; abbiamo il malessere per le tasse da pagare; abbiamo il malessere per la precarietà del lavoro; abbiamo il malessere per la diffusione della pedofilia; abbiamo il malessere per la piaga del cancro; quante cose ci portano ad essere malcontenti, tristi e alle volte disperati.
Quante volte ci capita di andare in libreria e l’occhio, spesso, ci cade su titoli come “l’arte di essere felici”, “la felicità a portata di mano” addirittura oggi esistono in commercio volumi per future mamme con titoli come “vuoi che il tuo bambino sia felice?” oppure “come allevare un bambino felice”. Anche questo denota come tra noi dilaga questo senso di malcontento che non ci fa più apprezzare nulla della vita, eppure continuiamo a far perdurare questo stato di cose: ci chiediamo come potrebbe essere felice il bimbo di una mamma che è fondamentalmente insoddisfatta?
Oggi sentiamo parlare di mamme che rifiutano lo psicologo per i loro figli, perché solo per il fatto di essere i loro pargoli non possono essere “pazzi”. Sì cari lettori il problema è proprio questo andare in terapia non significa essere “pazzi”. Il solo fatto che ci andiamo denota come si sia razionalizzato uno stato di cose che ci impedisce di essere sereni con noi stessi e con gli altri. Stiamo razionalizzando solo di avere un problema e di volerlo risolvere. Questa non è pazzia cari lettori, ma buonsenso e voglia di vivere la vita ed investire nella stessa: difficile, dura, ma anche bella e unica.
Perché allora non cominciare a dare il buon esempio? Facciamo entrare nel nostro immaginario collettivo figure professionali e competenti come lo psicologo, un life coach, e chissà che la realtà non ci apparirà diversa, o modificabile, elaborabile.