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Voglia di tenerezza
“non si nasce donna, lo si diventa” diceva Simone de Beauvoir, ma senza entrare nel merito di questa costatazione lungamente ripresa dalla scrittrice, e senza scomodare Freud, guarderemo dentro un film dove madre e figlia a confronto, si muovono sullo sfondo di una tragedia che tocca fortemente la vita di Aurora, la madre e di Emma, sua figlia.
Emma, non risponde ai canoni cui la madre aspira per la figlia, quest’ultima, dinamica, combattiva, fuori dalle righe nei suoi comportamenti, ed anche con il suo matrimonio e la nascita dei due figli, non è mai riuscita ad ottenerne l’approvazione, anzi, Aurora nel film, rimarcherà a più riprese di non aver contratto un buon matrimonio ed aver scelto un uomo insignificante e nettamente inferiore a quello che avrebbe potuto aspirare. La terza gravidanza di Emma poi, non viene accettata da Aurora che intervenendo ancora una volta nella vita della figlia, le consiglia di sbarazzarsene. Eppure il matrimonio di Emma è sostanzialmente felice, nonostante le invadenze e critiche continue della genitrice. Il film cui rivolgiamo la nostra attenzione, Voglia di tenerezza, esplicita in chiaro il problema, la centralità del tema difatti, punta sul rapporto conflittuale tra due donne, la prima sulla cinquantina e la seconda, una giovane donna e figlia che ha sempre vissuto in modo difficile il rapporto con sua madre (Aurora). La vita scorre parallelamente per ambedue, Aurora, vedova ma ancora piacente, attiva un particolare rapporto di amicizia con un vicino di casa dalla vita singolare, un ex astronauta, mentre Emma si trova a dover affrontare una crisi coniugale, a causa di una relazione intrecciata dal marito con una sua allieva e che porterà avanti anche con il trasferimento di sede che vedrà la famiglia spostarsi. Come reagisce Emma? La situazione la mette in crisi, ma per tutta risposta si sente di dover rendere la stessa moneta d’infedeltà al coniuge, accettando le avances di un bancario, sino a rendere sempre più solido il legame nato per rabbia. La grave malattia che colpirà Emma, interromperà il ritmo della vita delle due donne, lo cambierà drasticamente. Emma muore, e Aurora prenderà in consegna i bambini che la figlia le affiderà in punto di morte. Nonostante le incomprensioni che hanno caratterizzato il lungo percorso di vita di entrambe, Emma sceglie sua madre a farle da vice per i suoi bambini e di occuparsene, certa che i figli riceveranno tutto l’affetto e le cure di cui avranno bisogno. Il compagno di Aurora, il bravo Jack Nicholson gioca un ruolo fondamentale in questa commedia strappalacrime, senza lieto fine, la sua presenza ha cambiato la madre di Emma, e lui stesso è cambiato accanto alla donna, ha trovato finalmente la sua stabilità… e una famiglia. Le donne che mostrano nei confronti delle figlie antagonismo, che le sentono rivali, o tentano di correggere la loro vita ad immagine e somiglianza proprie, si somigliano quasi tutte e somigliano ad Aurora ed Emma. Molte sono casalinghe frustrate, che non avendo più stimoli e non sentendosi più parte attiva nella vita della famiglia e del coniuge, tendono a riversare in maniera in maniera sproporzionata, quasi ossessiva, l’affetto di cui ancora dispongono, con un conseguente ipercontrollo sui figli che porterà inevitabilmente a conflitti visibili. Sono donne rimaste spettatrici di una vita in continuo movimento, che si sono date anima e corpo alla famiglia- il che è ammirevole- ma, disattendendo se stesse. La madre iperprotettiva, ama davvero sua figlia, e desidera per lei il meglio, ma non riesce a sconfiggere quella parte di se, da lei disattesa e che la porta a confrontarsi perennemente con la sua creatura, la gelosia femminile è una delle conseguenze che emerge da questi rapporti. La madre vive nel modo sbagliato la giovinezza della figlia, perché vede la sua, le tante possibilità che non si è concessa o non ha potuto concedersi. Credendo di vedere le loro figlie e le loro vite, vedono solo se stesse, una giovinezza vissuta in sudditanza di una famiglia che ha scelto per loro e si rianimano di vita nuova attraverso la vita delle figlie, con conseguente disagio vissuto dalle figlie. Queste madri, desiderano l’amicizia delle loro figlie, i loro successi, le sono sinceramente affezionate, ma al contempo ne vorrebbero partecipare alla vita. Una sorta di rinascita e realizzazione? Quella che a loro è mancata. Nate in una società dove la cultura dimentica di insegnare alle figlie l’amore per la madre, dove la figura maschile è ancora punto di riferimento e di forza, si agita una privazione che tocca inconsapevolmente molte donne, che vivono conflitti tra le pareti domestiche, a causa di una radice di stampo maschile che finisce per generare rapporti alterati tra madri e figli, allorquando questi si accingono ad uscire dal bozzolo familiare. Le figlie sono lo specchio nel quale rivedono se stesse, ma con molti più anni sulle spalle, mentre le loro scelte, sono le azioni che non potranno più compiere. Questo modo ambivalente di vivere il rapporto madre figlia, appartiene alla nostra società, le stesse mamme che sentono questo problema e lo vivono nella sua complessità, non l’hanno vissuto nella loro gioventù, è un problema nuovo del quale prendere coscienza. L e loro madri (nonne delle figlie), hanno vissuto una vita praticamente uguale, non potevano nascere competizioni, il cliché ripetendosi di madre in figlia, non mostrava dissonanze. La società era diversa. La famiglia nella sua architettura era più solida e distante da quella odierna, che è più fragile nella sua struttura affettiva. Oggi, madre e figlia si trovano ad essere le portabandiera di due generazioni a confronto, una sofferente delle troppe possibilità che avrebbe voluto avere e che la società non le ha messo in campo, e l’altra, la figlia, consapevole di una libertà che le permette di dare spazio ai suoi desideri, di realizzarli, di essere, se lo vuole, se stessa, di fare scelte audaci, rispetto a quello che era lo stile di vita delle nostre mamme e delle nostre nonne.
Chiaramente questi rapporti sono vissuti anche in maniera più dinamica ed equilibrata da quelle madri che hanno saputo portare avanti la loro crescita personale, oltre che partecipare attivamente alla vita familiare. A differenza delle donne che soffrono di un rapporto alterato con le figlie, perché non hanno potuto farlo. Voglia di tenerezza, alla fine è la storia di due vite, così vicini e distanti allo stesso tempo, che percorrono strade parallele vissute nel corso di trent’anni. Il titolo esplicita in chiaro ciò che mancava alle due donne, ma che poi, lentamente, riaffiorerà, quell’affetto e quel volersi bene che è naturalmente presente in tutte le mamme e le figlie del mondo. Il film prodotto, scritto e diretto da James L. Brooks è una commedia familiare costruita per sollecitare i buoni sentimenti, melodrammatica e sentimentale al punto giusto; un film per incassare. Ma al di là del fatto che sia nato per far cassetta, la pellicola diventa preziosa, perché punta il dito sui nuovi rapporti tra madri e figlie ed offre uno spaccato di vita interessante e non distante da quello vissuto da tante mamme e figlie al giorno d’oggi. Lacrime e nessun lieto fine, per questo film, ma la possibilità di riflettere, come madri e come figlie, su ciò che era ieri, e quello che è oggi. Una società in continuo divenire, verso la quale è doveroso per la famiglia partecipare al cambiamento, rifuggendo un passato che è ormai un ricordo, ma che può essere ricostruito e migliorato, affinché le famiglie possano rivivere una seconda giovinezza. Shirley MacLaine, Jack Nicholson e Debra Winger grazie alla loro partecipazione hanno permesso alla pellicola di impreziosirsi, e benché non possa trattarsi di un capolavoro della cinematografia americana, serve anch’esso a sciogliere quei nodi che troppo spesso fungono da ostacoli nel vedere ciò che non vogliamo accettare, il cambiamento, nel bene e nel male. La stampa americana ha celebrato Voglia di tenerezza, definendolo il miglior film dell’anno, noi, lo definiamo solo un film commerciale e studiato ad arte per portare gente al cinema, ma il risultato serve in ogni caso, a tutte le donne se sapranno coglierne il significato.