ASTROlogicando
Federico FELLINI: il poeta dell’Anima
Quali emozioni sperimentiamo, quando nel buio di una sala cinematografica la nostra mente si immerge nelle vicende narrate dal film che viene proiettato? Dalla facile risata dei films comici di cassetta, all’emozione fanciullesca delle pellicole di cartoons hollywoodiani, passando per il sottile brivido freddo suggerito dai films splatter e horror tutto riconduce al bisogno di risvegliare nello spettatore un’emozione precisa e sopita.
Un segno distintivo, un omaggio all’uomo della strada tradotto nel linguaggio delle immagini in modo sapiente dal cinque volte premio Oscar Federico Fellini. Nato a Rimini il 20 gennaio 1920 da famiglia piccolo borghese subisce fin da giovane il richiamo a una vita al di fuori degli schemi classici. Lascia lo studio e si butta, complice la grande versatilità nel maneggiare la matita, nel mondo della caricatura (collaborerà dal 1938 al famoso Marc’Aurelio di produzione capitolina) ironica riscuotendo notevole successo. Il film, Palma d’oro al Festival di Cannes, suscitò enorme scandalo, per la dissacrazione di taluni valori religiosi e morali che in un’Italia fortemente dominata dalla presenza democristiana costituivano l’ossatura della morale corrente.
Nel 1963 il terzo Oscar con “8 e mezzo”, storia di un regista che racconta i suoi momenti di crisi come uomo e autore, le difficoltà nell’armonizzare i molteplici aspetti della sua professione, il timore di deludere le aspettative, il tentativo di conciliare fantasmi e ricordi del passato con il presente. Si trasferisce nel 1939 a Roma e frequenta il mondo dell’avanspettacolo e della radio, dove conosce, fra gli altri, Erminio Macario, Aldo Fabrizi e Marcello Marchesi. Scrive copioni e gags e nel 1943 conosce, sempre in radio, l’attrice Giulietta Masina che interpreta il ruolo di Pallina in una pièce scritta dallo stesso Fellini.Si sposano nell’ottobre dello stesso anno e inizia un sodalizio artistico e di vita destinato a durare cinquant’anni.
La Masina sarà, infatti, la sua attrice preferita e interprete meravigliosa delle pellicole più toccanti. Un ruolo che al maschile toccherà invece a Marcello Mastroianni.
E’ nell’immediato dopoguerra che inizia la sua ascesa nel panorama cinematografico italiano e mondiale.Nel 1945 l’incontro con Roberto Rossellini e la scrittura a due mani di “Roma città aperta” (interprete una strepitosa Anna Magnani) e di “Paisà”. Con Pietro Germi lavora alle opere “In nome della legge”, “Il cammino della speranza”. Con Lattuada collabora a “Il mulino del Po”, “Il delitto di Giovanni Episcopo” e “Senza pietà”.
Nel 1951 dirige il primo film da solo “Lo sceicco bianco” affondando il suo sguardo ironico e partecipe all’interno del mondo piccolo-borghese e dei suoi sogni. La trama narra dell’infatuazione di una giovane provinciale per un divo dei fotoromanzi. E’ nel 1953 con la pellicola “I vitelloni” (il primo “anarcoide” all’adolescenza riminese e ai suoi personaggi stravanti e patetici) che il suo nome varca i confini nazionali. L’anno successivo la consacrazione e il primo Oscar con “La strada”, storia di due artisti girovaghi nelle povere regioni italiane degli anni 50.E’ un abile affresco di uno spaccato di vita doloroso dove la piccola Gelsomina (interpretata dalla Masina) subisce i capricci, gli umori e le vessazioni dell’artista che le ha insegnato il mestiere e la sfrutta in modo vile, Zampanò.
Del 1957 è il secondo Oscar con “Le notti di Cabiria” dove una strabiliante Masina interpreta il ruolo della prostituta ingenua e generosa che paga con atroci dolori e disillusioni la fiducia che ripone nel prossimo. Nel 1959 “La dolce vita” segna lo spartiacque della produzione felliniana e si acuisce l’interesse per un cinema non legato alle tradizionali strutture narrative. L’omaggio al mondo onirico di ognuno di noi presente in “8 e mezzo” farà da filo conduttore anche per il film del 1965 “Giulietta degli Spiriti”, parabola al femminile che fa riferimento alle ossessioni e ai desideri di una donna tradita.
Il “Satyricon” del 1969, che narra le vicende della Roma imperiale del periodo della decadenza è un ulteriore tentativo di avvicinare passato e presente. Il passato, la sua Rimini degli scherzi e goliardate con gli amici, e il presente, visto come confronto diretto con le idee dei giovani contemporanei L’omaggio alla sua città trova la piena esaltazione in “Amarcord” del 1973, pittoresco affresco della Rimini anni Trenta con i suoi personaggi grotteschi, che opportunamente rivisitati e corretti, a seconda della trama del film, tornano e ritornano in ogni sua produzione soprattutto del primo periodo. Il pubblico gli tributa il dovuto trionfo, la critica gli attribuisce il quarto Oscar. Gli anni ’70 sono caratterizzati dagli esperimenti sull’uomo. Del 1976 è “Casanova”, il grande seduttore in chiave postmoderna, nel 1979 in “Prova d’orchestra” ritrova il gusto per la caricatura e la beffa. Con “La città delle donne” del 1980, protagonista Marcello Mastroianni, Fellini approccia il “pianeta donna” in tutte le sue sfaccettature. La donna che acquisisce coscienza del sé e rivendica il suo posto all’interno della società, ormai radicalmente mutata dagli anni Cinquanta. Il declinare della vita, gli anni che passano lo spingono, attraverso la metafora di “E la nave va” del 1983, storia del funerale per mare di una famosa cantante lirica, a rivalutare il concetto stesso di vita, alle soglie dell’età senile.
“Ginger e Fred” del 1985, protagonisti due spettacolari Mastroianni e Masina, è un “amarcord” al mito della radio, primo amore di ragazzo degli anni Trenta e Quaranta. Il ritorno di due ballerini ormai in pensione è l’occasione per elaborare un giudizio di merito sul mondo moderno. Era meglio il passato, dove il talento andava dimostrato sul campo, o è meglio il presente, in cui la televisione commerciale e la pubblicità decretano senza appello il successo di un personaggio? Nel 1990 “La voce della luna” segna l’epilogo di una produzione senza pari. Con gli occhi rivolti al passato ormai lontano, la nostalgia fa da padrona. E allora tornano i semplici di cuore, quelli capaci di “ascoltare” le voci della natura, i suoi bisbigli, lontano dal frastuono delle città. Il passato è fatto di stenti, della difficile sopravvivenza di un mondo che ogni giorno si rigenera dalle ceneri del giorno precedente (pensiamo ai baracconi dei circhi che vengono smontati e rimontati). Ma nel passato si cela anche il segreto della felicità fatta di piccole cose. L’osservazione dei fenomeni naturali, la pioggia, il sussurro della vita che anima le campagne di notte. Nel 1993, pochi mesi prima di spegnersi riceve il quinto Oscar alla carriera.
Nel dovere analizzare la figura di Federico Fellini alla luce di una valutazione astrologica vediamo che si colloca zodiacalmente come un Capricorno ascendente Bilancia. La concretezza della Terra unita alla levità dell’Aria che alleggerisce e mitiga i picchi più severi. Da buon Capricorno, dominato dal pianeta Saturno, ha da un lato dimostrato la natura più intimistica di questo segno proprio nella descrizione dei suoi personaggi ingenui e deboli, quasi inabili nell’accettare le prove della vita. Figure perse nei sogni e nei ricordi, che ingenuamente vivono nella loro mediocrità accettata come un male ineluttabile. L’ascendente in Bilancia lo rende facile comunicatore e addolcisce i tratti più aspri del carattere Capricorno. L’Aria trova voce nella descrizione fantastica, nell’ironia graffiante e patetica, nella provocazione e nella satira. La personalità che emerge è duttile e lungimirante, sorretta da un Saturno prudente e tenace, e nello stesso tempo capace di esprimersi in tutte le sue potenzialità. Da dove deriva una vena creativa così fuori dal comune? Da una Luna in III Casa, nel settore governato da Mercurio e rappresentativo della comunicazione e della percezione intellettuale e da una bellissima posizione di Nettuno in Leone, una sosta generazionale per i nati compresi negli anni tra il 1915 e il 1929. Nettuno, grazie alla simbolica presenza del Sole, è indubbiamente privato della sua necessità di fuga ed anche il suo potere di deformare la realtà viene meno: tutto si traduce positivamente in un buon equilibrio tra creatività e fantasia, senza cadere nei tranelli evasivi di Nettuno. Un importante Giove in Leone esalta al massimo la gioia di vivere e fornisce una buona dose di coraggio nell’affrontare le avversità. La genialità dove trova spiegazione? Urano, in V Casa simboleggia il talento creativo e l’originalità. Il terreno appare quindi fertilissimo affinché l’ingegnosità e l’amore per lo sperimentalismo prendano piede. Il soggetto dominato da una tale presenza convive con un mondo interiore fervido e in fermento perpetuo. La conclusione migliore e più genuina di un tale genio creativo scaturisce dalle sue stesse parole. “La mia vocazione più autentica mi sembra il rappresentare quanto vedo, quanto mi colpisce, mi affascina, mi sorprende”.
Talora il divertimento, a volte la tenerezza, spesso la sferzata di violenza che genera disapprovazione o facile esaltazione. Quanti cineasti ci hanno viceversa invitato a godere della semplice visione della vita così come si snoda, con le sue gioie e sofferenze, nella sua parca semplicità della quotidianità piccolo borghese? Chi si è soffermato ad analizzare il tormento antico dell’uomo solo con le sue angosce davanti all’incognita del futuro? Molte domande a cui possono corrispondere più risposte precise e puntuali. La summa di questa breve introduzione ha lo scopo di far riflettere su di un personaggio che, con il suo lavoro, ha lasciato un’impronta indelebile nel panorama cinematografico italiano e mondiale.
* in foto Federico Fellini, di Catia Donini Associazione Felliniana Rimini*