EsoteriKaMENTE Sognando
Per un pezzo di PANE
Il cibo è il nutrimento primordiale dell’essere umano, il quale nel corso dell’evoluzione ha costruito un sistema di approvvigionamento sempre più complesso e ricco di significati simbolici. Se nel Medioevo, la caccia e l’agricoltura, erano attività elettive per procurarsi il sostentamento giornaliero, nei secoli successivi, il cibo diventa un simbolo di piacere e di peccato, e l’esercizio di cercarlo per non morire di fame, è praticato dalle fasce più povere della società.
Il clero e i monarchi, per esempio, godevano di privilegi tali da permettergli di saggiare l’esperienza del cibo esclusivamente sulla base del godimento che esso produce. La Chiesa, attraverso le letture del Nuovo Testamento, narrò i miracoli di Gesù, come la moltiplicazione del pane e dei pesci, la trasformazione dell’acqua in vino, enfatizzando il valore della cristianità e della fede nell’Ultima Cena. Al cibo è sempre stata attribuita una forma precisa con un valore simbolico, per esempio l’uovo rappresenta il rinnovamento periodico della natura, del ciclo delle rinascite ed è stato cristianizzato e perciò identificato con la rinascita del Cristo.
Il cibo in quanto corpo estraneo che si introduce nell’organismo attraverso la bocca, la prima forma di apertura verso il mondo relazionale, ha come protagonista la madre, colei che nutre e accoglie con amore i bisogni del bambino, ma contemporaneamente è considerato nella nostra società minaccioso e potenzialmente deleterio per la salute. Esso include bisogni, paure e desideri, così che il gesto tradizionale dell’alimentazione che consiste nel riunirsi a tavola, diventa un modo per esorcizzare sentimenti contrastanti e conflitti irrisolti, ingoiando e inglobando nel Sé, ciò che preferiamo.
La relazione con l’altro imposta dal convivio (cum vivere= stare insieme) permette alle persone di conoscersi, e svela l’identità etnica e culturale dell’individuo. Il cibo vegetariano, salutare, asettico e anaffettivo, sottolinea un modo di essere che è diverso rispetto a chi si nutre di pietanze iperproteiche o di soli carboidrati.
Comunicare, usando il cibo come mediatore, è l’occasione per dare il là a dinamiche sociali di ritrovo e di svago. L’atto del mangiare riveste molteplici significati, e va analizzato in base al modo in cui si manifesta, quando il soggetto avvicina il cibo alla bocca con avidità e ingordigia, come a volerlo divorare, esprime un atteggiamento compulsivo, egoista e senza rispetto dei limiti. Al contrario, il cibo che resta nel piatto, è rifiutato, vissuto come minaccioso e privato del suo valore affettivo, non viene incorporato dentro l’organismo, perché sarebbe rigettato dalla digestione psichica. Lo scarto è l’amore rifiutato, il bisogno negato, o una regola imposta dall’esterno che proprio non va giù. Il “cannibalismo” dell’anoressica rappresenta la negazione del cibo portata agli estremi patologici. Evitando di nutrirsi, l’anoressica scava dentro il suo corpo, e guidata da un processo masochistico di difesa da sentimenti e bisogni insoddisfatti, “mangia” se stessa fino a ridursi scheletro. Visto le implicazioni di natura relazionale che il cibo sollecita, esso è anche parola. Diviene linguaggio dell’Inconscio, di una sofferenza depositata nell’ombra della consapevolezza e che sembra dirottare ciecamente il destino del soggetto. Il cibo si veste di molteplici identità attraverso la parola o l’assenza di essa, può essere l’ingordigia di un logorroico, oppure il pasto solitario di un depresso. L’inconscio si nutre di amore e desiderio, ricordi e vissuti emotivi di natura opposta fra loro, tutto questo è cibo.