ERRANZA
Il desiderio umano dell’ignoto, dello sconosciuto, dell’altrove non si è mai placato. Nei secoli abbiamo solcato i mari con gusci di noce, sospinti dalla voglia di conoscere e conoscerci. L’erranza ha deciso che la specie umana dovesse espandersi per tutto il globo terrestre.
E l’uomo moderno? Finita la necessità, la curiosità, il bisogno, cosa resta all’uomo tecnologico, all’individuo sempre aggiornato al limite del parossismo? Quale nuova erranza può desiderare questo figlio satellitare, sempre connesso con le notizie, quale desiderio? Leggiamolo dentro un sottile filo di solitudine questo nuovo desiderio di erranza e capiremo che abbiamo bisogno di ritrovare un “dentro” sacrificato al “fuori” ciarliero, rumoroso, colorato.
Se la spinta propulsiva dei primi ominidi fu la necessità di territori di caccia, essa divenne ben presto voglia di espandere le proprie conoscenze, perché dal non-conosciuto noi mutuiamo il sapere. Viandanti nel mondo, la nostalgia nel cuore, ma lo sguardo verso nuovi territori, nuove terre, nuova gente.
Scesi dall’albero e raddrizzata la schiena abbiamo ampliato l’orizzonte dei nostri occhi, volgendo lo sguardo verso luoghi nuovi, i posti “dell’altrove”.
Abbiamo nostalgia della terra interna, dell’antica madre sapiente, delle stagioni della vita che scorrono scandite dagli accadimenti maturi e coscienti che ogni età necessariamente richiede. L’uomo moderno sente il bisogno di ritrovare momenti di silenzio, non importa quanto lunghi, ha nostalgia della vita fatta a mano che si dipana secondo una logica non dettata dall’apparire, ma dall’esserci in presenza. La nuova erranza è ritrovare l’antico territorio della consapevolezza, quella che ci ha sempre fatto intendere che il nostro vivere è un passaggio, un refolo di vento nella grande storia dell’umanità; possiamo sentirci onnipotenti, forti, capaci di dominare gli elementi, è essenziale invece darsi obiettivi ragionevoli dettati dal cuore, rispettosi dei ritmi, delle persone che ci circondano, dei deboli, degli ultimi, dell’infanzia. La nuova erranza è la ricerca dell’uomo che si vede iscritto in un universo interconnesso con la natura e con il trascendente.
Sconfitta la paura con la scienza, riposta la divinità in una teca abbiamo pensato di essere immuni dagli accidenti psichici e fisici; la verità è che in questo modo abbiamo solo rinunciato al dialogo profondo con il divino. Perché questo ci manca: la capacità di leggerci dentro un disegno più grande che non si esaurisce con la vita terrena, ci manca la vera patria, quella dove abita la nostra anima. Riprendiamoci la nostra vita, concediamoci una riflessione intensa e anche dolorosa della nostra esistenza, riconfiguriamo la nostra mente concedendole uno spazio segreto dove viaggiare come gli antichi romei, un bastone, una conchiglia, un manto di stelle per coltre.
- VIA
- Chiara Grossi