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“Gli strani casi del dottor Jeckyll, Sherlock Holmes e Jack lo Squartatore”
Londra. Epoca vittoriana. Trionfano la scienza e la tecnologia. Si diffonde la povertà, il lavoro minorile, la prostituzione. Il volto della città è trasformato dalle svettanti architetture del Rinnovamento Gotico. Compaiono i bassifondi. Il Positivismo è applicato a tutti i campi dell’esistenza. Lo spiritismo, l’ipnosi e altri eventi paranormali diventano delle popolari forme di intrattenimento.
La fotografia preserva dal tempo i volti di quel periodo che portano nomi immortali: la regina Vittoria, il Primo Ministro William Ewart Gladstone, e poi George Bernard Shaw, Charles Darwin, Robert Louis Stevenson, Bram Stoker, Oscar Wilde, Arthur Conan Doyle, Joseph Rudyard Kipling fra gli altri. Ma di un uomo, uno di questi celebri figli della Storia, non abbiamo né nome né volto. Eppure nessuno meglio di lui ha incarnato la doppia fronte della Londra vittoriana, una luminosa e razionale, l’altra oscura e violenta. Le classi lavoratrici vivono nella miseria, 16 ore al giorno nelle miniere di carbone, e poi nella promiscuità di un’unica stanza per famiglia. Le strade si illuminano di lampioni e si affollano di ragazzini: le femmine si prostituiscono, i maschi rubano. Ascende la borghesia con i suoi solidi valori morali, di onestà, lavoro, famiglia. Nel 1886 viene pubblicato “The Strange Case of Dr. Jeckyll e Mr. Hyde”; nel 1887 appare per la prima volta Sherlock Holmes; nel 1888 cinque donne vengono assassinate da quest’uomo senza volto e senza nome, identificabile soltanto in tre parole: Jack the Ripper.
I tre eventi sono così ben amalgamabili fra loro che potrebbero essere uniti in una sola storia. Potremmo immaginare allora Sherlock Holmes indagare sui cinque omicidi. Perché non sempre il detective si occupa di casi dietro compenso, o di questioni che mettono in pericolo l’Impero: ciò che gli interessa è per lo più l’Insolito, i particolari “strani” che stimolano la sua curiosità, perché dice che “la vita è infinitamente più bizzarra di qualsiasi fantasia che la mente dell’uomo può concepire”. O semplicemente decide di aprire la partita con lo Squartatore perchè una delle donne uccise era la madre di uno di quei ragazzini di strada di cui si serve per raccogliere le informazioni ufficiose. Mentre Holmes, sotto uno dei suoi travestimenti più classici, il vetturino, il mendicante o l’ubriacone, si inoltra per le strade malfamate di Whitechapel, il dottor Watson, lasciato l’appartamento al 221b di Baker Street, si incammina verso il laboratorio di un suo collega, forse un suo amico o solo un conoscente, il dottor Henry Jeckyll. Noi appassionati lettori di noir potremmo spiegare a Watson perché ultimamente Jeckyll ha un comportamento “strano”, perché per lunghi periodi si chiude in casa, perché è spesso inquieto, perché ha designato come sue erede universale un certo Mr. Hyde, un uomo piccolo, ripugnante e villoso, che entra liberamente nel suo laboratorio e utilizza il suo denaro. “Hyde era pallido e simile a un nano, dava un’impressione di deformità senza nessuna visibile malformazione, aveva un sorriso sgradevole (…), la sua voce era suonata rauca, mormorante e talvolta rotta.”
Hyde è stato accusato dell’omicidio di Danvers Carew, ma se Hyde nella sua estrema ferocia avesse assassinato anche Mary Ann Nichols, Annie Chapman, Elizabeth Stride, Catherine Eddowes e Mary Jane Kelly? Le avesse sgozzate e poi mutilate, dimostrando di avere quelle conoscenze mediche che solo la memoria di Jeckyll può conservare?
Sicuramente anche stavolta Sherlock Holmes arriverà a risolvere il caso, con il suo metodo deduttivo; ma nonostante un breve corpo a corpo fra la fisicità magra e nervosa del detective e quella piccola e tozza, ma ugualmente agile di Hyde, Holmes non riuscirà a catturare l’assassino: Jeckyll, rinchiusosi nel suo laboratorio, si suiciderà con una dose di acido prussico e trascinerà con sé nella morte il suo alterego. Queste poche righe potrebbero essere il soggetto di un film. Ma ancora più sconcertanti di questa storia inventata sono gli elementi comuni alle tre vicende, che esprimono quella che doveva essere l’atmosfera, la coscienza, il flusso culturale e ideologico di quel momento storico.
Prima di tutto la connessione fra crimine e medicina, e non si tratta semplicemente dell’affermazione della figura del medico legale. Ci sono tre figure evidenti di medici: Jeckyll, Watson e lo Squartatore, un medico, o comunque un esperto di anatomia, secondo l’ipotesi più accreditata. Ma c’è anche una quarta figura, nascosta sotto la maschera di Holmes: Joseph Bell. In una intervista apparsa sullo Strand Magazine nell’agosto del 1982 Sir Arthur Conan Doyle affermò infatti di aver plasmato la figura dell’investigatore sul modello del medico chirurgo Joseph Bell, suo insegnante a Edimburgo (Conan Doyle stesso infatti era medico).
Anche la descrizione di Holmes calza perfettamente a Joseph Bell: “Persino la sua persona e il suo aspetto erano tali da colpire l’attenzione alla prima occhiata. Era alto quasi un metro e novanta, ma la sua straordinaria magrezza lo faceva sembrare ancora più alto. (…) il suo sguardo era acuto e penetrante e il naso sottile aquilino conferiva alla sua espressione un aria vigile e decisa. Il mento era prominente e squadrato, tipico dell’uomo d’azione. Le mani invariabilmente macchiate d’inchiostro e di scoloriture provocate dagli acidi, possedevano un tocco straordinariamente delicato.”
Bell, discendente di una nota famiglia di chirurghi scozzesi, è stato il vero inventore del metodo deduttivo, perché attraverso l’osservazione era capace di diagnosticare non solo le malattie ma anche altre caratteristiche di un individuo, come il mestiere o le attitudini: Conan Doyle racconta diversi aneddoti dove appare evidente questa capacità del suo professore.
Bell sosteneva infatti che: “saper individuare e valutare in maniera precisa e intelligente le differenze più minute è il fattore veramente essenziale in tutte le diagnosi mediche di successo (…) occhi e orecchie per vedere e ascoltare, memoria per ricordare subito e per chiamare alla mente al momento opportuno le impressioni sensoriali, un’immaginazione capace di imbastire una teoria o di rimettere insieme gli anelli di una catena spezzata o di districare un filo impigliato: questi gli strumenti di lavoro di un diagnostico di successo”; identica è la considerazione di Sherloch Holmes, secondo cui “da una goccia d’acqua (…) una mante logica potrebbe dedurre la possibile esistenza di un Oceano Atlantico o delle cascate del Niagara, senza mai averli visti e aver sentito parlare di loro. In modo simile la vita non è che una grande catena di cui possiamo conoscere la natura osservandone un solo anello. Al pari di tutte le altre arti, la Scienza della Deduzione e dell’Analisi si può acquisire unicamente attraverso lunghi e pazienti studi (…). Prima di occuparsi degli aspetti morali e mentali della questione che presentano le maggiori difficoltà, lo studioso affronta i problemi più elementari. Incontrando un suo simile impari, con una sola occhiata, a dedurre la storia e il commercio o la professione che svolge (…). E che, da tutte queste cose insieme, un investigatore competente non possa risalire a un quadro d’insieme, è pressochè inconcepibile”. E per questo suo talento, il dottor Bell, l’alterego reale di Sherlock Holmes, fu interpellato da Scotland Yard per dare il suo parere sui delitti dello Squartatore.
Lo spazio interno comune alle tre vicende è il laboratorio, dove si svolgono ricerche, esperimenti, dove sono conservati le più disparate sostanze e vari oggetti. Un laboratorio chimico, ma per alcuni aspetti ancora vicino al suo antenato alchemico, o a quelle “wunderkammer” (camera delle meraviglie) tipiche della cultura nord europea, con animali impagliati o sotto alcol, amuleti, libri impolverati, macchine anatomiche, erbe, veleni, ampolle…
Il laboratorio di Jeckyll“era una grande stanza piena di vetrine a muro e arredata, con un grande specchio e un tavolo da lavoro; tre finestre polverose protette da inferriate davano sul cortile. Il fuoco ardeva nel caminetto, sulla mensola c’era una lampada accesa (…).”; il laboratorio di Holmes, perfettamente ricostruito nella casa-museo al 221b di Baker Street, occupa un angolo del salotto al secondo piano. Nel caso di Jack non è visivamente presente il laboratorio, ma è possibile immaginare un luogo dove egli conservi i trofei macabri che asporta dalle sue vittime; famoso è l’episodio in cui George Lusk, capo del comitato di vigilanza di Whitechapel, riceve dallo Squartatore metà del rene di Catherine Eddowes conservato nell’aceto, insieme alla celebre lettera “From Hell”: “From Hell. Mr Lusk, Sor I send you half the Kidne I took from one woman and prasarved it for you tother piece I fried and ate it was very nise. I may send you the bloody knif that took it out if you only wate a whil longer.” (“Dall’Inferno. Mr Lusk, Salve Le spedisco metà del rene che ho preso da una donna e che ho preservato per lei. L’altro pezzo l’ho fritto e l’ho mangiato, era molto buono. Le posso mandare anche il coltello insanguinato con il quale ho estratto il rene se lei è disposto ad aspettare ancora un po’.”)
Per quanto riguarda l’ambiente esterno, le strade su cui camminano questi personaggi il più delle volte attraversano quartieri poveri, malfamati, i cosiddetti bassifondi che, in questo periodo, a seguito della rivoluzione industriale e della conseguente urbanizzazione, si espandono largamente. È, come abbiamo detto, l’altro volto di Londra, che contrasta con il grandioso Palazzo di Westminster ricostruito in quegli anni, con le ricche dimore borghesi, con la vita elegante e frivola dei teatri e dei club.
Nel giro di pochi anni si affermerà in Inghilterra il movimento femminile, (nel 1903 Emmeline Pankhurst fonderà la “Women’s social and Political Union”), ma ancora tutto ciò sembra essere lontano. Tutti protagonisti delle nostre tre storie sono, parafrasando Stieg Larsson, “uomini che odiano le donne”, in modo diverso: Mr. Hyde calpesta selvaggiamente una bambina proprio all’inizio del racconto; Sherlock Holmes è notoriamente un misogino, non tanto perché odia le donne, ma perché non si fida di loro; infine è superfluo dire come lo Squartatore le considera, come considera in generale la femminilità, visto come riduce gli organi genitali dei cinque corpi.
Arriviamo infine a quello che è forse il più importante comun denominatore di queste tre vicende: il tema del Doppio.
Nel “Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde” questo tema è assolutamente evidente: Mr. Hyde è “il lato oscuro” di Jeckyll, il dottore beve la pozione magica (elemento alchemico) e si trasforma; la ricerca della pietra filosofale da parte degli alchimisti era finalizzata alla trasformazione del piombo in oro, intesa non tanto in senso materiale, quanto metaforico, il ritorno all’età dell’oro, il raggiungimento della purezza, del benessere, etc. Qui succede l’esatto contrario: dopo il percorso in ascesa fatto dal Rinascimento all’Illuminismo verso il bene, il bello, l’ordine, l’Ottocento esplora il sentiero opposto, il male, l’istinto, il caos.
Così menti brillanti, superiori, “d’oro”, decidono razionalmente di degradarsi, tornare ad essere piombo, se non addirittura fango. Un medico stimato diventa Hyde; un uomo probabilmente colto, secondo alcuni pareri perfino appartenente alla famiglia reale, uccide per il puro piacere di farlo; un investigatore geniale si droga con la cocaina. Non è solo il fascino del male a guidarli: piuttosto è quel desiderio di conoscenza, quella brama di sapere, quella volontà di scoprire tipici della loro epoca, che li rendono uomini assolutamente moderni.
L’aterego in Stevenson nasce da una “magia”, in Jack deriva da una deviazione mentale, da una malattia, da una grave psicosi: sono perciò due forme eccezionali di alterità. Con Sherlock Holmes c’è un passo ulteriore: nel racconto “Il trattato navale”, interrogato da Watson di chi sospetta, risponde: “Sospetto di me stesso. (…) Di giungere troppo rapidamente alle conclusioni”. Si arriva alla consapevolezza che ognuno di noi ha una parte “oscura”, cioè nascosta nelle pieghe più profonde del proprio animo, che non si conosce, di cui si può solamente sospettare l’esistenza, senza vederla mai chiaramente. O meglio: solo a un uomo è concesso di vederla, appesa a una parete, elegantemente incorniciata. È Dorian Gray. (Oscar Wilde pubblica “The Picture of Dorian Gray” nel luglio 1890; secondo un’ipotesi provocatoria è fra i sospettati di essere lo Squartatore).
La strada è così aperta allo studio dell’Inconscio e alla nascita della psicoanalisi di Freud, convenzionalmente indicata nella notte fra il 23 e il 24 luglio 1895, notte del “sogno dell’iniezione di Irma”, il primo che Freud interpretò.
*Foto glistranicasi_di Maurizio Mazzoni. Disegno Sherlock di Gioia Corazza per Edizioni Damiano*