Vignettopoli
“I PRESI PER CASO” PRENDONO IL VOLO… IN MUSICA!
Una piccola cella di Rebibbia che diventa sala prove, la possibilita’ di “evadere” dal carcere con la musica, cosi’ nascono i Presi per Caso, gruppo culto, ormai della scena musicale italiana e non solo, recentemente ospiti di meeting europei e presentati al Maurizio Costanzo Show da Costanzo in persona…
Una formazione musicale di ex detenuti, che fa musica parlando di carcere e di vita, con il sorriso e l’ironia. Carcere e Ironia…sembra un’unione paradossale. C’e’ dell’ironia nel carcere italiano?
Diciamo che, innanzitutto, c’è dell’ironia nell’essere umano. Soprattutto quell’essere umano, come il detenuto, che vive la sua quotidianità come lotta per la sopravvivenza, per non farsi vincere dallo sconforto, dal degrado e dalla profonda solitudine. Il detenuto,in fondo, può partire solo da se stesso. Dentro la sua cella, ha solo se stesso. L’ironia, in tal senso, è la più bella invenzione per smitizzare la disperazione. Per farsela alleata o compagna. Le nostre canzoni e i nostri spettacoli, in tal senso, sono un ammasso di disperazione “amica” capace di far morire dal ridere.
Perche’ un gruppo di persone detenute decide di mettersi a suonare? Quanto tempo e quanto spazio avevate per queste attivita’ all’interno del carcere?
Lo fa per tentare di evadere. Non essendo riusciti a introdurre in carcere lime o utensili vari per segare le sbarre, abbiamo tentato di evadere almeno mentalmente, con la musica. Fortunatamente, all’epoca, a Rebibbia c’era un direttore molto sensibile all’arte (dott. Barbera n.d.r.) che ha accolto con entusiasmo la nostra proposta di adibire una piccola cella dismessa a sala prove. Il resto l’hanno fatto i nostri familiari e alcuni volontari riportandoci “dalla vita di fuori” i nostri vecchi strumenti. Tre ore al giorno di evasione ci hanno consentito di sviluppare positivamente le nostre energie e sfuggire all’inerzia e al degrado del regime carcerario. I vicini di cella, all’epoca, però, credo, la pensassero diversamente.
E poi e’ arrivato il “fuori”. Come l’avete vissuto?
E’ un po’ come la conta dopo una battaglia. Ci sono i superstiti, ci sono, purtroppo, quelli che non ce l’hanno fatta. Molti, alla fine, i “richiamati”. Il “dopo” del carcere è il momento più delicato, importante, anche tragico della vita di chi è stato in prigione. E’ stato stimato che durante i 40 giorni successivi alla scarcerazione ci si gioca praticamente tutto: è in quel momento che l’assenza di un lavoro, di un’occupazione, di una famiglia solida, trascinano la persona a ricommettere lo stesso errore se non addirittura a farla finita con la vita. Ecco perché sarebbe importante focalizzare molta attenzione su questo delicatissimo frangente. Ricordo che, all’epoca, avevo scritto un copione teatrale (Radiobugliolo n.d.r.) con una storia tragicomica ambientata su 24 ore di cella. Avevo composto anche un pugno di canzoni. Su una trentina di ex-compagni di prigione contattati, sono riuscito a “conservarne” una dozzina. Abbiamo debuttato nel 2004 al Teatro7 di Roma ed è stato un successone con oltre 50 repliche.
Spettacoli, concerti, musica e teatro senza rinnegare il passato individuale mi sembra di capire. Come reagisce il pubblico? Avete anche una pagina facebook molto molto seguita…
Il pubblico è calorosissimo. Straordinario. Abbiamo la fortuna di attirare gente diversissima e diversamente interessata al nostro progetto: c’è chi viene semplicemente perché ci considera una robusta rock-band che fa ballare, c’è chi viene per ridere grazie ai nostri monologhi, alle nostre gags teatrali, chi per riflettere su quanto diciamo. In ogni caso, la cosa più importante è che quello che facciamo crea un contatto fra due “mondi”. Due mondi da anni tenuti troppo distanti, separati e, per forza di cose, due mondi che avevano smesso di dialogare. Ecco, Avvicinare questi due mondi, farli conoscere, è il senso della nostra operazione.
Come dicevamo prima Maurizio Costanzo ha definito il vostro Recidivo Recital (con la regia di Enrico Maria Lamanna) come imperdibile e ha aperto una sua puntata mostrando la vostra locandina. Pensi che l’argomento sia diventato moda o ha ancora una sua forza parlarne? La chiave ludica cambia l’approccio?
Esatto. L’approccio è la cosa più importante. La gente deve essere avvicinata alla questione carcere e non allontanata. Basta forcaiolismi o, peggio, atteggiamenti buonisti e misericordiosi nei confronti dei detenuti. In tal senso, l’arte, il teatro, la musica sono linguaggi ideali per avvicinare la gente a questo problema delicato. Ogni cittadino considera il carcere come un problema non suo. Lo rimuove. Se ne tiene distante. Questo è un errore. La questione carcere è intimamente legata al benessere di tutta la società. Ecco, quindi, che se cominci a parlare del carcere in maniera diversa, rivelando l’aspetto più umano, paradossale ma anche i meccanismi più perversi e controproducenti di questa istituzione e lo fai con il linguaggio dell’arte, cominci a mettere la questione su un piano diverso: più comprensibile e, alla fine, più condivisibile.
Da poco con il progetto europeo Movable Barres, con il CETEC – Centro Europeo Teatro e Carcere, il Manchester College e altri partner sei stato tu come Presi per caso nel carcere minorile di Avlona (Grecia) e hai avuto piu’ di altri la capacita’ di avvicinare e parlare con i ragazzi. Perche’ secondo te?
Il detenuto ha la straordinaria capacità di scorgere, lì dove ci sono, le barriere che ha davanti. E’ una sua capacità. Un intuito che non so da dove derivi. Non parlo ovviamente di barriere fisiche. Ma di barriere mentali: il pregiudizio, la distanza, il preconcetto, il timore. Tutto Quello che pensi di lui. Il detenuto lo percepisce subito. Al carcere di Avlona, in Grecia, i detenuti hanno ovviamente capito che non innalzavo barriere: sono stato subito avvicinato da decine e decine di detenuti con cui ho avuto un affettuosissimo scambio di battute ma anche di dolorose riflessioni sulla condizione carceraria.
Sempre con Movable Barres porterai al meeting di settembre a Belfast con il CETEC di Donatella Massimilla uno spettacolo di Jail Song, c’e’ quindi una tradizione passata in proposito…sono cose che hai studiato prima, dopo e durante il carcere?
Da appassionato di musica rock, conoscevo ovviamente i concerti di Johhny Cash alla prigione di San Quentin, quelli di B. B. King a Sing Sing, il progetto di John Lennon per Attica State, tutta la tradizione delle canzoni della mala milanese dai Gufi a Ornella Vanoni. Ma poi, dopo l’esperienza carceraria, ho scavato più a fondo. Nella discoteca nazionale ho trovato parecchie registrazioni di vecchie ballate di galera ma, soprattutto, sono entrato in possesso di splendide registrazioni anni ’20 dei detenuti nero-americani del carcere di Parchman. Insomma c’è un filone narrativo e musicale sul carcere che varrebbe la pena da coagulare in una piece. il carcere è la storia dell’uomo privato di tutto: libertà, lavoro, amore, sesso. Rappresenta, pertanto, davvero il fondo esistenziale dell’uomo. Crearne un grande racconto attraverso l’utilizzo di tutte queste canzoni è, a mio avviso, un’operazione che merita di essere portata su un palco. In tal senso, conto molto sulla collaborazione di Donatella Massimilla.
Adesso in Italia invece inizierete il primo Jail Tour italiano…il tour all’interno delle carceri, come reagiscono i detenuti alle vostre canzoni?
Come il pubblico di fuori, entusiasmo alle stelle, e questo è già importante. Semmai l’imbarazzo iniziale è nostro perché adesso noi siamo fuori e sappiamo cosa significhi per loro quella condizione nonché quanto possa essere utile quell’ora e mezza di ebbrezza musicale che gli farà stare fuori dalla cella. In ogni caso, Per rompere il ghiaccio e abbattere ogni barriera, abbiamo preparato uno stacchetto musicale iniziale in cui noi riassumiamo gli anni che abbiamo trascorso in galera.
Last but not Least…perche’ Presi per Caso??
Perché abbiamo il gusto della parodia. La vita, soprattutto, quando ci riserva un po’ di amarezze, merita di essere presa un po’ in giro…
Particolarmente soddisfatta dell’intervista torno a casa, guardando le foto che ho scattato mentre Salvatore suona la chitarra. Porto con me un cd con dell’ottima musica, il ricordo di una piacevole serata, tanti pensieri e un consiglio per tutti i lettori di Vignettopoli: non perdetevi i concerti dei Presi per Caso…e seguiteli su FaceBook e su www.presipercaso.it.