Vignettopoli
Giovani: quale futuro?
Secondo l’ISTAT, nell’ultimo anno si registrata la crisi occupazionale pi grave dal dopoguerra. Quasi il 30% dei giovani italiani non studia e non lavora. Tanti emigrano, tanti sono precari o lavorano in nero: il futuro si dipinge a tinte fosche.
Gli Italiani, un popolo di santi, di poeti, di navigatori. E di bamboccioni. L’infausto termine ha visto la luce, ufficialmente, due anni orsono, quando l’allora neo-Ministro per la Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, defin cos tutti quei ragazzi, nella fascia d’et compresa tra i 18 ed i 30, 35 anni, ancora , economicamente, e logisticamente, poich non ancora usciti di casa per camminare nel mondo con le proprie gambe, alla ricerca di un lavoro e di una sistemazione per conto proprio, come si soliti fare generalmente in tanti altri stati europei.
Dopo due anni sul ponte di comando, per, probabilmente, il Ministro Brunetta si sar accorto di quanto si sarebbe rivelata infausta tale uscita. D’altronde, gli sar bastato dare un’occhiata approfondita ai rapporti ufficiali dell’ISTAT per rendersi conto di come, effettivamente, al giorno d’oggi, in Italia, sia quasi impossibile per un giovane affrancarsi dal nucleo familiare d’origine, e vivere liberamente la propria indipendenza. Non che non si voglia farlo, o che si abbiano chiss quali timori reverenziali nel compiere , ma la crisi economica mondiale, che nella nostra nazione ha sconquassato principalmente il ceto sociale medio-basso, impedisce, di fatto, qualsiasi movimento azzardato.
Secondo i dati in mano all’ISTAT, il 2008-2009 ha fatto registrare la crisi occupazionale pi grave del dopoguerra: i tassi di occupazione e di inattivit, soprattutto tra i giovani, sono cresciuti a dismisura. Il 25% dei giovani italiani sta in casa. Disoccupati. Oltre 2 milioni di ragazzi abili ed arruolabili per i pi disparati mestieri e professioni, n studiano, n lavorano. Un dato che deve far riflettere. Bisogna considerare alcuni fattori, che, a conti fatti, incidono non poco nel triste esito finale: la nostra economia presenta varie criticit, quali le caratteristiche dimensionali e di posizionamento settoriale delle imprese industriali e dei servizi, la bassa quota di investimenti pubblici ed il grave ritardo nelle infrastrutture, special modo al sud del paese. Inoltre, riforma Gelmini o meno, appare fortemente debole il sistema formativo delle giovani generazioni, non vengono sfruttate appieno le risorse femminili, al di l di ogni quota rosa che tenga, ed il sotto-inquadramento sul posto di lavoro interessa, udite udite, oltre 4 milioni di persone: uno sperpero di importanti risorse umane.
Ecco perch non ci si stupisce, allora, quando si viene a sapere che, nello scorso mese di aprile, la disoccupazione ha toccato picchi record: 8,9% di inoccupati, in crescita rispetto all’8,8% di marzo. Da aprile 2009 ad aprile 2010, sempre fonte ISTAT, il numero di occupati sceso di 307mila unit, 0,9 punti percentuale in soli 12 mesi. Se si analizzano, per, soltanto i dati riferiti ai giovani nella fascia di et compresa tra i 15 ed i 24 anni, c’ da mettersi le mani nei capelli: il tasso di disoccupazione, ad aprile 2010, pari al 29,5%, in aumento di 1,4% rispetto a marzo, ma 4,5% in meno se si considera lo stesso mese dello scorso anno. Una media da retrocessione, nettamente superiore alla media dei giovani disoccupati negli altri stati d’Europa: solo i cugini spagnoli stanno peggio di noi, con il 40% di ragazzi a spasso.
Uno tsunami in piena regola, che ha trasformato tanti, volenterosi giovani, in bamboccioni. Una volta ci si arruolava nei corpi militari, o si ambiva a cariche statali, per la sicurezza del posto fisso vita natural durante, e la sicurezza di poter offrire stabilit ad un’ipotetica, futura, famiglia. Oggi, le varie riforme legislative, l’introduzione, nel 2003, della Legge Biagi, che ha sdoganato liberamente i Co.Co.Co. (Contratti di Collaborazione Coordinata e Continuativa), poi divenuti Contratti a Progetto, ma nella sostanza carta straccia, poco impegnativa per i datori di lavoro sempre pi tirati e parsimoniosi, e le sempre pi frequenti offerte di lavoro part-time, hanno causato un effetto boomerang. L’intenzione originaria era quella di creare nuove professionalit, adattare i giovani a svolgere pi mansioni, provocare mobilit e sfruttare le risorse umane del Belpaese. Al contrario, i salari da fame hanno impedito ai di poter vivere indipendentemente, le professionalit non sono cresciute, anzi, si andati verso una specializzazione settoriale, e, pi che ottenere mobilit tra le persone, si mandato le persone in mobilit. O in cassa integrazione. Chiaramente, non pagata, dato che la crisi economica ha investito in primis le banche, quindi il terziario, le attivit, che indebitate, hanno stuccato i buchi nel muro chiamato bilancio aziendale con i soldi della cassa integrazione di tanti operai ed impiegati. Bingo.
Oggi, stagisti, praticanti, lavoratori in nero, precari di ogni genere e settore, tirano a campare, senza alcuna certezza su ci che riserver loro il futuro. E senza la rete familiare di supporto economico, non sarebbero altro che la classe sociale dei . Onesti lavoranti che, non trovando sbocchi n concrete prospettive di migliorare il proprio status quo, provano magari, come ultima soluzione, ad emigrare verso altri lidi: chi si sposta verso Nord, inteso come Nord Italia, e si imbatte comunque, seppure tante volte in misura minore, con la carenza di posti di lavoro; chi parte con destinazione estero, per esempio nelle vicine Francia, Germania, Inghilterra, e si deve scontrare con problematiche legate alla lingua, alla sistemazione in loco, all’ostracismo verso gli stranieri, i quali, puntualmente, finiscono nel fare i camerieri o gli aiuto cuochi nei ristoranti gestiti da italiani. E allora? Quali sono le possibili soluzioni per evitare il disfacimento di una generazione?
La crisi ha acuito il disagio dei giovani nel mercato del lavoro, ha detto ieri lo stesso governatore di Bankitalia Mario Draghi nelle considerazioni finali del rapporto ISTAT. .La riduzione rispetto al 2008 della quota di occupati fra i giovani e stata quasi sette volte quella fra i pi anziani, ha aggiunto Draghi osservando che,a pesare sono state la maggiore diffusione fra i giovani dei contratti di lavoro a termine e la contrazione delle nuove assunzioni, del 20%. Ma dai.
Il presidente di ConfindustriaEmma Marcegaglia chiede invece una maggiore produttivit unita a pi salario, a occupazione aggiuntiva..anche se quest’assioma tanto assomiglia ad un proclama da C’era una volta. Un forte richiamo alle responsabilit sul futuro dei giovani giunto dalle parole del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano nel messaggio di auguri agli italiani per il 2 giugno.Serve un grande sforzo, fatto anche di sacrifici, per risollevare le sorti delleconomia e risolvere i problemi delle famiglie e dei giovani, per crescere di pi e meglio, ha detto sollecitando un confronto costruttivo e non solo conflittuale fra le forze politiche.
Ecco, forse dalla politica potrebbe arrivare un segnale: incentivi per i giovani, edifici per l’edilizia residenziale pubblica in favore per le giovani coppie, finanziamenti a fondo perduto (di soldi, lo Stato, ne spende tanti, ed in maniera quantomeno dubbia, ogni anno) per le imprese o le cooperative messe su dai giovani. Se non il rimedio, perlomeno rappresenterebbe un’importante inversione di tendenza. Oppure, per citare un famoso romanzo di Cormac McCarthy, divenuto successivamente film di successo, l’Italia diverr un paese per vecchi. Vecchi pensionati, se non addirittura disoccupati! Il Ministro Brunetta ci consentir: bamboccioni, forse, ma non per scelta.