Vignettopoli
Contessa Vacca Agusta. La sua morte è un vero e proprio giallo ancora irrisolto.
Portofino, 8 Gennaio 2001, muore, in circostanze, ancora misteriose, Francesca Vacca Graffagni, nota, all’opinione pubblica, come la Contessa Vacca Agusta. Omicidio? Suicidio? Una disgrazia? La sua morte è un vero e proprio giallo, con i connotati di un romanzo che sembra avere la trama adatta per soddisfare un autore noir.
Lei, la protagonista, una bella e ricca donna vissuta, sempre, in splendide dimore, scenario di conflitti per il contendersi di eredità miliardarie: lussuose ville diventate, nel tempo, palcoscenico di una vita sregolata, luogo d’incontri per uomini di ogni estrazione e ceto, crocevia di amicizie e amori più o meno intricati e sinceri.
Un’esistenza, la sua, inesorabilmente trasformata da divorzi, ambigue convivenze e rocambolesche fughe dalle indagini della Magistratura, nel periodo della Tangentopoli italiana. Il tutto avvolto nello spettacolare scenario del Golfo di Portofino. Francesca approda nella rinomata località ligure, ancora molto giovane, come la Contessa Agusta, seconda moglie di Corrado, il “re degli elicotteri”.
La sua bellezza era tale che in quel lontano 1967, fu paragonata a Rita Hayworth nel film “Gilda”. Il suo fisico, statuario, emanava charm ed eleganza innati che la elevarono, nel sentire comune, a un’ex mannequin, mentre, nella realtà, il suo passato era stato quello di commessa – di lusso – in un negozio di Genova. Un vero e proprio genio nelle pubbliche relazioni. Instancabile organizzatrice di eventi e viaggi per intrattenere gli ospiti, con cui l’illustre marito concludeva affari plurimilionarii.
Era un’insostituibile padrona di casa, parlava correttamente quattro lingue e incantava tutti con quel suo fascino talmente naturale, da convincere l’attempato conte a lasciare moglie e figlio per risposarsi con lei. Gli amici più intimi, le riconoscevano, un altro grande merito: di essere riuscita a sopportare un consorte non proprio semplice come il Conte Agusta.
Erano gli anni delle cene con lo Scià di Persia, delle crociere in giro per il mondo con il mega yacht “Mau Mau”. Gli anni in cui ospiti di Villa Altachiara, al civico numero due di Piazza Libertà a Portofino, erano Bettino Craxi e Silvio Berlusconi, che atterravano nell’eliporto privato, prepotentemente costruito dal plurimiliardario conte. Erano gli anni sfavillanti di Francesca, regina, non solo della casa, ma anche del gossip e della bella vita. Era il passato di Francesca. La Contessa, nonostante, in apparenza, fosse felice e invidiabile, era una donna sola, tremendamente triste e scoraggiata verso il futuro, che, probabilmente, negli ultimi anni nemmeno vedeva più, sopraffatta da quella stessa vita che aveva tanto amato, ma che l’aveva tradita e abbandonata, come la maggior parte delle persone cui aveva voluto bene.
Una donna, Francesca, resa fragile e insicura a seguito delle battaglie legali per l’eredità del Conte Agusta, che, dopo anni passati tra le aule di tribunale, le fruttarono il titolo nobiliare, un assegno di otto miliardi delle vecchie lire, una dimora in Messico e Villa Altachiara, l’amata residenza a picco sul mare in cui trovò rifugio anche dopo lo scandalo di Tangentopoli, che la vide indagata per il presunto riciclaggio di venti miliardi di tangenti incassate dall’ex leader del PSI.
Villa Altachiara fu costruita nel 1874 da Lord Carnavon, l’archeologo scopritore della tomba di Tutankhamon, Oggi, si erge al fianco di Castel San Giorgio, di proprietà degli armatori Fassio. A dividere le due maestose dimore, una scaletta ripidissima a picco sul mare, luogo in cui morì (non si sa se per scelta o per una disgrazia) la giovane e amata nipote del famoso egittologo. Forse, proprio da quella scaletta, anni dopo trovò la morte anche la Contessa Vacca Agusta e ancora non si sa se per scelta, per disgrazia o per quale altra ragione.
Suicidio? Omicidio? Un incidente? Queste le domande che si sono posti gli inquirenti, la gente comune, gli amici e i parenti della Contessa. Quegli stessi interrogativi che ci stiamo ponendo noi oggi, sapendo che rimarranno ancora senza risposta. Ci troviamo di fronte a uno di quei casi che è rimasto negli annali della Magistratura, come “irrisolto”.
Quel lontano 8 gennaio fu, per Francesca una di quelle giornate che, noi tutti definiremmo d’inferno. Lei che teneva tantissimo a trucco, capelli e vestiti, quel giorno, dopo essersi alzata dal letto all’ora di pranzo decise di rimanere in accappatoio. La ex regina delle notti di Portofino sta male e a tutti ripete che è stanca e non ce la fa più. Verso le19:00 piangendo, alterata di umore e ubriaca per avere unito champagne e whisky, gridò al compagno Tirso Chazaro e all’amica Susanna Torretta – unici in casa con lei – che sarebbe uscita a fare una nuotata. Se ne andò in accappatoio e pantofole, sbattendo dietro di sé la porta finestra di uno dei saloni dell’immensa villa. La stessa porta finestra, che secondo i testimoni, dopo l’urto s’inceppò. Fu l’ultima volta che Francesca è stata vista viva.
Fu la prima cosa “strana” che notarono gli inquirenti: il salone da cui la Contessa – secondo i testimoni – uscì era privo di porte finestra. E, poi, come mai i due impiegarono più di un’ora prima di andare a cercarla? Quel giorno, Francesca era particolarmente svogliata, la servitù di Villa Altachiara – 8 persone – tutte contemporaneamente, nella giornata libera, le telecamere di sicurezza tutte fuori uso. L’unica certezza che gli inquirenti riuscirono ad avere è che le telecamere erano fuori uso da qualche giorno, ma il resto rimane un mistero, un insieme di “strane” coincidenze. Come mai il compagno e l’amica non ebbero dubbi a credere che Francesca si stesse attingendo a fare una nuotata? Era inverno, una serata piovosa. Nonostante questo, i due non si posero alcun interrogativo nell’apprendere una tanto insolita decisione, che lascerebbe perplesso chiunque.
Secondo la Procura di Chiavari, impegnata nelle indagini, la Contessa soffriva, già da qualche tempo di una “forma di regressione infantile” che la portava a giocare a nascondino per attirare l’attenzione su di sé. Una patologia che, secondo gli esperti, si scatena in un individuo, nei momenti di maggiore difficoltà. Chi ne soffre tende a nascondersi per un insaziabile e insopportabile bisogno di affetto che si placa dopo il ritrovamento, momento in cui il soggetto percepisce quell’attenzione che spera di suscitare nascondendosi. Secondo Tirso, quella sera, poche ore prima della scomparsa, Francesca si era rifugiata in un armadio, in mano una bottiglia di whisky e un telefono. Quella non era nemmeno la prima volta: era già successo in passato. Sovente si nascondeva adirata, per, poi, tornare alla vita normale come se non fosse successo nulla.
Secondo chi la conosceva bene, la Contessa si era nascosta per telefonare ai suoi legali. In quell’armadio nessuno avrebbe potuto sentirla. Sembra che Francesca stesse programmando di modificare – per l’ennesima volta – il suo testamento. Secondo i testimoni, quindi, quella sera la Contessa voleva solo sbollire un momento di rabbia nascondendosi nel parco. Ma le deposizioni dei due non convincono gli inquirenti: troppo identiche perché risultino “spontanee”. Oppure, così uguali perché rispecchiano la verità?
La patologia di cui sembrava affetta portò, in un primo momento, la Procura di Chiavari ad affermare che si fosse trattato di una disgrazia: un tragico gioco a nascondino. Secondo gli inquirenti Francesca si sarebbe nascosta dietro a un muricciolo, nel parco della villa, oltre una veranda, come dimostrano i cocci di una lampadina gettati in quel luogo da uno dei domestici per, poi, essere destinati all’immondizia e ritrovati sotto le pantofole indossate al momento della scomparsa. La donna, probabilmente non completamente in sé, scivolò sul terriccio e sulle foglie bagnate dalla pioggia, perse l’equilibrio, finendo sul terrapieno poco sottostante per, poi, continuare a scivolare tentando, disperatamente, di aggrapparsi alla roccia nuda, inutilmente.
Da una prima ricostruzione, la Contessa dopo avere battuto la testa, sarebbe caduta, esanime, in mare. Ma com’è possibile che nessuno abbia sentito nulla? L’8 gennaio in una località come Portofino doveva esserci silenzio assoluto. Non era estate, periodo di ressa, inverno, era sera e pioveva. Se veramente, la Contessa perse l’equilibrio e disperatamente tentò di salvarsi, possibile che in quel silenzio nessuno udì nulla? Luciano Repetto, del Corpo Forestale, impegnato nelle indagini non è convinto di Susanna. L’”amica del cuore della Contessa”. La vittima era sicuramente una bella donna, non più giovane. Una bellezza oramai al tramonto, mentre l’altra – l’amica – è giovane, fresca e, forse, anche troppo zelante nel cercare di confortare Tirso. Gli inquirenti scandagliarono l’intero parco di Villa Altachiara, circa trentacinque mila metri quadrati, oltre che il mare sottostante la scogliera in cima alla quale si trova la bellissima dimora della Contessa, oggi, abitata dal compagno di una vita: ex barista e playboy, Maurizio Raggio.
Raggio che fu contattato intorno alla mezzanotte di quel giorno da Tirso e che avvisò, solo due ore dopo, telefonicamente da Miami, i Carabinieri. Ma come mai Tirso e Susanna non chiamarono le Forze dell’ordine? Come mai fecero trascorrere tutto quel tempo dalla scomparsa della Contessa? Come mai passarono altre due ore tra la telefonata di Tirso a Raggio e quella di quest’ultimo ai Carabinieri?
Luciano Repetto racconta che furono ritrovate le pantofole indossate da Francesca. Un ritrovamento che tinge ancora di più di giallo l’intera vicenda. Fu notato che erano spaiate: una nera e una blu. Molto strano per una persona così attenta alla sua immagine come lo era stata la Contessa. Ciò che maggiormente non convinse fu la posizione in cui furono ritrovate. La prima era tra gli scogli, l’altra qualche metro più in alto, in un anfratto. Una posizione che sarebbe potuta essere normale – forse – solo se un campione olimpico avesse deciso di tuffarsi nel mare al di sotto della scogliera. Anche in questo caso le pantofole dovevano essere rinvenute più in alto. La loro posizione proprio non convince gli inquirenti: troppo vicine per un volo di più di cento metri d’altezza.
Fatto ancora più strano è che non si trovarono tracce della presenza della Contessa: sangue rappreso, rametti spezzati da un corpo che cade, rocce sgretolate. Il nulla, come se Francesca mai ci fosse passata in quel parco. Le ricerche continuavano ininterrottamente. Troppi gli interrogativi, che convinsero gli inquirenti ad abbandonare la pista della disgrazia. Senza il corpo, però, era difficile stabilire qualsiasi altra ipotesi. Il 13 gennaio i Carabinieri del Corpo Sommozzatori trovano in mare l’accappatoio di Francesca. È il suo, lo stesso indossato la sera della scomparsa, come dimostrano le iniziali incise sopra. In una delle tasche la montatura rotta dei suoi occhiali Dior e sulla schiena una profonda lacerazione del tessuto a forma di “L”, ma nessuna traccia di sangue. Molto insolito: vista la profondità della lacerazione sull’accappatoio, anche se era rimasto in mare per giorni, doveva rinvenirsi, qualche traccia ematica, seppur minima. Era evidente che durante il volo dalla scogliera, probabilmente, Francesca era andata a sbattere contro la vegetazione che avrebbe causato quella “L”. Di contro era impossibile che non si fosse nemmeno superficialmente graffiata.
Il mistero s’infittisce, ma del corpo nessuna traccia. Era il 30 gennaio 2001 il quotidiano “La Repubblica” in un articolo diramava la notizia del ritrovamento del corpo della Contessa Vacca Agusta nel mare antistante la lussuosa zona residenziale sul litorale francese in prossimità di Cap Benat a circa 370 chilometri da Portofino. Erano trascorsi più di venti giorni dalla scomparsa e sembrava strano un così lungo lasso di tempo. Corpi caduti in mare nei pressi di Genova, di solito, vengono ritrovati in Francia dopo quattordici giorni trasportati dalle correnti. In questo caso si era arrivati alla fine del mese di gennaio, nonostante le Forze dell’Ordine italiane avessero prontamente, diramato la notizia della scomparsa della Contessa Vacca Agusta. Come mai tutto questo tempo?
Il patologo che esaminò il corpo asserì che si trattava di una donna. Non vi era traccia di acqua nei polmoni, quindi, era morta prima di essere caduta in mare, ma nulla poteva dimostrare la causa della morte. Il corpo, ritrovato nudo era in forte stato di decomposizione e martoriato da fratture multiple. Era completamente privo di peli: dunque, o la vittima aveva un’anomalia fisiologica, oppure, di recente si era sottoposta a chemioterapia. Su un dito due anelli: su uno di questi era incisa una data, quella delle seconde nozze del padre di Francesca. Il dubbio si era trasformato in triste realtà: la Contessa Vacca Agusta era morta. Ma come? E, soprattutto, visto che non era affetta da alcuna anomalia fisiologica, si era sottoposta a chemioterapia? Allora, la Contessa aveva il cancro?
Tanti, troppi gli interrogativi rimasti senza risposta. Troppi gli interessi economici che potevano derivare dalla sua morte. Una milionaria assicurazione sulla vita e ben cinque testamenti, gli ultimi dei quali sembrerebbe, diseredassero Raggio a favore di Tirso e Susanna: gli unici due testimoni. Probabilmente, nessuno mai saprà la verità. Forse ha ragione il fratello di Francesca, Domenico Vacca Graffagni che in un libro definisce questo giallo un indecoroso balletto dettato da motivi economici attorno al cadavere ancora caldo di una donna infelice e tradita da tutti.
- VIA
- Silvia Vimercati