Editoriale
Verso la società buia, il buco nero del terzo millennio.
E’ certo, viviamo in un mondo senza punti di riferimento, un grande zibaldone che contiene tutto e il contrario di tutto, ma non contribuisce a costruire niente di duraturo. Il sociologo Zygmunt Bauman, l’ha definito “Il mondo del transitorio”. L’attento osservatore della società in cui viviamo, l’analizza, definendo le nostre città: “Alienanti”. Sì, lo sono.
In esse si intrecciano legami fragili, mutevoli, senza spessore, in un’esasperata corsa alla ricerca di una felicità mai duratura, ma ossessivamente bramata.
E’ la società dell’effimero, dell’adeguarsi a un contenitore ad ogni costo, pur di non essere trasparenti; dell’individualismo più aggressivo, che schiaccia l’altro e disgrega tutto ciò che è partecipazione a danno della collettività. L’egocentrismo prevale sui rapporti umani, e detta legge. Si confezionano vite che si somigliano tutte, e tutte con lo stesso comune denominatore: l’ANGOSCIA.
In questo contenitore che Bauman definisce “un mondo liquido”, quindi, senza forma, ognuno fa la sua parte per meglio assumere la forma del contenitore “mutevole” che le ospita. Qui, si muovono le nostre vite che accelerano i loro ritmi per sposare il transitorio a discapito di tutto ciò che è duraturo, sia per quanto riguarda la professione, sia con riferimento ai rapporti interpersonali. Tutto è vissuto alla insegna dell’istantaneità, dove i valori perdono di credibilità, e sono sostituiti da stili di vita precari, mordi e fuggi. Ognuno indossa, come un abito, un’identità non propria, sempre diversa, secondo ciò che suggerisce la società odierna in continuo divenire, che tutto consuma alla velocità di uno spot!
Se oggi una giovane milionaria sale in cattedra per meriti che nessuno conosce, senza un passato di studi e ricerche, anche perché troppo giovane (ma… forse è un genio!), di certo c’è che è la figlia di un noto politico; come potranno mai i giovani, quelli della generazione “mille euro” (sempre che riescano a trovarli) pensare di poter assomigliare, anche se solo lontanamente, ad un modello così irraggiungibile? Un modello che sta nel loro stesso contenitore? Si. Cambiare “abito” va bene, ma è saperlo indossare, sentirselo sulla pelle, a pennello, facendolo diventare il proprio, è tutta un’altra cosa.
Il riprodursi di questi “comportamenti” dove la meritocrazia non esiste, ma vince il biglietto da visita esibito, non permette a nessuno di avere un futuro, ma nemmeno un “vero” presente. Le “identità” fluttuanti, sempre più propense a copiare e incollare i cattivi comportamenti per spirito di sopravvivenza che la società con i suoi ritmi isterici impone, si identificano in chi non merita, ma “possiede”, e andranno avanti… alimentando le lunghe file d’attesa per l’acquisto dell’ultimo modello della Apple, IPad, dal prezzo esorbitante, 600 euro; l’importante è avere ciò che tutti hanno, seppur col conto in rosso.
In questo contenitore senza forma e aderenze, pompato dal dio denaro ma dal significato sterile, si dibattono le troppe paure dell’uomo e della donna di oggi, che investiti loro malgrado, dai troppi cambiamenti che li travolgono e terrorizzano, finiscono col generare vite malate che convivono nella incertezza di esistere con false certezze. Un meccanismo perverso dove nulla è più riconoscibile, neppure a noi stessi, ma si continua la ”folle” corsa senza nessun punto di riferimento, nessuna storia sul nostro percorso di vita ma, imitazione di un presente fatuo e desiderio di piacere “accelerato” che prendono il sopravvento. Dobbiamo piacere a una società capricciosa, stravagante e mutevole, che si fonda sul copia e incolla, non crea nulla e dove tutto può essere distrutto, azzerato, sostituito. Anche l’Uomo.
E in un ambiente che non disegna il futuro per nessuno, anche l’amore vive il suo periodo peggiore: il coma profondo. Ci si incontra per un bisogno che chiamiamo “amore” ma del quale non conosciamo il significato, ma non potendo sfuggire a questo “bisogno” costruiamo i nostri castelli in aria che danno vita a soluzioni sempre più provvisorie, ma sempre armati di tanto coraggio e con l’intenzione che sia “per sempre”. Così i legami si impoveriscono di contenuti, per favorire un ritratto esibito dai media ma che non esiste che nella fantasia dei pubblicitari.
buco nero”.