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ELISA CLAPS, UN CASO SEMPRE PIU’ INTRICATO
Potrebbe essere il titolo di uno dei racconti di Egdar Allan Poe, insieme a “Morella”, “Berenice”, “Ligeia”, “Eleonora”: sono quelli in cui lo scrittore trasfigura le donne amate nella sua vita, sua madre, il suo primo amore Elena Stannard, sua moglie Virginia, morte tutte in giovane età.
Le protagoniste dei racconti di Poe sono figure che uniscono la tragicità e il terrore, il dolore della perdita e la ripugnanza per qualcosa di orribile. Così è anche per Elisa Claps. La vicenda della scomparsa di questa ragazza di sedici anni inizia con un’immagine che sembra venire fuori da “L’uomo della folla”: Elisa cammina per strada in mezzo a una moltitudine di gente. E’ però una domenica mattina, verso le 11:30, e la strada è via Pretoria, a Potenza. La accompagna la sua amica Eliana De Cillis.
Diciasette anni dopo, il 17 marzo 2010, nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità, quella che si trovano davanti alcuni operai che stanno facendo dei lavori per un’infiltrazione, è una scena da racconto macabro: nell’angolo destro del locale di solito non accessibile il corpo mummificato di Elisa, con indosso il suo orologio, una catenina, i sandali e gli occhiali, rimasto lì dal 12 settembre 1993.
Sul corpo vengono fatte una tac, una risonanza magnetica e l’esame di dna per frugare ogni dubbio sull’identificazione del cadavere. Francesco Introna, anatomopatologo ordinario di medicina legale all’università di Bari, dopo l’autopsia, ricostruisce quanto avvenuto: Elisa ha seguito nel sottotetto l’assassino, e durante un tentativo di violenza sessuale, in cui l’uomo le ha tirato giù i jeans e strappato il reggiseno, è stata uccisa da tredici colpi da arma da taglio, probabilmente un coltello a serramanico dalla lama di cinque centimetri impugnato con la mano destra, i primi inferti al torace di fronte, gli altri alle spalle, mentre la ragazza si accasciava, e finita per soffocamento. Successivamente alcune ciocche di capelli sono state tagliate di netto, il corpo è stato coperto con materiale di risulta e alcune assi in legno della copertura della struttura al di sopra di esso sono state tolte, per attenuare i miasmi della decomposizione.
Il ritrovamento mette a tacere le varie ipotesi che si sono succedute negli anni delle ricerche: nel dicembre 1994, in seguito ad alcune segnalazioni, un inviato di “Chi l’ha visto” seguì le presunte tracce di Elisa fino ad Argirocastro, nel sud dell’Albania; il 23 aprile 1999 un messaggio di posta elettronica ricevuto dal fratello di Elisa diceva che la ragazza stava bene e viveva in Brasile, messaggio inviato però non dal Brasile, bensì da una delle postazioni Internet del Tatì club di Potenza; un’altra ipotesi diceva che Elisa sarebbe entrata a palazzo Loffredo, un antico palazzo nobiliare vicino a via Pretoria, oggi museo, ma all’epoca chiuso al pubblico e inagibile, con l’assassino che, dopo il delitto, si sarebbe fatto aiutare da un potente malavitoso locale per far sciogliere il corpo della ragazza nell’acido; e ancora in una lettera inviata alla Polizia un anonimo, o più probabilmente una giovane anonima, scriveva di aver visto Elisa essere spinta in una Fiat Uno bianca dopo aver urlato “voi siete matti, cosa vi siete messi in testa?”.
Non tacciono però alcuni dubbi che nascono da particolari “curiosi” relativi a questa storia.
Prima di tutto c’è il sospetto che l’assassino sia stato aiutato da qualcuno, sia nell’attirare Elisa nel sottotetto, sia nel nascondere il cadavere.
Una delle cose più inspiegabili è che nessuno degli amici di Elisa ha sviluppato alcuna ipotesi circa la sua scomparsa, prima fra tutti l’amica Eliana. Quest’ultima, che condivideva con il suo fidanzato Francesco Urciuoli una sospetta passione per strani riti di ambientazione “celtica”, confidò alle amiche che aveva paura di fare la stessa fine di Elisa; inoltre tra i reperti ritrovati nel sottotetto mancano le chiavi di casa di Elisa, che alcuni giorni dopo la scomparsa, Eliana consegnò a Filomena Iemma, madre della ragazza.
E poi lo strano atteggiamento tenuto da Don Mimì Stabia, parroco della S.S. Trinità per 50 anni, morto nel 2008 all’età di 84 anni, che quel 12 settembre partì in fretta per Fiuggi, subito dopo la celebrazione della messa delle 12e30, per trascorrere un periodo di riposo alle terme, e nei giorni seguenti si rifiutò di far entrare nella Chiesa la signora Iemma e di mettervi una cassetta per raccogliere eventuali indicazioni sulla figlia scomparsa.
Sembra poi che il corpo di Elisa fosse stato già scoperto due mesi prima del ritrovamento ufficiale, dalle due signore delle pulizie della Chiesa, Margherita Santarsiero e sua figlia Annalisa Lo Vito, secondo quanto raccontato dal sacerdote brasiliano di 33 anni, don Wagno Oliveira, ma negato decisamente dalle donne: tutti e tre si sarebbero raccolti in preghiera attorno al corpo di Elisa per qualche minuto.
Elisa è rimasta diciassette anni nell’ultimo posto dove era stata vista viva. Ma chi fu l’ultima persona che la vide? Eliana disse che Elisa doveva incontrarsi nella chiesa con un ragazzo un po’ più grande di lei, che le aveva telefonato la sera prima per chiederle un appuntamento.
“Ci stavano pochissime persone perché la m essa era finita. Ci mettiamo dietro l’altare per una decina di minuti, dopodiché Elisa mi dice che a mezzogiorno doveva andare in campagna. La seguo con lo sguardo fino all’uscita principale e dopo mi sono soffermato in chiesa a pregare.” Poi il ragazzo girovagò solo per la città entrando, senza una precisa motivazione, nei cantieri delle scale mobili che all’epoca erano in costruzione: qui, cadendo da una scalinata in cemento armato, si ferì alla mano sinistra. Alle 13e45 era al pronto soccorso a farsi medicare, e poco dopo su un autobus per Napoli, dove doveva fare un esame il giorno dopo. La sua versione però non trovò una precisa corrispondenza nei fatti: secondo il medico che lo visitò al Pronto Soccorso la ferita non poteva essere compatibile con una caduta, e secondo il suo racconto avrebbe impiegato un’ora e mezza circa per percorrere1,5 km.
Luciano Claps, fratello di Elisa, descrisse lo stato d’animo del ragazzo nei due incontri che ebbe con lui quello stesso giorno, dicendo che nel primo, alle 15 circa “era in condizioni particolari, nel senso che era completamente sudato, tremante e aveva difficoltà nell’articolare i discorsi”, mentre nel secondo, a circa un’ora di distanza, “era una persona calma, tranquilla, perfettamente rilassata”.
L’ispettore della polizia che all’epoca lo interrogò, Vito Eufemia, lo ritrasse come un tipo “preparato, freddo, molto scaltro, preciso nelle risposte”.
Il parroco disse che il ragazzo aveva accesso alle chiavi dei locali della Chiesa, e che frequentava assiduamente il Centro Newman, un centro che dal 1969 svolgeva varie attività culturali, educative e ricreative per i giovani, in un locale all’ultimo piano della S.S. Trinità, subito sotto al terrazzo.
Alcune ragazze potentine raccontarono di come qualche volta il ragazzo le avesse avvicinate e chiesto, in cambio di un regalo, di andare con lui in un luogo appartato, o di come avesse di nascosto tagliato ad alcune di loro delle ciocche di capelli.
Condannato a due anni e otto mesi di reclusione per false dichiarazioni al Pubblico Ministero questo ragazzo emigrò nel Regno Unito, dove ha vissuto fino ad oggi.
Ed oggi è stato arrestato: il suo nome, Daniele Restivo, non è più solo associato al delitto Claps, ma anche a quello di Jong Ok-Shin, Erika Ansermin e Heather Barnett.
Ma questa è un’altra storia: forse quella di un serial killer…anzi, a questo propositori viene in mente un altro messaggio inviato al nostro direttore, dove la sensitiva Rosemary, diceva che vedeva questo caso lo avrebbe collegato ad altri nomi di donne.
Il 30 luglio ecco che le agenzie di stampa lanciano una nuova bomba sul caso Claps: “Non è di Danilo Restivo né il primo, né il secondo Dna, appartenenti a due uomini, isolati tra i reperti del caso Claps. I reperti sono stati sequestrati nel sottotetto della Chiesa della Trinita’ di Potenza, dove il 17 marzo scorso sono stati rinvenuti i resti di Elisa. Il gruppo di periti, coordinato dal professor Pascali hanno isolato il dna di Danilo Restivo, indagato per omicidio, da una tazza e un bicchiere dell’uomo sequestrati alcuni mesi dalla polizia inglese.”
Ritorniamo da Rosemary Laboragine, la sensitiva che a più riprese in Facebook, e sul cellulare del nostro direttore, continua a vedere l’attuale indagato, come il probabile autore del delitto. Le nuove prove sembrerebbero scagionarlo, non pos siamo non chiedere alla sensitiva cosa ne pensi della notizia che farebbe saltare le sue previsioni.
“Rimango del mio parere. Io vedo solo situazioni, messaggi che continuano a dirmi a farmi vedere il primo e fino a poco tempo fa, unico indagato in quello che è anche per gli inquirenti. Se lo proscioglieranno dall’accusa, per il ritrovamento dei DNA, che problema c’è? Secondo i miei flash, che ancora non cambiano, non sarebbe stato da solo, ma la figura di un uomo di chiesa vedo insieme a lui in modo costante e un altro uomo. E’ un po’ che lo dico in Facebook. C’è molto mistero su questa storia, molte cose verranno a galla, la vicenda è più complicata di quella che immaginiamo, ci vuole il suo tempo ma riusciranno a fare luce su questo delitto. Poi signorina, se proprio devo dire tutto, e questo è un mio parere personale e domanda che mi faccio spesso:
Ma cosa succedeva in quel sottotetto? Cosa ne sappiamo se altri “rapporti” venivano consumati in quell’ambiente, oltre a quello che ha portato alla fine di Elisa? In questo modo altri DNA potevano essere trovati, o no? Io non sono all’altezza di esprimere giudizi su queste indagini in modo tecnico, sono solo una sensitiva e quello che vedo o sento lo dico, sempre nella speranza di sbagliarmi. Non sono cose belle da vedere. Meno ne succedono e meglio sto. Comunque il lavoro della scientifica è quello che conta e se scagioneranno per questo ritrovamento la persona fino a oggi indagata, sarò contenta anch’io, perché bisogna che la colpa sia provata “Oltre ogni ragionevole dubbio”. Purtroppo, i miei tanti flash non mi dicono niente di buono e nemmeno cambiano. Ma sono solo flash, se le prove li azzereranno, sarà giusto così. Quello che mi domando è del come mai le mie visioni non cambiano. Lei penserà che io sia un po’ presuntuosa, però preferisco sbagliarmi ma non cambiare la mia versione. Quello che ho visto rimane ma non vorrei mai che un innocente paghi per una colpa non sua. Gli inquirenti sanno cosa devo fare e stanno facendo un buon lavoro. Aspettiamo.”
L’investigatore della famiglia Claps, Marco Gallo, ha anch’egli la sua tesi poi pubblicata su La Gazzetta del Mezzogiorno all’interno di un resoconto sul caso Claps. Ve ne riportiamo un breve passo per dovere di cronaca e perché sembra avvicinarsi come ipotesi alle sensazioni di Rosemary. Secondo l’uomo, in questo omicidio ci sarebbe una regia che ha operato per confondere le indagini ed occultare il cadavere della povera Elisa. Il detective Marco Gallo è convinto che il Restivo sia stato aiutato ma da almeno due persone, che sottolinea, “entrambe viventi” indicandone anche una potenziale residenza.
Danilo Restivo al momento è ancora indagato in Italia per l’omicidio volontario di Elisa Claps (nei suoi confronti è stato spiccato un mandato di arresto europeo) ed anche in Inghilterra, dove è detenuto per l’omicidio della sarta inglese Heather Barnett.
Non possiamo non trovarci in accordo con le parole della signora Rosemary Laboragine che mostra di essere una persona saggia e di credere nella Giustizia, perché, al di là delle sue sensazioni, sono le prove che contano. Siamo d’accordo. Aspettiamo.
* Articolo scritto da Velia Viti- per gli aggiornamenti da Nicoletta Damiano. Illustrazione di Elisa Claps di Gioia Corazza*
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