Politicando
LA FINANZA INCOSCIENTE
Mi chiamo Abeba e una cattiva sorte ha voluto che nascessi in Etiopia, non negli Stati Uniti o in Europa. Perciò prima o poi io e i miei figli moriremo di fame. Ci siamo stati vicini nel 2008, quando c’è stato uno di quei disastri combinati dalle vostre speculazioni finanziarie internazionali, che voi chiamate “crisi alimentare” e noi “fame nera”.
Vi spiego che cos’è la fame, visto che non la conoscete e perciò la chiamate con nomi presi a prestito da testi universitari: la fame è come avere in corpo un acido corrosivo che dallo stomaco risale su per la gola e poi torna giù a bucarti le budella. Voi invece pensate che è solo una grande debolezza che ti fiacca le gambe e ti fa sdraiare ad aspettare che arriva la morte tra veglia e sonno. L’ho detto a quel tale, l’Inglese, Johan Hari, che mi ha promesso che non se ne sarebbe dimenticato e che avrebbe scritto un articolo su The Indipendent. Parlando con lui ho capito di chi è la mano che mi strizza la bocca dello stomaco. Mi ha spiegato che in passato gli agricoltori degli stati ricchi vendevano ad un prezzo fisso ai commercianti mesi prima, per esempio a gennaio, il grano che avrebbe raccolto a giugno. Se il raccolto andava alla grande il venditore si mangiava le mani, se era cattivo invece aveva fatto un affare. Era una lotteria, ma almeno era regolamentata, perciò non succedeva tanto casino.
Mi capisci, diceva, si prometteva grano in cambio di denaro, il prezzo dipendeva dalla domanda e offerta di grano. Vero, concreto, reale grano, chicchi dorati che diventano pane per te e i tuoi figli. Poi, intorno agli anni ’90, il mercato immobiliare collassò e liberò tanto di quel denaro che non se ne era mai visto prima nel mondo, che prese il volo verso altri mercati. Sciami di api inferocite attirate dal miele. Goldman Sachs, Deutsche Bank, i traders della Merrill Lynch e altre api regine tanto dissero e tanto fecero che le norme che regolamentavano il mercato delle derrate alimentari furono abolite e piovve tanto denaro su grano, mais e riso, tanto denaro da farli marcire. Ora l’agricoltore promette grano ad un prezzo ad un trader, che vende il contratto a Goldman Sachs, che a sua volta lo rivende a Deutsche Bank, che lo rivende ad un altro speculatore, in una catena infinita di promesse dove ad ogni passaggio il prezzo si gonfia, ma il grano è sempre quello, solo che in un solo anno il suo prezzo è aumentato dell’80%.
L’agricoltore, l’unico che promette roba vera, che riempie lo stomaco, quella che fa vivere te e i tuoi figli, Abeba, esce di scena al primo passaggio, capisci, mi diceva, il resto è uno sproloquio di promesse scambiate con un clic su una tastiera. Si promette grano che non c’è, allora, gli dissi. Si promettono profitti, Abeba, il grano c’entra solo all’inizio, mi rispose, poi se ne dimenticano tutti, tranne lo stomaco di chi ha fame. C’è un immenso apparato tecnico di computer e signori in giacca e cravatta al fresco dell’aria condizionata che corre dietro al turbine di denaro che ha sollevato per mantenere le promesse e più promette più genera altri vortici. Ci sono grandi colossi della finanza che raccolgono risparmi e da qualche parte dovranno pure andare a collocarlo, se no crollano le borse. Scelgono un terreno fertile e come parassiti ci vanno ad attecchire.
Il mercato alimentare pareva perfetto, gli altri erano in coma. Clic … clic … clic ….e milioni di culle rimangono vuote. Immagina, Abeba, mi ha detto, in questo momento un tranquillo signore di Londra o New York timbra il cartellino, si allenta il nodo della cravatta e si siede al computer. E’ uno di quelli che partecipano a questo gioco al massacro, ma non è un criminale. Lui svolge solo un pezzettino di questo sporco lavoro, un altro pezzettino lo fa uno come lui, mentre mastica chewing gum e pensa alla moglie incinta che fa shopping di tutine. Dormono tranquilli la notte, tranne quando la moglie gli dice che la suocera ha intenzione di trasferirsi per qualche giorno a casa loro, se no sognano il loro giardino foderato di erba verde dollaro. Brava gente, mica carogne, non l’hanno inventato loro questo ingranaggio che stritola interi popoli. Non sono responsabili dei fini, Abeba, sono responsabili solo della mansione per cui sono pagati. Il loro dovere è farla bene, se ha una finalità criminale non è loro competenza. Perciò muori di fame, Abeba, perché sei vittima di un apparato manovrato da gente che non sa quello che fa. Il male quasi mai è diabolico, Abeba, ha la faccia paciosa della banalità.
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- Lucia Del Grosso