Vignettopoli
AUGURI ANCHE A LEI, PRESIDENTE
Ascolti, Presidente, mio padre mi ha raccontato del suo primo albero di Natale. Era subito dopo la guerra, la nonna prese un ramo di abete, lo mise in un vaso e ci attaccò qualche mandarino e un po’ di fichi secchi. Era una miseria di albero di Natale, ma ai piccoli brillarono gli occhi, quel ramo spelacchiato da cui pendevano cose buone da mangiare era una promessa di futuro.
Poi arrivò il tempo del mio albero di natale e mia madre ci metteva festoni, lampadine intermittenti e palle di vetro e anche a noi piccoli brillavano gli occhi, quell’abete era ogni anno una promessa mantenuta. Infine è toccato a me, ogni anno piazzo l’albero davanti alla finestra e lo carico di sbrillocchi e vorrei che a mio figlio brillassero gli occhi come a me e a mio padre, ma lui vede un futuro buio e non gli entra negli occhi.
Vede, Presidente, Lei ci ha rivolto nel messaggio di auguri per il nuovo anno parole dense, solide, essenziali. Come l’albero di Natale di mio padre, senza sbrillocchi. Ma anche senza la sua magia di promessa di un futuro migliore. In quella frase “Se il sogno di un continuo progredire nel benessere, ai ritmi e nei modi del passato, è per noi occidentali non più perseguibile ……” è racchiuso il sogno infranto di una generazione. Lei, Presidente, solo Lei tra i rappresentanti delle istituzioni, li ha ricevuti e li ha guardati negli occhi. Hanno occhi che non brillano, Presidente, questi giovani, eppure non demordono. Non vedono nessun futuro, eppure vogliono conquistarlo. So che Lei ha cercato le parole giuste per parlargli e le ha trovate. Non ha fatto appello ai loro sogni, non ne hanno. Ha fatto appello alla loro ragione. Che è quella che deve operare in tempi di crisi. Crisi, parola ambigua. I più intendono la crisi come quella condizione in cui non si sa come andranno a finire le cose, l’incertezza genera ansia e non si controlla più il flusso degli eventi. Anche Lei, Presidente, ha parlato di crisi, ma in tutt’altro senso; ha fatto riferimento al significato che davano gli antichi al termine, per loro non era uno stato mentale di frustrante indecisione, al contrario era il momento in cui occorre imprimere una svolta agli eventi: è il momento delle decisioni. E’ il momento della responsabilità, delle scelte consapevoli, del coraggio di intraprendere un percorso. Duro, faticoso e perfino doloroso, devono sgombrare il campo dalle macerie che gli abbiamo lasciato noi adulti, che abbiamo allegramente dissipato la promessa di futuro che ci avevano consegnato i nostri padri. Non gli ha fatto baluginare sotto il naso l’ennesimo sogno patinato del Grande Fratello, quel film è finito, stanno scorrendo i titoli di coda. Adesso è tempo di ritornare alla vita vera, quella senza sbrillocchi, un ramo di abete con qualche mandarino e qualche fico secco. E senza il miraggio di un futuro sfavillante di ricchi doni e cotillons, perché se i sogni fanno brillare gli occhi, i miraggi ti fanno perdere nel deserto. Ma anche senza disperazione, quella ti vince solo se sei annichilito dall’impossibilità di prendere decisioni, se sei bloccato. Ma mai come adesso il tempo è stato così fluido, tutto da plasmare. Ora è il tempo delle scelte. E della speranza. Auguri di cuore, Presidente.
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