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Sarah: un complotto di famiglia?
Quando la sensitiva Rosemary Laboragine, ci rilasciò l’ultima intervista sulla vicenda di Sarah Scazzi, avevamo pensato, subito dopo aver preso atto delle sue parole, che era impossibile aggiungere “altro” a ciò che di orripilante era già successo. Ma la frase: Non è ancora finita… si sapranno altre cose”, riecheggia, a ogni nuovo colpo di scena. In sei interminabili mesi, è venuto fuori di tutto e, come per il vaso di Pandora, si è sollevato il coperchio, non si riesce più a fermare ciò che viene fuori. Uno zio, una nipote adorata, una vittima giovanissima, un cognato, un nipote, tante sorelle, tutti impegnati a confondere le carte di un tragico gioco.
C’è già chi sussurra che non si arriverà mai alla fine di questo dramma familiare, altri invece, temono che i colpevoli possano farla franca, nonostante la confessione di chi ha ammesso in prima istanza, di esserne stato il carnefice. Altri ancora, vedono questa famiglia coalizzata a protezione di Sabrina, arrestata per correità in omicidio. Si comincia già a chiamarlo “Complotto di famiglia” il giallo di Avetrana e la realtà dei fatti, sembra dare ragione a questa nuova visione della vicenda più volte bussata anche dai media. Ripensando a questo dramma che sta catalizzando l’attenzione della maggioranza degli italiani, non possiamo non far riferimento all’ultimo film del grande Alfred Hitchcock, che di complotti di famiglia ne sapeva qualcosa “cinematograficamente”.
Family Plot del 1976, arrivato sui nostri teleschermi con il titolo Complotto di famiglia, che apre su una realtà ben rappresentata dai due protagonisti: Bruce Dern e Barbara Harris, che per sbarcare il lunario s’inventano la strana coppia: lei, finta veggente e lui, suo compagno George, un tassista squattrinato e attore senza futuro che fornisce informazioni alla donna sui suoi clienti, per le sedute spiritiche da lei organizzate. Non è il migliori tra i film del grande maestro del giallo, ma offre un’interessante chiave di lettura che ben si sposa agli attuali fatti di cronaca, seppur in un diverso il contesto e dai risvolti distanti.
Il tirare a campare per George e Madame Blanche, è interrotto nel momento in cui entrerà nelle loro vite un’anziana signora, disposta a pagare profumatamente la sedicente medium, per ottenere notizie certe su un nipote illegittimo. La donna, temendo di essere ormai prossima alla fine, desidera ritrovare il nipote per mettere riparo a ciò che gli aveva tolto. George indaga e trova la persona che l’anziana signora sta cercando, un certo Arthur Adamson. Costui però, insieme con un complice e amico di nome Malloney, ha sterminato la famiglia adottiva, appiccando il fuoco alla loro casa, con l’intento di rifarsi una nuova identità e ignaro che qualcuno desidera restituirgli la sua.
George lo ritrova stimato gioielliere ma con il vizio del crimine, difatti, Arthur, è divenuto un rapitore di ricche signore, che restituisce dietro riscatto. Le indagini portano preoccupazione nella nuova vita di Arthur, che sentendosi il fiato sul collo, anche se per un motivo diverso da quello temuto, decide che l’unica cosa da fare è quella di eliminare George e Madame Blanche.
Un film che è come una scatola cinese, ne apri una, e ne trovi subito un’altra in un innesto di vite fatte di storie e segreti: una coppia squattrinata che vive di espedienti ai danni di persone che credono di parlare con i loro defunti per bocca di Blanche; un’anziana e ricca signora con gravata dai sensi di colpa, alla ricerca del suo erede naturale, per redimere se stessa; un nipote avido e ritrovato omicida che ha eliminato la famiglia adottiva per appropriarsi dei loro averi. Tutti inseguono il denaro, ognuno a suo modo: chi lo vuole donare, chi uccide per di averlo e chi mente per estorcerlo.
Avetrana non è un film, però lo sta diventando ogni giorno che passa: confessioni e ritrattazioni, lettere scritte e mostrate alle telecamere, protagonisti che continuano a batter la grancassa con la loro verità che ne soppiantano altre già verbalizzate. Comparse che ne aumentano gli affetti speciali nel variopinto cast a tinte noir: il fotografo Corona, sorpreso solo pochi giorni fa, mentre tentava di introdursi in casa Scazzi per prendere un caffè. L’avvocato di Sabrina Misseri, Vito Russo, accusato di falso e sottrazione, tentato favoreggiamento e induzione a fornire dichiarazioni mendaci, interdetto per due mesi alla professione da un’ordinanza della Procura della Repubblica di Taranto, che ne aveva chiesto gli arresti domiciliari, rigettati dal GIP.
Avetrana e Family Plot, un film nel film, dove nessuno è mai quello che dice di essere, dovrebbe essere. Un ‘pirandelliano’ intreccio di vite, dove le maschere esibite, rappresentano sempre qualcun altro.
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