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Non solo noir: la parola a chi investiga
La lettera della Signora Lucidi (caso Shepp) ha messo in luce un problema del quale non sempre ci rendiamo conto ed è questo: le indagini protratte per lungo tempo, sono costose. Purtroppo, dopo le prime indagini, se non intervengono fatti nuovi, si dice che si tenda ad archiviare il caso sul quale gli inquirenti indagano.
La notizia ci ha colpito perché si riferisce all’ultimo comunicato iraccolto dai giornalisti dalle forze investigative elvetiche e non da quelle italiane, che seppur con difficoltà, quest’ultime, mostrano di avere ancora maggior attaccamento nelle indagini criguardanti la ricerca di Alessia e Livia Shepp. Abbiamo girato la nostra perplessità al titolare di una famosa agenzia investigativa milanese, il Maresciallo Franco Posca , dell’angenzia in vestigativa “CARPE DIEM” al fine di non creare ancor più confusione tra le centinaia di ipotesi che ogni giorno ascoltiamo e leggiamo su vicende di cronaca nera che stanno tenendo con il fiato sospeso l’Italia intera.
Lei cosa pensa di questa presa di posizione da parte della famiglia Lucidi ma soprattutto, è vero che le indagini sono costose se protratte per lungo tempo?
Le indagini protratte per lunghi periodi, normalmente, non sono eccessivamente costose ma sono semplicemente spesso sterili. Nel caso specifico delle gemelline svizzere, così come in altri episodi similari di forte riscontro mediatico, esistono, di fatto, due “fasi d’indagine”. Nella prima fase si fa ricorso a tutte le risorse disponibili, mettendo in campo centinaia di poliziotti, cani molecolari, volontari e mezzi anche sofisticati. Passato questo primo stato di massimo sforzo operativo, subentra, naturalmente, una seconda fase d’intervento nella quale l’attività andrà lentamente e fisiologicamente scemando e dove si spera, in sostanza, in nuovi indizi od elementi circostanziati che possano dare una svolta positiva. E’ fisiologico, purtroppo, ipotizzare sempre dei tempi ove dover agire con le cosiddette indagini serrate. Nel caso di specie relativo alle piccole Livia e Alessia, dopo oltre due mesi dalla scomparsa, l’impressione e che si stia transitando, ormai, nella seconda fase delle indagini, ossia in quelle attività che rientrano, bene o male, nell’ordinario di un’attività investigativa. La lettera della Sig.ra Irina Lucidi, a mio parere, è finalizzata a concentrare l’attenzione proprio sul fatto che le indagini e le ricerche delle bimbe stiano subendo certamente una fase di forte stallo. Tutto ciò, non è dovuto ad una questione di spese o di costi bensì ad una sorta di stato di scetticismo, di negatività ed impotenza che pian piano sembra sovrastare gli investigatori elvetici. Avendo partecipato a diverse operazioni di servizio e ad indagini, anche dello stesso tenore emotivo, il mio pensiero in proposito è quello che la mamma delle gemelline abbia fatto più che bene a tenere alta la tensione tra coloro deputati a svolgere le ricerche e le indagini poiché, il tempo, in queste vicende, gioca un ruolo importantissimo alla pari con l’intensità nelle indagini.
Lei, che è a capo di un’agenzia investigativa tra le più importanti del nostro paese, cosa ne pensa del tam tam in negativo che si fa da più parti nei confronti degli organi preposti alle indagini? Che cosa deve fare una famiglia che si trova a convivere con il problema di uno scomparso, anche per lunghi anni, com’è successo per il caso Claps?
Il tam tam in negativo nei confronti degli organi preposti alle indagini è, talvolta, giustificabile. Ogni qualvolta viene sporta una denuncia di scomparsa di persona, chi la riceve, non sempre è in grado e pronto per “valutarne l’importanza”, per vagliarne attentamente la gravità e per predisporre all’istante tutte quelle attività necessarie ed indispensabili soprattutto nelle primissime ore della scomparsa. Se a ciò aggiungiamo che la normativa giuridica in merito penalizza fortemente gli investigatori a fronte di un assoluto totalitarismo da parte dell’autorità giudiziaria, ecco che la gestione di un caso di scomparsa diventa spesso problematica. Sarebbe senz’altro opportuno modificare la normativa corrente e le leggi che disciplinano lo stato delle ricerche di persone; a mio parere occorre, in questi casi, dare più poteri alla Polizia Giudiziaria (gli investigatori), ad esempio per eseguire perquisizioni locali, effettuare controlli, intercettazioni e quant’altro, senza che tutte queste attività dipendano serratamente dal parere e dal nulla osta della magistratura. Molto spesso, a conclusione delle indagini, i familiari di uno scomparso difficilmente si rassegnano all’idea di dover abbandonare le possibilità di ritrovamento del loro caro, affidandosi così ad investigatori privati. Anche in questa scelta, assolutamente condivisibile e lecita, bisogna però vagliare sempre tutte le possibilità. Siamo infatti sicuri che un investigatore privato qualsiasi sia all’altezza ed abbia le reali capacità per individuare una persona scomparsa? E soprattutto laddove non sono arrivati magari la Polizia ed i Carabinieri? Insomma, abbiamo ormai imparato che se con le parole sono tutti potenziali scienziati, nei fatti la realtà è ben diversa. Occorre sempre conoscere le credenziali e le potenzialità dell’investigatore privato, soprattutto in casi estremamente delicati quali le ricerche di scomparsi.
Molti sono i casi ancora aperti, altri sono ormai archiviati, sia che il reo sia stato preso o no. Dal suo punto di vista, il nostro Paese per quanto riguarda le investigazioni, che livello professionale ha raggiunto?
Per riscontri diretti, posso affermare con assoluta certezza che gli investigatori italiani sono tra i migliori al mondo; in particolare il personale del ROS, così come i Nuclei Investigativi dei Carabinieri dispongono di personale scelto, con ampia esperienza ed in continua specializzazione. Periodicamente, tutto il personale effettivo ai Nuclei Investigativi viene sottoposto a corsi di specializzazione ed aggiornamento, non solo in relazione alle ultime tecniche d’indagine ma anche per quanto riguarda l’utilizzo di determinati macchinari ormai sempre più avveniristici. Inoltre, tale personale, dispone anche di una fitta rete informativa (collaboratori di giustizia, ex detenuti, delinquenti abituali, tossicodipendenti ecc.) alla quale attingere periodicamente. Avendo personalmente fatto parte per anni di tali reparti con la qualifica di Maresciallo Capo responsabile delle indagini, oltre all’assoluta professionalità riscontrata, devo dire che è “l’acume investigativo” che spesso fa la differenza nella risoluzione dei casi. Bastano pochi minuti ad un investigatore professionale per capire chi ha di fronte, se questo mente, se nasconde qualcosa o se ha semplicemente paura.
Secondo Lei, le famiglie degli scomparsi, dovrebbero, all’indomani dello stagnarsi delle indagini su un loro congiunto, rivolgersi a investigatori privati?
Come detto, molte famiglie di persone scomparse usano affidarsi ad investigatori privati per tentare di localizzare il proprio caro. Ciò non è la conseguenza della scarsa capacità delle forze dell’ordine ma è, semplicemente, una deduzione logica. Molto spesso le persone che scompaiono lo fanno di propria iniziativa, e questa eventualità non viene considerata dai Carabinieri e dalla Polizia come una priorità d’intervento. Mi è capitato più volte di occuparmi di persone che si sono allontanate volontariamente da casa senza magari dare alcuna spiegazione. Questa è la classica eventualità dove le forze dell’ordine, ricevuta la denuncia di scomparsa, non attuano importanti prassi d’intervento ma si limitano sostanzialmente all’indispensabile. E’ soprattutto in questi casi che l’investigatore privato può dare un grosso contributo alle ricerche, purché questo, ripeto, abbia le reali capacità per poter intervenire. Nei casi invece di scomparsa non volontaria, la figura dell’investigatore privato può essere importante addirittura ancor prima della chiusura delle indagini. Un buon investigatore riesce, infatti, a carpire informazioni più facilmente delle forze dell’ordine ed anche ad immettersi nel circuito di vita dello scomparso senza pregiudizi poiché (al contrario del Carabiniere o del Poliziotto) opera senza l’assillo della scala gerarchica o della magistratura.
Considerando il suo passato nell’Arma dei Carabinieri e la sua competenza riconosciuta negli ambienti investigativi, quali consigli può dare alle famiglie che temono per i loro figli? A cosa devono stare attente le famiglie soprattutto con minori?
Alle famiglie che temono per i loro figli (ed anche il sottoscritto è padre di una bimba), suggerisco di parlare più spesso con loro, di capire se hanno problemi, ansie, paure nascoste e di quale natura. Di entrare velatamente nel loro quotidiano e di investigare, con estremo tatto e delicatezza, nella loro vita privata perché il loro piccolo mondo è anche il nostro mondo. In casi estremi, mi è capitato di consigliare l’utilizzo di minuscoli localizzatori (GPS), facilmente posizionabili, ad esempio, nell’orologio, all’interno delle cuciture del giubbotto od anche nascosto nelle scarpe. Insomma, per ogni esigenza esiste senz’altro una soluzione. Tutto questo, però, discerne dai consigli, dai comportamenti e dallo stile di vita che ogni genitore dovrebbe infondere al proprio figlio, sin dai primissimi anni di vita.
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