Politicando
L’ART. 18 E LA DISTRAZIONE DI MASSA
Neanche nel mezzo della peggiore crisi del dopoguerra c’è gente in Italia che riesce a concentrarsi sui veri problemi. Come i bambini: ce li avete presenti i bambini quando gli si dà la pappa? E’ importante la pappa, fa crescere, ma loro pure quando hanno fame si distraggono dietro un suono, un colore, un movimento brusco e devi fare l’aeroplanino con il cucchiaio per riportarli all’unica cosa seria che gli si chiede di fare: mangiare.
In Italia c’è gente come quei bambini lì e c’è gente che fa i rumori per distoglierla dal cuore del problema. L’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori è l’ultima distrazione che si sono inventati, un argomento tirato fuori per l’ennesima volta pur di sviare l’attenzione dalle priorità. E questa volta con una retorica spezzacuore, una di quelle robe che piace da matti nel Paese dell’opera lirica: i padri contro i figli. I padri ipergarantiti che non vogliono mollare il loro privilegio (?) di non essere licenziati se non per giusta causa o giustificato motivo per far posto ai figli, ai quali questa norma precluderebbe l’occupazione. Come dire: ci sono tanti posti disponibili, ma siccome non ci fate licenziare come ci pare e piace, noi non assumiamo i giovani per dispetto. Siamo passati dalla follia “la crisi non c’è” alla schizofrenia “la recessione c’è, ma non la disoccupazione: basta licenziare chi è occupato”. Però si dice anche che questa libertà di licenziare ad libitum non sarebbe senza contropartite perché si estenderebbe a tutti il trattamento speciale di disoccupazione e praticamente introdurremmo un welfare di tipo scandinavo. Io mi permetto solo di ricordare a chi ha avuto questa meravigliosa idea che siamo appena passati sotto la scure di una manovra lacrime e sangue e passerà un bel po’ di tempo prima di reperire le risorse per implementare una rete di sicurezza così ambiziosa per cui, come minimo, dovrebbe valere quella nota parodia degli scambi levantini “prima vedere denaro, poi dare cammello”: parliamo di ammortizzatori, piuttosto. E’ evidente quindi a tutti che è un tema sollevato surrettiziamente per introdurre un’ulteriore divisione in un Paese già lacerato da contrapposizioni drammatiche: Italiani contro immigrati, Nord contro Sud, dipendenti privati contro dipendenti pubblici, cittadini contro politici e tutti contro tutti, ma non basta ancora. Occorre instillare un’altra zuffa, la più subdola e meschina: i padri contro i figli. Come se fosse un successone per quei figli che non hanno altro orizzonte se non quello di passare dalla padella della disoccupazione alla brace dei contratti tre mesi per tre mesi ritrovarsi pure il padre licenziato a casa, come avviene comunque di questi tempi: i tavoli di crisi si sprecano, come pure i lavoratori sbattuti fuori. Ma tutto può servire per creare contrapposizioni false e non additare quell’unica contrapposizione vera, quella di sempre, che è causa della crisi in Italia, in Europa e nel Mondo: quella tra chi ha esageratamente troppo e chi ha troppo poco. E più la forbice tra i due gruppi si allarga, più si concentra la ricchezza in sempre meno mani e più si agitano fantasmi di divisioni sociali che non hanno ragione di esistere, per non incominciare a sciogliere i veri nodi che stanno conducendo nel baratro l’economia: l’iniqua distribuzione della ricchezza e la mortificazione del lavoro. E’ sempre più snervante fare l’aeroplanino con il cucchiaio con tutte queste distrazioni di massa. Ma prima o poi questo Paese crescerà, si spera.