Politicando
SCHIODARSI DALLE BATTUTE
Professor Monti, noi non vogliamo inchiodarla ad una battuta. Una volta le battute inchiodavano chi le faceva: Andreotti rimarrà per sempre crocifisso a “Il potere logora chi non ce l’ha”. Ora invece sono come una carta moschicida: è la pubblica opinione che ci si fionda sopra e ci rimane attaccata a dimenarsi senza scopo.
Perciò tocca più a noi che a lei schiodarci dalla sua battuta provando a riflettere su cosa chiediamo al lavoro nel terzo millennio. E sarebbe ora, in questa fase di rottura epocale di sistema, di tornare ai concetti, ab ovo, come dicevano gli antichi, perché è sempre dall’inizio che bisogna ripartire quando si è all’esaurimento di un percorso storico e bisogna avviarne un altro, mai da metà strada: altrimenti ti illudi solo di cambiare strada, in realtà prosegui verso il baratro.
Non la si può raccontare in due righe questa faccenda del lavoro, ha tracciato la storia dell’uomo, ma c’è un’origine che l’ha segnata ed è lo scontro tra due concezioni: quella giudaico-cristiana e quella greco – ellenistica. In entrambe, il lavoro ha un’accezione negativa, lavorare stanca, lo sappiamo, ma nella tradizione giudaico-cristiana il lavoro è una punizione, come il dolore del parto, “lavorerai con il sudore della fronte” e non a caso nel Paradiso tutti stanno a sentire le arpe degli angeli, nessuno fa niente. Nella tradizione greco – ellenistica il lavoro è invece una condizione dell’esistenza, perciò non la facevano tanto tragica e non rimandavano ad alcuna soluzione trascendente per liberarsene: lo assumevano come sostanza dell’uomo e ci filosofavano sopra come su tutto. E credevano che ognuno di noi avesse incorporato un daimon, una specie di angelo custode che non diceva loro quello che dovevano o non dovevano fare, ma quello che dovevano essere. Oggi la chiameremmo vocazione, ossia diventare quello per cui sei nato. Il lavoro quindi non era una rogna da disintegrare in qualche paradiso, ma la tua realizzazione come persona, il tuo posto nella comunità.
Capisce professor Monti, perché ci vogliamo schiodare dalla sua battuta? Perché stiamo parlando dell’essenza dell’uomo, che non è solo quello che permette di mangiare e vestirsi, che pure è essenziale. Che non è detto che si realizzi con il posto fisso, ma sicuramente non si realizza passando attraverso le esperienze più disparate, da cassiere di supermercato a barista ad addetto di call center come avviene in questi tempi tristi. E perciò abbiamo bisogno di un pensiero “lungo” che non è botta e risposta alle battute, il pensiero lungo è un orizzonte verso il quale muovere i passi anche durante l’emergenza. Poi oggi si fa quel che le condizioni oggettive permettono e non è che si può pensare di apparecchiare da domani mattina una società di daimon soddisfatti, ma i passi devono essere volti nella direzione giusta, non in quella opposta. E il precariato sta agli antipodi.