Politicando
CELENTANO, L’ART. 18 E LE LISTE DEI SINDACI
Mi capitano sotto gli occhi gli articoli di giornali stranieri e proprio non me ne faccio una ragione che negli altri Paesi perdano tempo a discutere di frivolezze come la crisi dei mercati, la policy europea o il fallimento del turbocapitalismo mentre noi affrontiamo temi…
…ben più profondi come la Weltanshauung di Celentano, le farfalle che si posano su posti impropri e l’art. 18, che, in quanto a centralità, è allo stesso livello degli altri due.
Negli altri Paesi il dibattito ruota intorno ad un altro baricentro rispetto a quello che attrae i lepidotteri in Italia. E infatti è stupefacente che all’estero i lettori sopportino tutto quel trash di riflessioni politiche, analisi economiche e proiezioni sul futuro del pianeta. Se continuano così non approderanno a nessun pensiero coerente. Mentre noi Italiani, che consideriamo queste robe futili solo nei momenti di distrazione tra un duetto Bertè-D’Alessio e una sbirciata alle ipotetiche mutande di Belen, a qualche punto fermo siamo arrivati. Per esempio che dobbiamo fare un falò di tutti i partiti e sostituirli con un’orgia di liste civiche e dei sindaci. Questa sì che è un’idea meravigliosa! Non ho il minimo dubbio che un Parlamento composto dal sindaco di Bari, quello di Napoli, quello di Cuneo e quello di Cappelle sul Tavo (sta in Abruzzo, in provincia di Pescara), più la lista civica della Val di Susa e quella della vallata dell’Alento (pure questa sta in Abruzzo, la mia regione deve avere un’adeguata rappresentanza, non scherziamo), questo patchwork di Parlamento, dicevo, riuscirà sicuramente ad esprimere il massimo di coesione e a trovare un sintesi efficacissima su tutte le questioni centrali. Solo che sono curiosa di capire come si sceglie il leader: se con un sorteggio o con un’ordalia. Ma soprattutto sono orgogliosa di come l’opinione pubblica del nostro Paesi riesca (nel breve lasso di tempo della pubblicità di Sanremo) ad individuare con acume il fulcro delle questioni economiche. Tralascio la riesumazione da parte “padronale” della questione dell’art. 18 che è indubitabilmente essenziale in una fase in cui c’è scarsità di tutto, tranne che di licenziamenti. Solo ai meno avveduti può sembrare un paradosso: in realtà è una cura omeopatica. Ma c’è anche una vasta porzione di opinione pubblica trasversale che ha elaborato una versione aggiornata dello slogan “Se vedi un punto nero …..” che suona “Se vedi un punto nero spara alla panza: o è un banchiere o è l’alta finanza. Noi Italiani non andiamo troppo per il sottile: il problema per noi sono le banche, cioè quelle istituzioni inventate nel medioevo e che non avevano mai dato problemi, anzi, servivano a lubrificare il sistema economico, ma che ultimamente hanno iniziato a fare le bizze. Se invece non corressimo dietro all’ultima esternazione di Celentano correremmo il rischio di capire che negli ultimi decenni il capitale si è fatto più furbo e ha approfittato del progresso tecnologico per debordare i confini nazionali, dove la democrazia interveniva nella distribuzione del reddito per correggerne gli squilibri, e si è insediato in uno spazio sovranazionale dove ha potuto erodere i redditi dei lavoratori a proprio vantaggio e ha gonfiato il debito privato per compensare la riduzione strutturale dei salari, in modo da non fare crollare i mercati. E adesso punisce chi non è più funzionale all’esigenza di sostenere la domanda: Grecia docet. Forse, se ci distraessimo dai comizi dei comici, capiremmo che il problema è la distribuzione del reddito, non le banche che raccolgono il reddito sotto forma di risparmio, e che siamo di fronte ad una versione riveduta e corretta della lotta di classe (passatemi l’espressione old style, ma di questo si tratta) che deve essere spostata nel luoghi sovranazionali da dove il capitale impallina i lavoratori, in modo che la democrazia, e non la tecnostruttura, governi i processi di distribuzione del reddito. Forse, se pensassimo un po’ meno alle farfalle, capiremmo che banche, Chiesa e tutti gli altri nemici che ci sognamo di notte sono falsi bersagli e che solo una democrazia “strutturata” in partiti espressione di “blocchi sociali” (altra locuzione old style, ma non siamo cittadini indistinti ognuno titolare di un proprio interesse da manifestare da dietro un computer, come pensa Grillo: c’è il blocco sociale del lavoro e quello della rendita speculativa, e la lotta tra i due è serrata) può esprimere regole per frenare lo scempio ai danni dei lavoratori del capitale finanziarizzato globale. Ma noi Italiani corriamo dietro a tutto quello che si agita e strilla come sul palco di Sanremo e perciò ci convinciamo che questa partita finale la possano giocare, ognuno per conto proprio, senza nessuna sintesi “politica” una manica di sindaci spiritosi che si fanno un popolo di seguaci su FB e si presentano come l’interpreti dei bisogni profondi di un popolo. Ma davvero?
- VIA
- Lucia Del Grosso