Vignettopoli
LA ROSA PURPUREA DEL CAIRO
La Rosa purpurea del Cairo è un famoso film scritto e diretto da Woody Allen, presentato nelle sale cinematografiche nella prima metà degli anni Ottanta. Da allora fino ad oggi, i contenuti del film sono particolarmente attuali. Il difficile periodo storico in cui è ambientata la vicenda, a cavallo fra le due Guerre, ci presenta la città di New jersey collassata dalla povertà che schiaccia le ossa alla classe operaia, la fetta più debole della società.
Cecilia fa parte di questa porzione di mondo che deve stringere la cinghia per arrivare a fine giornata. In aggiunta, l’ingenua Cecilia deve fare quotidianamente i conti con un marito burbero e disoccupato, che non perde mai l’occasione di ledere la sua alquanto mutilata autostima.
Chi avrebbe voglia di sorridere in tale condizione di vita, ove le lacrime e la disillusione soppiantano la voglia di reagire e di sperare in un domani migliore?
La nostra Cecilia di fronte a tanta desolazione si attrezza come meglio può. Ogni giorno dopo il lavoro, Cecilia si rintana nel cinematografo della sua città, che diventa il suo piccolo mondo immaginario in cui riversare le lacrime della giornata.
Lo schermo del cinema, ma soprattutto quanto vi è in esso contenuto, sollecita nella mente della sfortunata protagonista una serie di fantasie e di sogni ad occhi aperti a non finire sull’impavido esploratore Tom Baxter, il personaggio principale de “La Rosa Purpurea del Cairo”. E’ chiaro che lo stratagemma immaginario di Cecilia è funzionale a garantirle una maggiore sopportazione della sua infelicità. In fin dei conti l’uscita dallo schermo di Tom Baxter, può essere letta come l’incontro con il suo ideale di amore romantico e perfetto, probabilmente la metafora di un infantile bisogno di essere amati e protetti dalle ingiustizie della vita, per rifugiarsi nell’immagine di un uomo “onnipotente”, capace di risolvere ogni problema.
L’illusione di una felicità che Cecilia insegue fino all’inverosimile nell’alcova del fantasticato, sembra diventare realtà non appena incontra Gil Shepherd, l’attore che impersona Tom Baxter nella finzione cinematografica. Di fronte alla possibilità concreta di avere tutto nel mondo dei viventi, Cecilia rinuncia all’amore fantasma, e quindi a Tom, con l’intento di scappare a Hollywood con Gil Shepherd. E’ a questo punto della vicenda che emerge, la versione più crudele di quest’idea di amore ideale che il regista ci propina dall’inizio del film. Cecilia è buona, trova finalmente qualcuno che l’ama, ma costui non esiste perché irreale, allora che cosa fa? Si aggrappa con tutte le sue forze all’ultimo barlume di razionalità che le rimane, l’attore in carne ed ossa, di successo ma abile nel plagiare le sue ingenue speranze.
Ma il destino di Cecilia è irrimediabilmente segnato. Non esistono compromessi di ogni sorta, due sono le realtà costantemente in contrapposizione: la realtà degli esseri viventi e la realtà dei fantasmi.
Nell’epilogo alleniano, il cinismo della Vita vince su tutto il Resto; il regista non dipinge mai Cecilia come una donna scaltra e manipolatrice, forse per questo motivo il finale del film può sembrare ancora più crudele, ma anche correttamente inquadrato nella logica del reale, se pensiamo che proprio quando la protagonista tira fuori il coraggio per lasciarsi alle spalle la squallida New Jersey, Gil Shepherd, addestrato così come nella recitazione anche agli inganni della vita, riesce a ferirla nel suo punto più vulnerabile, ovvero la fiducia riposta nell’amore.
RIASSUNTO DELLA TRAMA
New Jersey, 1935.
La vicenda è ambientata nel periodo di depressione economica che risente del passaggio in atto verso la seconda guerra mondiale. La città di New Jersey, appare devastata dalla povertà e dalla disperazione. In questo scenario, Cecilia una cameriera un po’ imbranata, sfugge al grigiore quotidiano e ad un marito burbero e giocatore d’azzardo, passando i pomeriggi nel piccolo cinema della sua città.
Al ritorno da una giornata difficile, Cecilia sorprende il marito insieme ad un’altra donna. Di punto in bianco, se ne va di casa e si rifugia nel cinema. Quel giorno, Cecilia assiste per ben cinque volte alla proiezione del suo film preferito “La Rosa purpurea del Cairo”. L’attore protagonista, di cui Cecilia è segretamente innamorata, si chiama Gil Shepherd (Jeff Daniels) e presta la sua recitazione al personaggio di Tom Baxter, un esploratore avventuriero alla ricerca della Rosa purpurea del Cairo. Improvvisamente qualcosa di inaspettato accade, il personaggio Tom Baxter nota Cecilia tra il pubblico ed esce dallo schermo per conoscerla. Tra le urla ed il clamore generale, Cecilia accetta la dichiarazione d’amore di Tom e scappa con lui. I due si nascondono in un luna Park abbandonato. Tom promette di amare Cecilia e di proteggerla dagli abusi del marito.
Intanto nel mondo reale è il caos. In molte città americane, i “Tom Baxter” che vivono sullo schermo di altri cinema, si rifiutano di seguire la trama del film. Mr Hersch, il produttore de ” La Rosa purpurea del Cairo” prospetta all’attore Gil Shepherd, una carriera rovinata se non ferma la sua Creazione.
Messo alle strette, Gil si reca nel New Jersey, dove per caso si scontra con la colazione del suo personaggio. Cecilia scambia Gil per Tom, ma l’attore rendendosi immediatamente conto dell’equivoco, le spiega il motivo per cui si trova in città: riportare Tom nello schermo.
Gil e Cecilia entrano in sintonia, a tal punto che si baciano. Ma lei dice comunque di preferire Tom e con lui, entra nello schermo per trascorrere quella che sembra essere la notte più bella di tutta la sua vita. Dopo cene e balli spumeggianti, Gil irrompe nel cinema e convince Cecilia ad uscire dal film. Tom e Gil, faccia a faccia propongono due finali diversi a Cecilia.
Il primo vorrebbe riportarla nella Finzione , il secondo la vuole con sé a Hollywood, quindi nel mondo reale. Cecilia si lascia convincere da Gil ed in fretta e furia prepara la valigia. Tornata nel cinema, Cecilia scopre che Gil è partito senza di lei. Amareggiata ed in lacrime torna a consolarsi nel piccolo cinema.
IL MONDO IDEALE DI CECILIA
Cecilia, la protagonista de La Rosa purpurea del Cairo, affronta la triste e grigia monotonia di tutti i giorni, scappando dalla vita reale per rintanarsi nel mondo della fantasia.
Effettivamente, il verbo che ho utilizzato per aprire questo primo periodo, non è il più adatto. ” Affrontare” indica un movimento attivo, un andare incontro con tenacia e risolutezza verso un problema. Al contrario, Cecilia attua un isolamento dal mondo reale a favore di quello immaginario. Il grande schermo esercita su di lei un potere attrattivo abnorme.
Infatti la protagonista si rifugia fisicamente e psicologicamente, nel piccolo cinema della sua città per vedere sempre lo stesso film.
Il regista Allen, riesce con estrema lucidità a dipingere il mondo ideale di Cecilia, sottolineando fin dai primi fotogrammi, la crudeltà e la miseria della sua condizione di vita, ed il contrasto fra le due. La figura del marito ubriacone e disoccupato, non migliora il quadro della situazione, dove la debolezza e l’ingenuità di Cecilia viene sfruttata in un modo “quasi comico”.
In questo scenario a dir poco roseo, se consideriamo anche il difficile periodo storico sociale in cui è ambientata la vicenda, non è possibile biasimare il desiderio della povera Cecilia, di allontanarsi per un po’ dalle frustrazioni quotidiane.
Nella più cupa disperazione, il film proiettato al cinematografo diventa la tana del brutto anatroccolo umiliato ed incompreso. E Cecilia si immerge completamente in quest’altro mondo, un luogo incantato, dove tutti ridono e sono felici.
I suoi occhi si accendono e seguono instancabili le battute e le movenze del suo eroe preferito: l’archeologo esploratore Tom Baxter.
Quest’ultimo incarna nelle fantasie di Cecilia, il principe azzurro per eccellenza, bello, galante ed imprevedibile, un uomo che idealmente potrebbe salvarla dalla sua infelicità.
Detto questo, procederò nella descrizione dello stile caratteriale di Cecilia che si avvale in modo disadattivo di alcuni meccanismi di difesa. Ne ho già parlato nei miei precedenti articoli; ognuno di noi possiede un repertorio difensivo che si attiva quando il benessere psicofisico dell’Io viene minacciato. Non appena il mondo interno ed il mondo esterno entrano in conflitto, il soggetto sperimenta una situazione di stallo e di forte disagio. In quest’ottica, l’individuo sopraffatto dall’evento stressante si avvale di meccanismi di difesa: sentimenti, pensieri o comportamenti appresi, relativamente involontari che insorgono di fronte alla percezione di pericoli psichici.
Il conflitto intrapsichico di Cecilia è presentato dal regista in modo schietto e lampante. Il mondo reale ed il mondo ideale si contrappongono nelle fantasie di Cecilia. La Realtà è cattiva e spietata: lei è povera, costretta a lavorare sotto una raffica di insulti, per di più, sposata ad un marito alcolizzato e vagabondo.
Il mondo ideale è invece perfetto, possiede tutte le caratteristiche per esserlo. Chi non ha mai provato a colorare la propria difficile esistenza con qualche sogno ad occhi aperti, forse non è un essere umano, anche se c’è una gran bella differenza tra alleggerire un momento negativo con uno stratagemma immaginario, e scegliere la fantasia come costante modalità di rapporto con la realtà.
Allen, racconta la storia di una donna che riempie i vuoti dell’esistenza attivando uno spazio immaginario, che le permette di accedere al mondo esterno e quindi reale, senza deturpare la serenità che il mondo ideale e fantasticato le dà contemporaneamente.
E’ come se la psiche di Cecilia fosse “divisa” in due realtà contrapposte che vivono ostinatamente l’una a fianco dell’altra. Il corso degli eventi dimostra che tali infiltrazioni produrranno delle inevitabili conseguenze nella vita della protagonista.
La sbadataggine e “la testa chi sa dove” di Cecilia fanno indubbiamente sorridere e svelano al tempo stesso la sua fragilità di fondo. L’atteggiamento dominante di Cecilia la fa apparire come una donna fragile con la testa fra le nuvole. Persino nella tavola calda in cui lavora, tiranneggiata da un capo che non aspetta altro che un’occasione per licenziarla, Cecilia si abbandona alle sue fantasie romantiche su Tom Baxter, non curandosi delle reazioni sgradevoli ( di derisione soprattutto) che il suo comportamento provoca.
Cecilia si difende da una realtà cattiva ed ingiusta, proteggendo i suoi desideri e genuini impulsi vitali con un’esagerazione di sogni ad occhi aperti, iniziando inconsapevolmente un processo di estraniazione dal mondo esterno che non è altro che un modo per negare ed allontanarsi, dalla consapevolezza di qualcosa di spiacevole e distruttivo per l’autostima personale.
Anna Freud (1936), ha approfondito l’azione di alcuni meccanismi di difesa nello sviluppo psichico dell’Io. Uno di questi, è la negazione in fantasia che si estrinseca attraverso un atto di negazione di un vissuto spiacevole, rincorrendo una gratificazione sostitutiva nei sogni ad occhi aperti. Così se per il bambino piccolo il ricorso all’immaginazione per superare le sue paure è un’attività psicologica normale, non si può dire la stessa cosa quando una persona adulta si avvale di tale meccanismo. Parafrasando gli illustri esempi di Anna Freud, il bambino che in una fantasia diurna trasforma il padre cattivo in animale protettore, e diventa egli stesso il padrone di animali pericolosi, (simboleggianti la forza paterna), dimostra di voler riconciliarsi con la realtà, o quantomeno con una figura paterna percepita come minacciosa. Al contrario, un Io adulto che ricerca in modo esclusivo la gratificazione per mezzo della fantasia, si allontana dal mondo esterno per rinchiudersi in un illusorio guscio protettivo. La Cecilia di Allen, con la sua testa chi sa dove, sembra parafrasare proprio questa difficoltà di relazione con un altro del presente che viene negato e sostituito con un altro immaginario.
IL PERSONAGGIO CHE ESCE DALLO SCHERMO
Nel precedente paragrafo, accennavo alla possibilità di interpretare il distacco emotivo di Cecilia dai suoi problemi reali, con una serie di conseguenze disadattive che questo atteggiamento inevitabilmente genera nella vita della protagonista.
Di fatti, la conseguenza o l’effetto collaterale più lampante, corre di pari passo con l’uscita di scena ( dallo Schermo) di Tom Baxter.
L’interazione tra la protagonista e il personaggio della finzione ha avuto inizio pochi istanti prima della ribellione di Tom. Infatti, se il lettore ben ricorda, c’è una scena in cui Tom, mentre intrattiene una conversazione con la contessa ed il playboy, ha un momento di esitazione nel ricordare le battute. Si tratta di una piccola deviazione dal copione, della durata di una manciata di secondi, abbastanza per provocare una reazione di sconcerto in Cecilia.
Il filo del copione sembra riprendersi, ma improvvisamente l’esploratore esordisce verso Cecilia con il seguente commento:
Con questa frase, fuori copione, il personaggio della Finzione comunica una spaccatura interiore; è come se dicesse, non ce la faccio più ad essere me stesso. Vediamo perché.
Cecilia e Tom si imbattono nella dimensione dell’inconscio, in cui l’uno sembra aver captato il bisogno dell’altro. Il lungometraggio di realizzazione Alleniana, scruta la vita di due individui che, seppur con lo stesso vissuto di fondo, camminavano in direzioni opposte, almeno fino al momento del fatidico scontro fra le due realtà: la realtà degli esseri viventi e la realtà dei .
Allora mi chiedo, che cosa ha permesso a queste due realtà di venire allo scoperto?
La linea di pensiero che mi ha spinto ad approfondire i vari aspetti della psicologia dei personaggi cinematografici, mi fa pensare che Tom e Cecilia si siano semplicemente identificati l’uno con il vissuto soggettivo dell’altro.
Entrambi vivono in un ambiente che li opprime (la realtà per Cecilia e la finzione per Tom): i due protagonisti non riescono a trovare una scappatoia verso i loro desideri, infatti, la routine per niente gratificante dei loro copioni di vita li costringe a sperimentare un presente carico di angoscia e disillusione.
Quando i due copioni si trovano faccia a faccia, accade l’irreparabile. Tom intuisce il malessere di Cecilia perché lo fa suo, anch’egli prova un desiderio di abbandono nei confronti del suo ruolo, vuole scappare dalla finzione per gustare il sapore della vita vissuta.
Cecilia si muove nella direzione opposta: abbandona se stessa e la sua capacità critica, a favore di un mondo, quello della fantasia, che non esiste, ma più gratificante del proprio.
Comunque, non appena Tom scopre di essere insoddisfatto quanto Cecilia, salta fuori dallo Schermo.
A questo punto il personaggio della finzione attua quella trasformazione accennata poc’anzi, e con un grande balzo trasferisce la sua esistenza in bianco e nero, in un corpo fatto di sangue e di carne. Di là dallo schermo, l’incredula Cecilia afferra la mano di Tom e con lui si rifugia in un luna Park abbandonato.
L’AMORE FANTASMA
In un certo senso, il desiderio di Cecilia di essere amata viene estroflesso a tal punto che il personaggio della finzione, sollecitato da questa gigantesca proiezione, esce fuori dallo schermo. La determinazione e la volontà di Tom nel cercare di godere di tutti gi aspetti del mondo reale, a lui preclusi fino all’incontro con Cecilia, supera di gran lunga l’immaginazione e la scarsa forza di carattere di quest’ultima.
Nel luna Park abbandonato, l’atmosfera è magica e Tom dichiara il suo amore a Cecilia.
Tom racconta di se stesso con semplicità e sincerità tanto da conquistare immediatamente, l’attenzione di Cecilia. La reazione della povera Cecilia è piuttosto prevedibile. L’estasi e lo stupore per le parole romantiche di un uomo così bello ed importante, scappato dal suo mondo dorato, solamente per stare con lei, è una motivazione che stravolge il piccolo mondo della protagonista.
Del resto, gli argomenti che Tom adduce al suo amore, sono abbastanza eloquenti: .
Se avete seguito attentamente il percorso intrapreso nei miei articoli, la versione interpretativa più ovvia di questa frase ci porterebbe a pensare che alla base di essa, risiede una domanda inespressa di essere amati o di essere corrisposti da una persona speciale.
Ma è veramente solo questo che Cecilia proietta nel suo uomo fantasma?
La sua mente ha escogitato una soluzione gratificante, un uomo che proviene da un luogo immaginario e onirico (il cinema), dove le persone non invecchiano mai e sono affidabili. Un mondo in cui non dovrebbero esistere nevrosi di ogni sorta, poiché gli altri non hanno niente di minaccioso da offrire, tranne che il loro amore. Piuttosto che trascinarsi in una condizione di miseria oggettiva ed affettiva, Cecilia architetta una soluzione congeniale ai suoi desideri, un uomo che non esiste ma che c’è soltanto per lei.
Un amore “fantasma” attraverso il quale Cecilia, finalmente si difende dalla violenza del marito, esemplare è la scena in cui Tom la protegge dandogli una lezione.
Ed è sempre Tom, che la porta dentro lo Schermo per introdurla nella dimensione virtuale di effimeri piaceri che Cecilia non aveva mai provato.
Dentro lo Schermo, Cecilia tocca con mano le conseguenze del suo amore per Tom. L’atmosfera idilliaca dell’altro mondo è fatta di champagne che è solo gazzosa, soldi che non valgono niente, e ben presto Cecilia si rende conto che il suo ingresso nello schermo ha provocato degli effetti disastrosi nell’ordine delle cose.
L’ordine delle cose oramai è stato stravolto, e i vari personaggi del film stracciano le loro parti ed incominciano ad improvvisare e a mettere in scena i loro desideri. Il cameriere che balla il tip-tap, fa quello che ha sempre sognato, oppure l’avvenente cantante, non più costretta da copione a flirtare con Tom Baxter.
La relazione fra Tom e Cecilia, ha inferto un duro colpo all’autostima dei personaggi rimasti dentro lo schermo. Oltrepassare lo schermo significa prima, attivare un processo di distruzione dello stesso che può essere concepito funzionalmente come una membrana protettiva, poi di tutto quello che vi è contenuto. Per chi è rimasto dentro, probabilmente è impensabile rompere una dimensione di continuità che seppur con il suo carattere artificioso garantisce un senso di sicurezza o appartenenza.
Rispetto a Tom, gli attori del film (la contessa, il playboy…) non sono in grado di reggere un faccia a faccia con l’imprevedibilità della vita.
Allo stesso tempo, la spaccatura all’interno del film è palese, ciascun personaggio collocato in ombra per motivi di copione, avverte l’esigenza di parlare per se stesso.
Il rientro di Tom e Cecilia nello spazio virtuale del film, è accelerato dalle ripercussioni che le loro azioni hanno sortito nella città di New Jersey. Questa volta spetta alla dimensione del Reale riordinare gli elementi essenziali del suo mondo. In quest’ottica la polizia, il produttore Hersch e la folla “impicciona” descrivono un atteggiamento “persecutorio” nei confronti degli estranei ( Tom e Cecilia). Metaforicamente parlando, la fantasia di Cecilia (Tom), racchiude in sé qualità positive (sincerità, affidabilità, gentilezza…) con un inconscio potere disgregante sulla sordida New Jersey.
Da quanto è emerso, Cecilia arrangia il suo frustrante vissuto quotidiano, creando a livello immaginario un uomo perfetto capace con l’amore di placare, almeno per un po’, la sua anima affondata nelle delusioni. Un amore, quello fra Tom e Cecilia, che presenta delle sfumature di idealizzazione e di onnipotenza. In psicologia, idealizzare è un meccanismo difensivo che comporta un’esagerazione irrealistica degli attributi di un oggetto.
Nel film di Woody Allen, la protagonista fa un uso smodato di questa difesa, ella, non si limita a venerare le qualità di una persona che ammira, bensì trasferisce sulla persona di Tom, un personale potenziale che non riesce ad esprimere in modo diretto. Perciò non si può addurre nell’atteggiamento di Cecilia verso il suo personaggio un puro e semplice desiderio di stare vicino ad un modello irraggiungibile, soprattutto perché sarebbe come sfrattare il succulento potenziale intrinseco che la protagonista ignora. In ragione di ciò, parlare di idealizzazione mi sembra riduttivo. Semmai si può considerare in aggiunta a quanto detto finora, l’idea di un substrato di onnipotenza che nel personaggio di Tom Baxter è manifestato dal temperamento coraggioso e irrazionale, capace di avventurarsi in iniziative rischiose, contrapponendosi al carattere vulnerabile di Cecilia. Probabilmente Cecilia, nel profondo della sua anima cerca una svolta decisiva per la sua vita, e visto il vissuto di inadeguatezza che la perseguita e le impedisce di realizzare un cambiamento per se stessa, affronta la questione spostando questa massiccia mole di desideri in una relazione immaginaria.
Per il momento le ipotesi interpretative che ho espresso fin qua, si fermano, poiché preferisco lasciare spazio ad altri interessanti risvolti della trama cinematografica.
LO SCHERMO E IL SOGNO
Sigmund Freud ne L’interpretazione dei sogni (1900), magistrale studio sui processi psichici deputati all’attività onirica, ha sottolineato l’importanza della relazione tra contenuto manifesto e contenuto latente del sogno.
Il contenuto latente del sogno è formato da desideri, fantasie, pulsioni inappagate che non trovano una via di scarica nella vita diurna. Il processo di formazione di quell’evento psichico che noi chiamiamo sogno, è piuttosto complesso. Vi sono, infatti, alcune fasi che il contenuto latente deve attraversare per assumere una forma accettabile. La trama originaria del sogno è sottoposta ad un’azione di protezione da parte della coscienza, che si difende da un investimento libidico troppo intenso, e lo fa avvalendosi di alcuni meccanismi intrapsichici. Il precario equilibrio dei contenuti onirici viene alterato nella sua essenza, a tal punto che i desideri, i ricordi che fanno il sogno, spogliati delle loro connotazioni affettive originarie, andranno così a formare la trama buona del sogno.
Il sogno quindi, così come ce lo ricordiamo al risveglio (contenuto manifesto) è il risultato, almeno nella visione freudiana, di un appagamento sostitutivo di un desiderio inaccettabile.
Questa succinta parentesi, mi è utile per introdurre una riflessione sul concetto di Schermo che riveste un ruolo importante nel film di Woody Allen. Procediamo con ordine. La fantasia dominante di Cecilia è relativa ad un uomo, la cui anima ed essenza corporea esiste nella finzione cinematografica. Lo Schermo è il punto di partenza dell’intera vicenda, in esso rimbalzano le aspirazioni e le illusioni della protagonista che inizialmente vengono aspirate e trattenute nel luogo dell’immaginario per eccellenza: il film;
Ne “la Rosa purpurea del Cairo”, lo schermo è un riferimento importante, non più uno strumento inanimato usato per mercificare e rendere fruibile al pubblico il prodotto cinematografico, bensì un catalizzatore delle proiezioni della protagonista, un condensato di vissuti idealizzati ed ingigantiti da un esame di realtà piuttosto carente. Lo Schermo è il confine apparentemente invalicabile, attraverso il quale si snoda la vicenda fantasticata. Una barriera in grado di delimitare i contenuti fantasmatici del film, arginando lo straripamento degli stessi nel mondo esterno.
Da questo si deduce, che se lo Schermo si colloca tra il mondo interno e il mondo esterno, esso può fungere come soglia di coscienza tra la vita diurna ed il mondo onirico. E in questo film, dove realtà e fantasia si fondono l’una nel registro dell’altra, il sogno di Cecilia esercita un potere distruttivo sulla membrana artificiale dello Schermo, forandolo: la realtà intorno a lei viene inglobata nel suo sogno diurno.
Fino a quando l’equilibrio della trama era intatto, quest’ultima fungeva da contenuto manifesto del film/sogno, ma in seguito lo sfaldamento dello Schermo genera come effetto collaterale, la disintegrazione della sequenza logica del copione. Di conseguenza, il contenuto latente del sogno trova una via di scarica, espresso prima nella ribellione di Tom alle imposizioni del copione, e poi nell’ingresso di Cecilia nello stesso.
Il concetto di Schermo e tutta la vicenda che vi ruota attorno, può essere visto come il riflesso di una spaccatura interiore di Cecilia, in bilico tra una realtà che odia ma che deve accettare, pur desiderando contrastarla ed una realtà parallela, fatta di emozioni virtuali e fantasie onnipotenti che si incarnano nell’essere di Tom.
CHI AMA VERAMENTE CHI?
Per concludere, il profilo psicologico di questo meraviglioso film, mi piacerebbe approfondire un ultimo intrigante aspetto relativo alla funzione della fantasia di Cecilia (Tom Baxter). Oramai è scontato ribadire che la protagonista de La Rosa purpurea del Cairo, si avvale di uno stratagemma immaginario per dimenticare una realtà opprimente.
La funzione dell’uomo ideale, ovvero, il Tom Baxter idealizzato e desiderato da Cecilia, mi fa approdare ad una visione cinica dell’intera vicenda. Prima di tutto, perché Cecilia nell’epilogo, sceglie Gil Shepherd al posto di Tom Baxter?
La Cecilia ingenua che si lascia da tutti maltrattare, almeno così viene dipinta da Woody Allen, ha forse appreso che i personaggi della fantasia appartengono al mondo dell’immaginario e lì devono rimanere? Optare per Tom significherebbe alterare un equilibrio già da tempo collaudato che come si vede nel film, assicura delle garanzie e dei privilegi solo ai fantasmi della pellicola, ma non agli esseri umani.
Cecilia, non appena permette alla sua mente di amare in modo controcorrente rispetto alla sua limitata condizione di vita, perde il controllo della sua “allucinazione”, a tal punto che il rimosso cinematografico, viene ri-sputato dentro lo Schermo.
Assodato il fatto che la Cecilia di Allen, non è in grado di sollevare da sola il peso della sua esistenza, non dobbiamo stupirci nel costatare che il regista si affidi ad una scelta razionale e pessimista, per concludere le disavventure della sua eroina proletaria.
Qui giace l’interrogativo che affligge Cecilia, reso simbolicamente e cinematograficamente da T. Baxter e G. Shepherd, due uomini identici nell’aspetto e ovviamente non nella sostanza (altrimenti sarebbe troppo facile!), di cui uno è il personaggio immaginario, mentre l’altro è l’uomo in carne ed ossa, che sfrutta la sua abilità recitativa per illudere Cecilia ed il “personaggio”.
A questo punto, la soluzione più congeniale e realistica che la protagonista attua, è decidere di scappare con Gil.
Per una volta nella sua vita, Cecilia fa la cosa giusta al momento giusto, o almeno così si illude di fare. E per questo si giustifica con Tom, l’uomo immaginario, dicendo che appartengono a due mondi così diversi che non potrebbe funzionare.
Il grande amore, anzi la grande illusione d’amore per Tom sembra improvvisamente svanire di fronte alla possibilità concreta di risollevare la propria esistenza accanto all’attore Gil, il quale promette a Cecilia di farle toccare con mano la felicità nella magica Hollywood, lontano dalla disperazione della sonnolenta New Jersey.
All’inizio di questo paragrafo ho accennato al fatto che la costruzione immaginaria di Cecilia, relativa a Tom, non fosse altro che uno stratagemma per liberarsi della vecchia se stessa. Credo che sia possibile astrarre da questa succinta considerazione, il seguente interrogativo : chi è il vero destinatario del presunto amore di Cecilia?
Non è Tom poiché sappiamo che rappresenta un surrogato dei desideri romantici irrealizzati di Cecilia, per non parlare del fatto che è un personaggio della finzione cinematografica, inesistente quindi sul piano del reale. Ma non è nemmeno Gil, il quale si presenta agli occhi di Cecilia come la scappatoia da cogliere al volo per realizzare e soddisfare le sue fantasie al di fuori del contesto immaginario. Nella Rosa purpurea del Cairo, la dimensione materiale dell’amore vince sull’idea che la parola “amore” dovrebbe rimandare, in altre parole, sentimento finalizzato a non avere alcun fine tranne quello di amare. Cecilia abbandona per un attimo il concetto di “amore puro”, a favore di un’ennesima illusione che questa volta ha come destinatario l’Ideale fatto Uomo, in altre parole una persona che finge di essere qualcun’altra per scopi personali, in pratica quello che fa G. Shepherd. Un amore che nasce da una fantasia non potrà mai trasformarsi in realtà, questo sembra essere lo sguardo razionale del regista sulla vicenda. Cecilia crede di essere innamorata prima di Tom, poi di Gil, l’uno il contrario dell’altro e la medesima persona al tempo stesso. Da entrambi Cecilia ha estrapolato un’idea differente di amore, quello avventurosamente romantico dell’ingenuo ed idealista Tom, quello concreto e razionale di Gil. Quest’ultimo come ben dimostra l’epilogo del film, sarà abile nel convincere Cecilia a lasciar perdere Tom, per vivere nel mondo reale il suo sogno d’amore.
Dopo tante peripezie giunge anche per Cecilia il momento di affacciarsi questa volta e per sempre, di là dallo schermo cinematografico.
Le bugie di Gil ed il sogno romantico di Tom oramai svaniti per esigenze di realtà l’uno e di copione l’altro, lasciano il posto all’unico destinatario di questo inesistente e bramato bisogno di affetto, in altre parole Cecilia stessa. Secondo il punto di vista che ho adottato per l’analisi de La Rosa purpurea del Cairo, la protagonista costruisce con la forza della sua fantasia un sogno cinematografico fatto a posta per lei, attraverso il quale cerca di compensare e lenire i colpi inferti alla sua autostima. Cecilia inizia la sua allucinazione d’amore ed è sempre lei che la distrugge, quando tenta di riavvicinarsi al mondo reale, affidando ingenuamente il suo cuore allo scaltro Shepherd, investito di una fiducia che non meritava.