MADIBA E IL SUO SOGNO
Pretoria. Madiba se ne sta andando e la paura, che la fine di un equilibrio, già di per sé precario ma tenuto saldamente sotto controllo da Nelson Mandela – solo per il fatto di esistere- che con le sue sole forze è riuscito a liberare l’Africa dall’Apartheid, è la preoccupazione di tutto il mondo Apartheid è sicuramente una delle prime parole anglofone ad essere stata inserita in un contesto politico e razziale e non solo discografico, sebbene sia da lì che ne abbiamo appreso la conoscenza, essendo il mezzo maggiormente fruibile e rivolto alle masse senza censure.
In molti però abbiamo dimenticato cosa volesse veramente dire e nessuno, forse, ricorda che si tratta di uno dei peggiori crimini contro l’umanità, tanto da essere stata inserita nel 1976 nella lista dei crimini razziali dalle Nazioni Unite.
La separazione di due etnie illegale dal 73 e in vigore fino al 93: la separazione dei bianchi dai neri nelle zone condivise. E tutti abbiamo sentito e legato questa parola a Nelson Mandela, che con l’uscita dal carcere nel 1990 dopo 27 anni di detenzione segna la fine di questo tipo di regime.
Nel 1993 vince il Nobel per la Pace
Il 27 aprile 1994 in Sud Africa è celebrato come festa della libertà: Mandela vince alle elezioni, la segregazione razziale sparisce e da quel momento ben 11 idiomi sono stati inseriti di diritto nelle lingue parlate sudafricane.
Il suo partito, l’African National Congress, è rimasto da allora ininterrottamente al governo del paese.
Perché la morte di Mandela spaventa tanto? Perché quello che ha creato è comunque un equilibrio precario. Parché il sud Africa è pur sempre una fucina pronta ad esplodere e perché la fragilità umana di quest’uomo è chiaramente espressa dalle liti che già dividono la famiglia sul suo “dopo vita”.
Mandela rappresenta il sogno di un’umanità liberata dalla persecuzione ma troppo debole e spaventata da non riuscire ad immaginarsi senza la grande mente e personalità che l’ha guidata fino ad oggi.
Vogliamo ricordare, in conclusione, un pezzo di storia e di cultura musicale che a noi personalmente cambiò la vita, indirizzandoci verso quello che siamo oggi: gli anni ottanta, musicalmente parlando, hanno messo in gioco un po’ di tutto ma c’è una parte di loro che viene troppo facilmente dimenticata, quella della coscienza sociale, quella che parlava alle anime e tentava di smuovere le emozioni. Johnny Clegg nel 1987, venne in Italia e tenne una lezione entusiasmante di Antropologia Culturale in un’Università italiana chiedendo di non dimenticare mai personaggi come Steven Biko e di lottare fino all’ultimo respiro per chiedere la liberazione di Nelson Mandela e permettere alla libertà e al sogno di prendere forma, consistenza e diventare vero!
Insieme con i Savuka (una band multietnica con spiccata personalità sud africana) nel 1987 Johnny Clegg scrisse e cantò il più bel grido di libertà mai composto “Asimbonanga” dedicandola proprio a Nelson Mandela.
Ragazzi, voi siete il nostro futuro, andate ad ascoltarla e fatevi travolgere dal sogno e capirete perché Nelson Mandela non può morire e perché il suo spirito rimarrà sempre con noi!
http://www.nelsonmandela.org/ http://www.youtube.com/watch?v=wUX3AK6wRzM