Il Lettorante
La gelosia di Otello
Il geloso è sempre un bambino innamorato del genitore di cui teme di perdere l’amore a vantaggio di un altro. E per il geloso c’è sempre un altro che può usurpare il suo posto. Perciò il geloso ha un carattere duplice; da una parte timoroso in continuazione di perdere l’attenzione dell’amato, dall’altro bellicoso, pronto a sguainare la spada verso chiunque si avvicini più del lecito dallo stesso amato.
Veniamo ora ad un altro aspetto della gelosia; che essa fosse anche prerogativa degli dei. Gli dei dell’Olimpo, alcuni e il dio d’Israele, sono divinità caratterizzate dalla “gelosia”. Essere geloso per un dio significa che esso ha capacità di soffrire, di essere aggressivo, cattivo, magari crudele, vendicativo. La gelosia in un dio fa parte della sua capacità di essere “umano” e non già indifferentemente “olimpico”. Il desiderio di possesso e di possesso esclusivo, nella divinità passa attraverso la gelosia. A pensarci bene, se un dio è geloso, allora sperimenta una mancanza, sperimenta una falla nella sua onnipotenza. Ed è proprio questa deficienza di potere che provoca nel dio la collera. Il dio è geloso dell’uomo e della sua possibile libertà. Che egli possa sfuggire al suo pieno dominio lo irrita. La gelosia, presso gli dei greci avena una connotazione “sentimentale”; era legata a tradimenti; gli dei sono gelosi fra di loro relativamente ad amori e sono gelosi degli uomini perché questi possono avere “virtù” di cui gli dei hanno difetto. Invece, il dio di Israele, definisce se stesso un dio “geloso”, fin dall’inizio. La gelosia di questo dio è associata alla capacità di vendicarsi perfino nelle generazioni successive. Il dio di Israele non è geloso perché avverte una mancanza, perché desidera qualcosa che l’uomo ha e che egli non avrebbe. Non è in difetto. La gelosia del dio di Israele è verso l’uomo poiché rivolge il suo sguardo altrove e non a lui. Egli è geloso se l’uomo ama qualcosa o qualcuno che non sia lui stesso. Egli reclama per sé un amore esclusivo, assoluto e non perché il difetto di amore faccia soffrire. Non c’è qui la presenza di una rivalità, di un conflitto. La gelosia del dio di Israele è assoluta, non è legata a nulla, va al di là del sentimento, non riguarda l’amore. E’ un’espressione di potenza, di potere. Chiunque metta in discussione il primato del dio, anche se non rivolge le sue attenzioni, altrove può incorrere nelle ire del dio di Israele. Allora, si può cogliere una diversità di tonalità tra la gelosia “amorosa” degli dei e la gelosia di “potenza” del dio. Il senso del possesso e dell’esclusività del rapporto è differente. Mentre gli dei greci sono gelosi di coloro ai quali eventualmente l’amato rivolge le sue attenzioni, il dio di Israele è geloso direttamente di colui che ama, il suo popolo, il prescelto. E’ ad esso, allora che eventualmente rivolge la sua forza, lo fa soffrire, lo punisce. La punizione dell’amato e non dell’avversario è il modo di dimostrare la sua gelosia da parte del dio di Israele. Allora, abbiamo due comportamenti differenti nel modo di manifestare la gelosia; da una parte essa aggredisce l’altro dall’amato, dall’altra è l’amato stesso che è oggetto dell’aggressione. E’ fra queste due modalità di esplicarsi, la gelosia che si manifestano i vari tipi di gelosia, appunto. La gelosia che abbiamo definito di Iago, appare riassumere in sé entrambi questi aspetti, l’uno “pagano” e l’altro “monoteista” della gelosia. In ogni caso, la gelosia è certamente una maschera molto ben riuscita dell’amore, ma essendo fondamentalmente connotata come possesso e non come “dono”, come capacità di abbandono o di rinuncia all’amato, essa non a caso non appartiene alle modalità dell’amore cristiano. Questi, fin dalla relazione fra il Padre ed il Figlio, esclude la possibilità della gelosia. In questo senso con Gesù è il dio geloso dell’Esodo che viene messo in discussione; è qui la sua “rivelazione/rivoluzione”, ancora oggi talmente “inattuale” che sono ancora molto diffusi gli “Iago” più o meno “pagani” o “monoteisti”! L’”onesto” Iago non è stato ancora smascherato nonostante Shakespeare lo avesse così ben “disegnato” nella tragedia di Otello. E’ la gelosia “ingenua” quella alla quale si arresta per lo più lo spettatore per la quale simpatizza; Iago invece, appare più come un traditore, un ingannatore, un ambizioso, non fondamentalmente un geloso. La gelosia si sa mascherare molto bene, ma di fronte all’amore senza possesso del nuovo testamento, essa si rivela per quello che è; volontà di potenza. Nietzsche lo sapeva bene che nello Zarathustra scrive parole di fuoco contro la gelosia!”ogni virtù è gelosa dell’altra, e una cosa tremenda è la gelosia. Anche le virtù possono perire di gelosia. Chi è avvolto dalla fiamma della gelosia rivolge alla fine, simile allo scorpione, l’aculeo avvelenato contro se stesso”. Dunque la gelosia è uno scorpione, secondo Zarathustra, Nietzsche; parole inattese sulla bocca di colui che è stato spacciato per il filosofo della potenza: se la gelosia è volontà di potenza, questa è destinata a rivolgere l’aculeo contro se stessa. Infatti; il tentativo di scrivere un libro su di essa fallì.
La gelosia è dunque, essenzialmente, un sentimento attivo, che muove l’intelligenza e porta con sé altri sentimenti; l’aggressività, l’odio, la cattiveria, l’astuzia. Il geloso è tanto più ottuso nella convinzione che un altro possa sottrarre l’amato, quanto intelligente nel riuscire a tenere per sé, appunto, colui che ama. E la sua intelligenza arriva a tal punto da essere capace di spingere l’amato nelle braccia di un altro innocuo amante, pur di sottrarlo da quelle di chi ama l’amato con spontaneità ed innocenza. Il geloso è sospettoso, pertanto, ma capace di grande silenzio e di strategie mascherate. Egli sa che deve combattere una guerra verso chi si frappone tra lui e l’amato, una guerra di cui l’amato stesso deve più intuire l’esistenza che vederne la presenza. Il geloso sa che tanto più si dimostrerà astuto, intelligente e tenace, tanto più catturerà a sé l’amato, lusingato da un simile cavaliere. Il geloso ha molto più il sembiante dell’astuto Iago, egli geloso del suo comandante, che di Otello stesso. E’ questa forma di gelosia che qui ci interessa analizzare. Iago, è definito da Otello “onesto”, perché gli appare come un buon servitore, anzi di più, come un amico, un confidente. Iago usa una maschera per ingannare il suo signore. Allora, la maschera è una componente del comportamento del geloso. Costui vive radicalmente nell’inganno, nella menzogna. A lui, alla fine, interessa avere per sé l’”oggetto” desiderato con tutto se stesso. Dunque, al geloso non è tanto l’amato che interessa – tant’è che è capace di spingerlo nelle braccia innocue di un altro, un “pagliaccio” – quanto la possibilità di esercitare il suo potere su di esso. La gelosia è allora un sentimento eminentemente collegato con l’esercizio del potere. A tal punto arriva l’astuzia di dominio del geloso da riuscire a fare credere all’“amato” che egli è libero, che egli vuole la sua libertà, e l’amato stesso “libera” da tutto ciò che si frappone tra lui e l’amante geloso stesso. L’amato si “sacrifica” alla gelosia liberatrice dell’amante al punto di non accorgersi che il geloso lo conduce lentamente ad un rapporto esclusivo. Iago, allora è un grande modello di “seduttore”; la seduzione nel senso che la intendeva Kierkegaard nei suoi “Diario del seduttore”, viene sistematicamente applicata da Iago ma ribaltandone radicalmente il fine. Mentre il seduttore vuole e cerca la “liberazione” di Cordelia, Iago vuole la più totale alienazione del suo “amore”. Il seduttore punta alla lontananza nell’amore, Iago cerca la più assoluta vicinanza. Egli ha bisogno di “toccare”, di strofinare, di massaggiare l’amata, che il suo corpo sia manipolato dalle sue mani; il seduttore, invece punta alla liberazione dell’anima dell’amata. Iago vuole il corpo dell’amata, il seduttore, la liberazione dell’anima dell’amata. Sono due posizioni radicalmente opposte. L’una è decisamente, legata alla dimensione sessuale; l’altra a quella sensuale. L’una non immagina nemmeno per un istante che l’amata possa gestire una parte della sua giornata senza di lui; manda messaggini, telefonate, inviti ad incontri in ogni momento; l’altro cerca lui la lontananza che gli permetta di incontrare l’amata là dove meno se lo aspetta. Il seduttore poi, non è vendicativo perché non ha avversari, il geloso invece si vendica di chiunque impedisca il suo pieno dominio dell’amata. La vendetta e la gelosia sono appaiate; ci si vendica di chiunque stia in mezzo fra Iago e l’amata. Ma, di fatto, ci si chiede infine se questo tipo di rapporto basato sulla possessività ossessiva e sul sospetto, sull’inquietudine costante del sentimento, possa davvero essere chiamato vero amore. Il geloso, alla fine, ama solo se stesso, il suo potere, è un narcisista, mascherato da innamorato dell’amata. Ma è questa forma avvolgente di potere che affascina colui che si sente attratto dal fascino della gelosia, che lo fa credere libero, mentre in realtà è una vittima illusa, drammaticamente sola alla fine quando il geloso ha fatto intorno a lei un vuoto di affetti reali e non intossicati da una possessività ossessionante.
- VIA
- Roberto Borghesi