Editoriale
Pino Daniele, un nero a metà
Roma. Il quattro gennaio, si è spento, Pino Daniele, un mostro sacro della musica italiana, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo; la notizia, ha lasciato sgomenti i suoi FANS che l’hanno ricevuta come una doccia fredda. Una bella persona, un professionista serio, un artista che ci rende orgogliosi poiché è nato qui, nel nostro Paese. Lo voglio ricordare così, ascoltando la sua musica mentre guardo tutti i suoi album e leggo di lui sul retro e all’interno delle sue copertine o, sbirciando la pagina un po’ ingiallita di uno dei pezzi più belli che scrissi per lui, quando ebbi l’onore di conoscerlo. Inutile ripercorrere le tappe che l’hanno visto vincitore verso musica inutile e che ti infastidisce dalla prima nota; ogni suo disco diventava inevitabilmente campione d’incassi. Il mondo lo piange.
La rocambolesca notte che l’ha visto preda di un malore che si credeva potesse essere gestito dal tempo ma che di fatto, non è stato così. Una folle corsa verso Roma per essere assistito dal suo cardiologo. Quasi uno scherzo del destino, considerando il tempo trascorso e che sembrava potesse essere sufficiente per prestare all’artista le prime e importanti cure; un tempo lungo che si è consumato in un attimo. In marzo, Pino Daniele avrebbe festeggiato il suo sessantesimo compleanno.
Lo piange il mondo della musica, i tantissimi professionisti che con lui, hanno avuto il piacere di esibirsi in jam session indimenticabili; inutile citarli, i nomi sono stati ampiamente ricordati dai giornali e televisioni di tutto il mondo. Indimenticabili le sue esibizioni ma sempre da protagonista indiscusso della musica blues, jazz, sapientemente coniugata con la sua Napoli e i tanti vissuti che ha saputo raccontarci. Tutti lo stanno ricordando ed io, desidero dare il mio contributo, avendolo conosciuto nella prestigiosa Radio Sabbia per un’intervista seguita poi, da una recensione successiva del suo spettacolo riminese. E’ riuscito ad emozionarmi per il forte coinvolgimento che riusciva a trasmetterti quando suonava la sua musica che tratteggiava con la sua voce “nera”, riuscendo a farla vibrare magicamente come se fossero le corde della sua chitarra. Cantautore, chitarrista tra i più eclettici e bluesman, il migliore in assoluto nato in tempi dove la difficoltà di far ascoltare buona musica era nota, proprio perché le canzonette battevano la grancassa al ritmo frenetico voluto dai discografici mordi e fuggi. Un grande interprete delle sue canzoni, una voce inconfondibile, che ha affascinato intere generazioni e dimostrato che la musica può essere immortale, grazie ai suoi protagonisti. Cantava con Napoli nel cuore ma le sue composizioni musicali appartenevano a tutti; l’artista era riuscito a coniugare e diffondere pezzi di una bellezza incalcolabile, con stili diversissimi tra loro, per insegnarci che la “lingua” che avvicinava all’italiano, era “musicalmente” corretta.