Vignettopoli
IL CANTO DELL’IVA (ovvero, come gli altri Paesi la applicano)
Ripubblichiamo un pezzo del 2013, giusto per farvi capire che, mettere mani all’IVA, pare sia diventata la panacea di tutti i mali. Anche oggi si parla tanto di aumento dell’IVA e finiranno con l’aumentrla ma nessuno spiega in maniera chiara cosa comporta il passaggio di un semplicissimo punto percentuale. Ve lo sottoponiamo.
Roma. In realtà, purtroppo o per fortuna, qui non siamo in America … eh sì ce ne eravamo accorti, vero? Ma, sapete, il problema nasce proprio da lì: dall’America e dal suo modello (che poi detto in tutta sincerità, è un modello che il 98% delle volte risulta essere alquanto opinabile).
Il tanto decantato “Modello Americano”, sul piano fiscale, prevede una serie di agevolazioni per i cittadini, che noi, qui in Italia, neanche abbiamo la forza di sognare ed una di queste agevolazioni riguarda proprio il piano “IVA”.
Vi siete mai domandati perché da quelle parti non hanno il problema dell’evasione fiscale?
Credeteci, la risposta è veramente molto semplice: nella dichiarazione annuale dei redditi il cittadino americano ha diritto al rimborso di ogni singolo scontrino messo da parte durante i 365 giorni precedenti ai quali, il fisco americano, scorpora l’iva e gliela restituisce. Capirete anche voi che a queste condizioni è molto più conveniente.
Un esempio molto semplice e quotidiano potrebbe essere quello dello scontrino del caffè che nel nuovo mondo (le americhe, per intenderci), prevede il prezzo, al netto e l’aggiunta dell’I.V.A. Inoltre, il piano per lo sviluppo economico comprende una serie di aumenti e di sgravi fiscali per i semplici dipendenti in modo tale da ammortizzare qualsiasi tipo di aumento dei prezzi.
In conclusione in America, le cose funzionano seguendo questo semplicissimo schema: importo + I.V.A. = restituzione dell’I.V.A. / aumento dei prezzi = adeguamento dello stipendio.
E come funziona in Italia? La risposta più immediata e di “cuore” è: in Italia non funziona e l’evasione fiscale ne è una prova.
Qui da noi il rimborso dell’I.V.A. viene concesso solo ed esclusivamente ai commercianti, ai titolari di partita I.V.A. e liberi professionisti in generale e non è neanche vero che viene restituito subito, perché lo stato si avvale di tempi titanici, a volte così tanto titanici da determinare la vita di un’azienda.
Se andiamo ad un bar a prendere un caffè (lo stesso caffè che abbiamo bevuto prima in America) paghiamo intorno all’euro, euro e cinquanta, su quell’importo al commerciante viene rimborsato il 21% (I.V.A. ) a noi invece viene addebitato questo 21% senza colpo ferire.
Il che vuol dire che se veramente l’I.V.A. aumenterà di un punto e passerà al 22% lo scontrino finale per noi risulterà più pesante e lo stipendio non ci aiuterà in nessun modo, poiché non è nelle emergenze statali l’adeguamento del reddito al caro vita.
E questo è il secondo problema: se lo stipendio rimane uguale ed i prodotti del nostro carrello della spesa aumentano il loro prezzo, in un’Italia già falcidiata da una politica del rigore a carico solo ed esclusivamente del cittadino, il ventisette del mese diventerà un miraggio per la maggior parte del nostro paese, noi compresi!
Questo è quello che il governo non ci dice, questo è quello che i sindacati schivano a volte con notevole imbarazzo.
Se vogliamo utilizzare nuovamente lo schema di prima, da noi funziona così: importo + I.V.A. = più soldi da pagare! / aumento dei prezzi = meno soldi nel portafogli!
A questo punto, la domanda è: vale veramente la pena “adeguarsi alla nostra maniera” al modello americano?
E come diceva Renzo Arbore prima di noi: “Meditate gente, meditate!”.