Cinema & Spettacolo
Stefania Garassini a tutto “binge watching” con orientaserie.it
Roma. Le serie televisive fanno parte della vita di un po’ tutti e ci tengono compagnia durante la giornata con le numerose vicissitudini dei loro protagonisti: ne parliamo con una grande esperta, Stefania Garassini che cerchiamo di conoscere meglio attraverso questa intervista e la prima domanda: Com’è nato l’interesse per le Serie TV
“Sono una giornalista e docente universitaria e dagli anni 90 m’interesso di nuovi media. Ho fondato e diretto la prima rivista italiana di cultura digitale, Virtual, che è uscita in edicola dal 1993 al 1998. Da allora ho seguito il settore dell’innovazione tecnologica applicata ai media collaborando con diverse riviste e quotidiani: tra gli altri Domus, Avvenire e il sito puntofamiglia.net Dalla fine degli anni 90 insegno all’Università Cattolica di Milano, attualmente Content Mangement per i social media e Digital Journalism. Sono anche presidente di Aiart Milano, un’associazione che si occupa di promuovere un uso consapevole dei media. Ho scritto, tradotto e curato vari libri che indagano il rapporto tra tecnologia e cultura e in particolare i risvolti educativi dell’uso dei media. L’ultimo è “Lo schermo dei desideri. Come le serie tv cambiano la nostra vita” (Edizioni Ares).
L’interesse per le serie tv è nato dal lavoro di studio e scrittura sulle tecnologie e sui contenuti più popolari tra i giovani e anche dalla mia esperienza personale di mamma di tre figlie adolescenti che sono accanite consumatrici di serie. Mi sono resa conto che spesso i genitori ignorano totalmente i contenuti, i personaggi e le storie più popolari tra i giovani e che tali storie in molti casi toccano temi molto profondi e impegnativi dal punto di vista emotivo. Il caso forse più noto è quello di Tredici, serie Netflix la cui prima stagione è uscita nel 2017, che trattava il tema del suicidio di una ragazza di 17 anni. Le ragazzine la guardarono in massa appena senza che i genitori sapessero neppure di che cosa parlasse. Da lì è nata, nel 2020, l’idea del di un sito per orientarsi meglio nel variegato mondo delle serie Tv. Il sito è un progetto di Aiart in collaborazione con il Master in International Screenwriting and Production dell’Università Cattolica, e ospita recensioni di serie tv analizzate anche nei loro aspetti educativi. Il volume “Lo schermo dei desideri” nasce con un intento analogo, quello di invitare a riflettere su quanto le storie che guardiamo siano in grado di influenzarci, di alterare la nostra visione del mondo e di noi stessi e quindi di come possano avere un valore educativo”.
L’uso delle piattaforme come Netflix e in cosa si distinguono rispetto alle reti televisive “classiche”
“Netflix ha introdotto diverse innovazioni nel modo di guardare la tv. Tra le altre la possibilità di vedere tutti gli episodi di una serie uno dietro l’altro (il cosiddetto binge watching), possibile grazie al fatto che l’intera serie è resa disponibile tutta allo stesso tempo. Inoltre – e questo è caratteristico anche delle altre piattaforme in streaming – la fruizione dei contenuti audiovisivi è totalmente sganciata dalla logica di un palinsesto (con orari e appuntamenti fissi), per diventare un menù in cui è sempre possibile scegliere cosa e quando guardare. Questo incoraggia una fruizione prevalentemente individuale.”
Quali sono gli elementi ricorrenti di una serie televisiva e quali sono le piu’ importanti che vengono trasmesse in Italia?
“Alcuni elementi ricorrenti, almeno nella gran parte delle produzioni, sono lo sviluppo dei personaggi nel corso di un numero in genere alto di puntate e quindi la possibilità di seguirne meglio le vicende, di comprenderne a fondo la psicologia e di immedesimarsi maggiormente con essi. Inoltre è presente, in molte serie di successo anche se non in tutte, un’attenzione verso personaggi negativi, i cosiddetti antieroi, che normalmente, nelle narrazioni più tradizionali non hanno un ruolo centrale.
Attualmente una serie interessante prodotta da Raiplay e disponibile anche su Netflix (soltanto le prime due stagioni) è “Mare Fuori”, che sta avendo un grande successo di pubblico, anche tra gli adolescenti. E’ la storia di un gruppo di ragazzi rinchiusi in un carcere minorile di Napoli dove s’intrecciano le vicende personali dei giovani, la loro ricerca di riscatto e il rapporto con le figure adulte che si prendono cura di loro cercando di salvarli. E’ certamente un prodotto interessante, anche se non indicato sotto i sedici anni per l’alto tasso di violenza, fisica e psicologica, di alcune scene.”
Diverse di esse hanno origine spagnola o sudamericana: come mai questi Paesi di matrice latina sono stati i precursori di questo genere?
“In realtà oggi la provenienza delle serie tv è molto diversificata. E’ vero che molte produzioni sono di origine spagnola. Un caso per tutti è stato il successo globale di “La casa di carta”. Ma in realtà la novità introdotta dalle attuali piattaforme in streaming e è stata proprio quella di far conoscere al pubblico anche produzioni di Paesi normalmente non presenti nei nostri palinsesti, prima fra tutte la Corea del Sud, e i cosiddetti K-drama, che riscuotono grande interesse tra gli adolescenti. Il caso più eclatante è stato quello di “Squid Game”, serie Netflix molto violenta e successo globale della piattaforma e più di recente la delicata e poetica “Avvocata Woo”, storia di un’avvocatessa autistica ambientata a Seul.”
In che modo le serie tv modificano il nostro approccio verso la realtà e quali aspetti positivi presentano?
“Le storie, che leggiamo o guardiamo, non sono mai soltanto intrattenimento, ci comunicano sempre una visione del mondo, un’idea di bene e di male, in una parola un’etica, che inevitabilmente ci influenza. Negli studi sui mass media si parla di “effetto di coltivazione” per indicare la differenza che c’è, nella visione del mondo, tra chi consuma molta tv e chi invece ne guarda poco. Un aspetto studiato è ad esempio quello della violenza. Secondo tali teorie chi guarda molta violenza ha una percezione del mondo come di un luogo più pericoloso di quanto non sia in realtà.
Oggi i racconti che consumiamo con più frequenza sono proprio le serie tv, nelle quali, soprattutto i ragazzi cercano modelli di riferimento e personaggi con cui immedesimarsi. Inevitabile quindi che tali racconti influenzino la loro visione del mondo. Le storie ben raccontate possono farci sperimentare dilemmi morali e portarci a comprendere meglio le logiche alla base di certe decisioni, arrivando quindi a farci provare una maggiore empatia con i personaggi. Come scrive lo studioso Jonathan Gottschall, le storie sono “simulatori di volo per la vita”. Gli aspetti positivi di tali narrazioni sono molteplici: uno è la possibilità di confrontarsi con vicende lontane come cultura e anche come collocazione geografica – penso a serie ambientate ad esempio in Medio Oriente -. Questo ha l’effetto di aprire gli orizzonti e immedesimarsi in personaggi e situazioni con cui normalmente non si avrebbe a che fare”.
In che modo la visione dev’essere obiettiva, soprattutto nel caso di spettatori minorenni, e quale ruolo riveste il genitore?
“In generale c’è un problema di accesso precoce a contenuti inadatti ai minori. Le piattaforme in streaming prevedono anche dei sistemi di parental control che consentono di impedire l’accesso ai prodotti previsti per un’età superiore. Ma si tratta di strumenti poco utilizzati e anche piuttosto facilmente aggirabili. Il risultato è che è ormai frequente che anche bambini della scuola primaria si ritrovino a contatto con serie tv ad alto contenuto di violenza o che trattano tematiche delicate e totalmente inadatte a loro. Occorrerebbe individuare metodi più efficaci per evitare questo accesso precoce.”
Cosa si intende per uso consapevole dei media?
“Un uso consapevole dei media implica la consapevolezza di come sono fatti i mezzi , di come siamo fatti noi e delle conseguenze dell’uso di tali strumenti su noi stessi e sugli altri. Se parliamo di serie tv, un uso consapevole richiede prima di tutto che i genitori siano informati sui prodotti disponibili e su quelli più visti dai ragazzi. Nel libro ci sono alcune indicazioni a questo proposito, come quella di verificare sempre molto bene l’indicazione dell’età minima per guardare una certa serie, consultare siti informativi e scambiarsi consigli e valutazioni con altri genitori e insegnanti. L’organizzazione del tempo libero oggi non puo’ più essere lasciata soltanto al caso. Come abbiamo visto, i temi trattati dalle serie spesso sono piuttosto impegnativi emotivamente, e in molti casi non si tratta soltanto di intrattenimento, occorre quindi documentarsi per fare scelte adeguate alle proprie esigenze personali e familiari”
La rappresentazione della famiglia nelle serie tv
“La famiglia è un tema presente in modo trasversale nella produzione seriale. Esso ha attraversato già diverse evoluzioni, al passo con i cambiamenti sociali, spesso anticipandoli. Si va dalle grandi serie del passato come Dallas o Dynasty costruite come racconti corali familiari a I Robinson, La Famiglia Bradford, e la stessa Happy Days che può essere considerata uno dei primi teen drama.
La famiglia presente nelle grandi epopee fantasy o storiche, da Game of thrones a House of the Dragon. E’ il fulcro di alcune serie più o meno recenti di grande successo come Downton Abbey, This is Us e Succession. E allargando un po’ lo sguardo in molte serie gli ambienti lavorativi vengono trattati come grandi famiglie. Il tema della famiglia, in particolare dei rapporti di coppia e di quelli tra genitori e figli è inoltre presente in modo rilevante nei cosiddetti teen drama dove il rapporto con gli adulti è un asse della narrazione. Ci sono alcune serie che narrano storie positive di famiglie che, pur nella complessità e anche tragicità delle vicende raccontate, trovano la forza di andare avanti proprio nella tenacia dei legami e nel senso di appartenenza a un gruppo di persone che si vogliono bene, nonostante tutto. Gli esempi più interessanti a questo proposito sono This is us e Downton Abbey. A essere rappresentate con maggior frequenza sono però le situazioni di famiglie problematiche, in cui prevalgono logiche d’interesse a inquinare i rapporti, come nel caso dell’ottima Succession, oppure le crisi di coppia, che raramente trovano una soluzione positiva, ad esempio nell’italiana Fedeltà. Anche i rapporti genitori-figli, ritratti da molti teen drama sono in genere deludenti, con adulti fragili e disorientati che non riescono a essere autorevoli e non costituiscono reali punti di riferimento per i ragazzi. Una tendenza che ho riscontrato è quella a rappresentare rapporti familiari sani in situazioni estreme, come ad esempio in The Walking Dead, dove, in un mondo infestato da zombie e minacciato nella sua stessa sopravvivenza, la relazione fra il protagonista Rick Grimes e suo figlio Carl è esemplare.”