Vignettopoli
Maurizio Galimberti e il mondo dietro l’obiettivo
Ci sono aspetti nelle cose che non si percepiscono le cose, le persone, i luoghi, non sono mai totalmente presi, conosciuti. Così, con una meticolosa operazione cubista, particolarmente evidente nei ritratti, Maurizio Galimberti legge il mondo che sta oltre al suo obiettivo con decine di scatti, tentando di catturare ogni possibile aspetto, lato e forma.
I suoi mosaici sono composizioni di molteplici immagini di un solo oggetto e del suo ambiente, di un solo volto e dei suoi profili, di un solo paesaggio e dei suoi punti di vista.
Tridimensionalità stesa in piano, moltiplicazione dello sguardo in infiniti altri sguardi, percezione simultanea delle possibili proiezioni nello spazio. Non una realtà frammentata quella che vediamo nelle sue opere, ma al contrario, l’unitarietà degli aspetti altrimenti impossibili da cogliere con un solo scatto. La sua un’operazione che vuole rintracciare ogni dato e riunirlo successivamente in una visone complessiva che possa rivelare l’oggetto e le sue forme, il volto e le sue espressioni ne nasce un nuovo concetto delle cose, che acquistano, attraverso i suoi scatti molteplici, forme inaspettate e diverse semantiche di volta in volta.
E la natura cangiante dei paesaggi nelle differenti ore del giorno, con differenti luci che ne modificano l’atmosfera ed i colori, le espressioni di un volto e quel lato che non si coglie mai, ci che si nasconde oltre le fronde di un albero, il particolare che non vediamo perché assemblato in un intero insieme visivo, il colore dell’aria-cielo che dimentichiamo di guardare presi dal movimento intorno non basta uno scatto solamente a renderci manifesto ci che vorremmo, non basta una sola fotografia, pur con la sua capacit di ritrarre il reale. E, se si fotografa un solo lato di qualcosa, si esclude cosi ognuna delle altre possibili proiezioni non avremo mai coscienza di cosa rimane dietro, sui fianchi, dentro.
Se possibile citare il Cubismo per dare una lettura della sua arte fotografica, per interpretarne la tecnica si può invece ricordare l’Impressionismo, riferendoci al suo particolare concetto di simultaneità di pi aspetti naturali, tra cui la luce e, di conseguenza, l’immediatezza che il lavoro finale deve comunicare nell’aver colto quel particolare attimo, quella particolare illuminazione, quell’ora del giorno. Le fotografie di Galimberti sono infatti Polaroid istantanee che escono dalla macchina fotografica pochi attimi dopo essere state scattate, riferendo cosi, quasi senza stacco temporale, senza scarto, ci che in quel momento preciso nella realtà , seguendo l’impulso alla verità delle cose, alla volontà di cogliere, “prendere”, raccontare quanto pi possibile di quel luogo, quel volto, quel momento, quell’ora e quella luce particolari. A volte poi Galimberti interviene, prima ancora che le immagini siano fissate, con una sua particolare tecnica che rende le sue foto pittoriche, rielaborate, emulsionate. Si tratta questa volta di immagini singole nelle quali, attraverso impasti e mutamenti coloristici, l’oggettività fotografica assume aspetti irreali, si assoggetta alla volontà artistica che sottolinea alcuni aspetti piuttosto che altri, e rende ibridi che oscillano tra la realtà e l’immaginazione, la verità e la fantasia. In mostra saranno esposti numerosi lavori, in maggior parte mosaici, tratti dalle sue principali serie: New York, Londra, Sardegna, oltre ad altri scatti di luoghi italiani, elementi naturali, monumenti storici.*
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