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PIER VITTORIO MANNUCCI, IL CORSARO DEL TEMPO
Pier Vittorio Mannucci, docente universitario alla Bocconi con importanti esperienze all’estero, ha da poco pubblicato il suo primo romanzo, “I corsari del tempo”, che sta già riscuotendo un grande successo: a lui la parola.
Chi è Pier Vittorio Mannucci e come nasce “I corsari del tempo”?
Sono un docente e ricercatore universitario, quindi scrivere articoli accademici è parte integrante del mio lavoro. Da scrittore “creativo” mi ero finora cimentato solo con testi teatrali, portati in scena dalla compagnia PaT – Passi Teatrali con cui collaboro da anni. Sono da sempre appassionato di libri fantasy e per ragazzi, quindi scrivere un romanzo di questo genere è sempre stato un sogno nel cassetto. Un giorno, pensando a una storia diversa, mi è venuto in mente il personaggio di Ottima. Doveva essere un personaggio secondario, e invece ha preso lentamente il controllo della mia immaginazione, reclamando a gran voce una storia tutta sua. È da qui che è nato tutto – da qui, e da un ricordo della mia infanzia, quando andavo ogni estate a Gubbio in un campo estivo chiamato “L’Aquilone”: da quel ricordo è nata Sofia. Una volta scritta la storia l’ho proposta a Mondadori, dove ho trovato un’editor fantastica che mi ha dato fiducia, Chiara Pullici… Ed eccoci qui.
Di che cosa parla il romanzo e cosa cerca di comunicare?
I corsari del tempo racconta la storia di due ragazze. La più giovane, Sofia, scopre per caso l’esistenza dei Corsari, misteriose figure che grazie a vascelli magici riescono a navigare il Fiume, una corrente di sabbia nera nascosta dietro al velo della realtà che permette di spostarsi in quasi ogni epoca e ogni luogo. La più grande, Ottima, è una di questi Corsari – una delle poche di sesso femminile, e nettamente la più giovane tra quelli che conosce: è sicura di sé e abile sia con la lingua che con la spada, ma fatica a farsi rispettare dai suoi colleghi più anziani.
Cosa cerca di raccontare? È prima di tutto un romanzo di avventure, come quelli di Salgari o di Verne (con anche un tocco di Dumas), con viaggi rocamboleschi, combattimenti, e missioni quasi impossibili. È però anche un romanzo sulle difficoltà di crescere, quell’ansia che tutti i ragazzi hanno di essere presi sul serio in un’età in cui ci si sente già adulti ma non si viene visti come tali. Il fatto che le due protagoniste siano due ragazze è stato casuale, ma mi ha permesso di raccontare questo tema con un punto di vista ancora più forte e, a mio parere, rilevante: ascoltando le mie amiche e colleghe mi rendo conto di come per loro questa esperienza non finisca con l’adolescenza e spesso, come Ottima, devono ancora sgomitare per essere ascoltate. Ci sono altri temi più “sotterranei”, per così dire, che spero i lettori coglieranno: in generale spero che ognuno ci possa trovare qualcosa di diverso, di unico – una sua lettura, per così dire.
Cosa si intende per genere fantasy e quali sono gli autori che segui maggiormente?
È una bella domanda. Per me è fantasy tutto ciò che ha un tocco di fantastico e che ci porta fuori dal quotidiano. Il fantasy viene spesso associato alla letteratura d’evasione, soprattutto in Italia, ma in realtà è un genere complesso e molto stratificato. Tolkien nel suo saggio Sulle fiabe spiega molto bene come l’evasione che offre il fantasy non è quella passiva del disertore ma quella attiva del prigioniero: è un genere che può e anzi deve far riflettere, oltre che intrattenere, e i migliori fantasy lo fanno.
Gli autori di riferimento sono tantissimi, e alcuni li ho già menzionati prima, quindi mi limiterò a quelli del genere fantasy. Oltre a Tolkien, imprescindibile, i riferimenti che ho da sempre sono Neil Gaiman e J.K. Rowling con la saga di Harry Potter: di ambedue ammiro non solo la capacità di creare mondi, ma anche lo stile di scrittura. Negli ultimi anni ho scoperto anche David Mitchell, che spazia anche oltre il fantasy, e N.K. Jemisin: la sua trilogia della Terra Spezzata è davvero splendida, e anche la nuova serie sull’anima delle città promette benissimo.
Così giovane e già ricercatore universitario nel settore manageriale: parlaci di te.
Purtroppo non sono più così giovane, anche se per gli standard italiani spesso vengo ancora visto in questa luce. La mia ricerca si focalizza sulla creatività, la generazione di idee nuove e utili in campo organizzativo. Studio come stimolarla e quali sono le barriere che possono ostacolarla. Ho conseguito un dottorato in Francia, poi ho lavorato nel Regno Unito, presso la London Business School, per cinque anni. Sono tornato in Italia proprio quest’anno, come ricercatore presso l’Università Bocconi. Sono molto felice delle esperienze fatte all’estero: ho conosciuto persone magnifiche e imparato tantissimo. Tuttavia, sia mia moglie che io siamo molto contenti di essere tornati a casa dopo tanti anni fuori.
Prossime opere ed eventi?
A livello teatrale, a Dicembre porterò in scena da regista “Discorsi senza punto mentre la verità ciao”, un testo di Aureliano Delisi e Rodolfo Ciulla, nell’ambito della rassegna “Milano è viva” e poi a Venezia – stiamo ancora definendo le date precise ma saranno tutte nella settimana tra il 12 e il 18 Dicembre. Ogni nuova data a teatro è una gioia dopo i quasi due anni di stop a causa della pandemia.
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